Educazione fisica: un film crudo, crudele, estremo, ma significativo per la scuola

Crudo, a tratti crudele. Estremo, come è giusto che sia un’opera che mette in scena un paradosso che purtroppo riscontriamo come fenomeno in crescita a scuola e che vuole stigmatizzarlo proprio a partire dall’esagerazione con cui viene descritto. Movenze che tradiscono con evidenza l’origine teatrale del testo, tant’è che per tutto il film l’ambientazione è unica, la scena singola, le luci (tutte soffuse e a tratti tetre) fisse. Intensità dei volti, solennità dei gesti, ritmi lenti e spesso snervanti che poi lasciano il passo ad un crescendo inatteso e allo sviluppo centrale del tutto sorprendente, così come sconvolgente e crudelmente freddo è il finale.

“Educazione fisica” è un film duro, senza dubbi. Un film che estremizza la deplorevole ma purtroppo sempre più presente abitudine dei genitori degli alunni a non vedere con obiettività l’imbarbarimento della società (che loro stessi hanno creato con comportamenti illeciti ma ben nascosti dal perbenismo imperante) nei loro figli, che vengono scusati a prescindere, anche di fronte alla prova provata e inoppugnabile di una colpevolezza inattesa e sconvolgente, che viene letta in primo luogo – con un errore di prospettiva gravissimo – come fallimento dell’educazione familiare, cosa che è vieppiù inaccettabile da loro.
Di fronte a questi quattro genitori, che lentamente diventano veri e propri mostri incapaci di accettare la realtà e pronti solo a cercare la scorciatoia buona per “non perdere la faccia” (unica loro preoccupazione, onde evitare di cambiare le abitudini, la routine, il modello di interpretazione della realtà che finora li ha sorretti), sta la figura della preside, animata dalle migliori intenzioni, simbolo della scuola come istituzione che cerca di educare e di far progredire la società, migliorandola anche con il confronto di idee lì dove potrebbe imporre la regola ferrea, ma che è sostanzialmente impossibilitata a svolgere il suo compito per l’inadeguatezza dei mezzi (simbolo ne è la palestra cadente, che contiene gli stessi attrezzi da decenni e che è di fatto inservibile) e per l’incredibile cecità dei genitori, che invece di favorire il dialogo educativo si ergono ad avvocati difensori a tutti i costi dei loro figli, denigrando l’istituzione, le persone che la rappresentano (preside e insegnanti) e tutti coloro che potrebbero “rovinare” il loro mondo ideale, da Mulino Bianco, gettando sentenze e distribuendo giudizi gratuiti solo per allontanare da loro le conseguenze inevitabili delle azioni dei loro pargoli.
Arrivati al punto nodale, neppure l’imprevedibile e terribile piega che prendono gli eventi fa cambiare i quattro che, anzi, divengono più cinici e più disincantati fino al finale, amaro, incredibile, inesplicabile.
Tutto è perduto? Il film farebbe intuire questo, ma proprio la sua crudezza che porta la prevedibile reazione “di pancia” del pubblico di fronte a tanta bestialità è garanzia di una possibile redenzione.
Un vero peccato che un film del genere, con grandi attori, un impianto narrativo solido, un messaggio diretto e forte, venga relegato al pomeriggio e con una sola replica giornaliera. Capisco che non è una pellicola “di massa”, ma sarebbe bene che potesse essere fruibile alla riflessione di tutti: la situazione generale a scuola è decisamente migliore, ma va scossa la coscienza dei più perché la degenerazione è sempre possibile e sempre più vicina di quanto si creda… Solo con una scuola forte, socialmente rispettata, finanziata adeguatamente, potremo pensare di migliorare la nostra società, che si forma e si plasma sui banchi di scuola!

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