I diritti individuali degli alunni devono tenere conto delle esigenze della comunità scolastica: la Cassazione ribadisce un principio sacrosanto

Da qualche giorno la Corte di Cassazione, a sezioni unite, ha ribadito, ribaltando il pronunciamento del Consiglio di Stato di Torino, che gli alunni che liberamente scelgono il tempo pieno o prolungato, opzione che prevede il ricorso alla mensa scolastica, non possono dichiarare di portare il pasto da casa e quindi consumarlo né nei locali della mensa né tantomeno in locali appositi. 

La querelle è antica, ma non è questo l’oggetto della mia riflessione: infatti, c’è nella sentenza un passaggio dei Supremi Giudici che mi ha illuminato in maniera particolare:

(…) L’istruzione scolastica non è un luogo dove si esercitano liberamente i diritti individuali degli alunni (…) ma è piuttosto un luogo dove lo sviluppo della personalità dei singoli alunni e la valorizzazione delle diversità individuali devono realizzarsi nei limiti di compatibilità con gli interessi degli altri alunni e della comunità, come interpretati dall’istituzione scolastica mediante regole di comportamento cogenti, tenendo conto dell’adempimento dei doveri cui gli alunni sono tenuti, di reciproco rispetto, di condivisione e tolleranza.

Un passaggio che ribadisce probabilmente concetti evidenti e scontati, ma che ultimamente non sono particolarmente recepiti dalle famiglie degli alunni. Quindi, pare concludere la Cassazione, le famiglie non possono in alcun modo mettere avanti “il diritto del figlio a…” se questo diritto contrasta con i “doveri degli alunni” specie in materia di rispetto, condivisione e tolleranza. La scuola è una palestra di società… anche se purtroppo devo ammettere che ormai la “società” sta diventando sempre meno “sociale” e sempre più “individualistica” (e quindi tecnicamente non si potrebbe più parlare di “società”)…

Compito nostro, della classe docente, ricordare questo a genitori spesso dimentichi di questa missione essenziale della scuola.

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