“La lunga notte”: un buon prodotto valido per la conoscenza della fine del Fascismo

Ho terminato solo adesso, perché ieri sera ero impegnato, di vedere la miniserie in sei puntate e tre giorni “La lunga notte”, che racconta le vicende con cui si arrivò alla seduta del Gran Consiglio del Fascismo del 24 luglio 1943 che, ben oltre la mezzanotte (quindi il 25) mise in minoranza Benito Mussolini, convincendo finalmente re Vittorio Emanuele III ad agire, togliendo al Duce i suoi incarichi e facendolo arrestare.

Al netto dei piccoli errori storici (davvero trascurabili) e di prospettiva (uno su tutti, la figura di Umberto II, che è tratteggiata in maniera troppo decisa, mentre nella realtà non esplicitò mai, tanto meno in faccia al padre, la sua contrarietà a proseguire la guerra con gli alleati tedeschi ed infatti fu uno degli elementi che contribuirono ad incrinare il già fragile matrimonio con Maria José, che invece davvero fu protagonista degli intrighi che ben vengono evidenziati dalla sceneggiatura, con il ruolo del Vaticano e di mons. Montini ben chiaro), lo ritengo un buon prodotto che può spiegare bene come si è arrivati all’improvviso crollo del regime fascista.
La miniserie evidenzia perfettamente le miserie dei gerarchi, soprattutto Galeazzo Ciano, che è interpretato molto bene e tratteggiato ancora meglio. Un po’ troppo sopravvalutata la figura di Dino Grandi che comunque fu un vero tessitore in quei giorni convulsi: del resto occorreva un protagonista dal punto di vista dello sceneggiato.
Perfetta la rappresentazione del Re, con i suoi tentennamenti, i suoi timori, le sue fisime, soprattutto con la sua incapacità di rapporto con il figlio, che ne soffrì sempre molto. Molto ben evidenziato il “tradimento” della parola con Mussolini con l’arresto di Villa Savoia, che tra l’altro la stessa regina Elena criticò aspramente perché “non degno di un Re”.
Badoglio appare ben poco e sempre in luce negativa, come è giusto che sia. Unico suo merito, la fedeltà assoluta a Casa Savoia, perché non aveva l’intelligenza né politica né militare per fare alcunché.
Benito Mussolini è stato tratteggiato in maniera altalenante, anche se si nota la sua totale perdita del senso della realtà in quei mesi che precedettero la sua caduta. Emblematica, nella fiction e nella storia, la scena dell’incontro con Hitler, che si comporta come il vero padrone del Duce.
Straordinarie le figure delle donne, che sono sempre state il vero trait-d’union di quasi tutti i gerarchi fascisti: la profetica Rachele Mussolini, che parlava poco, ma quando parlava era tagliente e concreta; l’innamorata e cinica Edda Mussolini Ciano, che davvero aveva quel rapporto strano ma assolutamente stretto con il marito, che era inetto e debole, debosciato e dedito solo ai piaceri della vita; la figura “nera” di Claretta Petacci (una standing ovation per Martina Stella, che ha saputo dare davvero un tocco unico a quel coacervo di dolcezza, fierezza, rabbia, debolezza, amore e coraggio dell’amante di Mussolini, che comunque la si voglia pensare, rimase con lui fino alla fine, condividendo il tragico e meritato epilogo); la forza dell’unico uomo di Casa Savoia, ossia la principessa Maria José, che emerge pienamente nella sua tessitura politica; bella la figura di Antonietta Brizzi Grandi, anche se ritengo che la sua importanza nella vicenda politica del marito sia stata pressoché nulla.
A parte va giudicata la coppia di giovani, Italo e Beatrice, che sono solo un simbolo, quella della gioventù cresciuta nel Ventennio e che si è presto resa conto della realtà oppressiva del Fascismo e si è gettata, con cuore e coraggio, nella Resistenza.
Del tutto veritiera la scena finale con i romani (e gli italiani con loro) che festeggiano la caduta del Duce, simbolo di un popolo che sale sempre sul carro del vincitore e che non capisce mai fino in fondo quello che accade (illuminante è la battuta di Dino Grandi nell’automobile bloccata in mezzo alla folla: “Secondo me non hanno ascoltato tutto il proclama di Badoglio fino alla fine, oppure non l’hanno capito”).
Insomma, un buon prodotto, forse non eccelso, ma alla portata del grande pubblico, a cui non è stato taciuto nulla: il volto feroce del Fascismo, le miserie dei fascisti, la poco regale condotta della Casa Reale, l’Italia coraggiosa e quella vigliacca. Ho fatto bene lunedì mattina a consigliare ai miei alunni di vederla tutta!
Annotazione finale: ci è voluto del coraggio, in questi tempi, di mandare in onda una miniserie del genere… quindi applausi!

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