I 90 giorni previsti dalla legge sono passati, ma la commissione sull’equo compenso non si è neppure avviata

Il 18 gennaio, quando con l’entrata in vigore della legge 233/2012, scattarono i termini per la quantificazione dell’equo compenso giornalistico, scrissi un post per specificare come appena dopo Pasqua, se tutti i tempi fossero stati rispettati avremmo avuto finalmente le quote di riferimento sulle quali iniziare un lavoro di “presa di coscienza” anche verso gli editori che non avrebbero avuto conseguenze dalla normativa (ossia tutti coloro che non usufruiscono dei contributi statali): non ero così ingenuo da pensare che i termini di legge, pur perentori, fossero rispettati alla lettera, ma non potevo certo immaginare che allo scadere dei termini stessi non si fosse neppure riunita una volta la commissione che doveva essere formata “entro 30 giorni dall’entrata in vigore”.

Eppure è così: prima la manovra dilatoria degli editori, sventata da un parere pro veritate dell’ufficio legislativo di Palazzo Chigi, poi le secche della crisi politica hanno creato un inspiegabile rallentamento della procedura di formazione e di convocazione della commissione chiamata a quantificare l’equo compenso. Eppure era chiaro che anche senza l’intervento del rappresentante degli editori si poteva procedere ugualmente alle riunioni.

Cosa ha aspettato in queste settimane l’ormai quasi ex sottosegretario all’Editoria, Paolo Peluffo, giornalista pure lui, a convocare la commissione e a farla lavorare? Non sapeva forse che la legge prescriveva non più di 60 giorni per la conclusione dei lavori e la determinazione dell’equo compenso? Come si può non aggirare, ma addirittura ignorare una previsione precisa contenuta in una legge dello Stato in vigore?

Certamente, l’equo compenso non è la panacea di tutti i mali del precariato giornalistico, anzi può essere paragonata ad un pannicello caldo, ma che comunque metterà un punto fermo di riferimento per tutti i colleghi che si spera da ora non si “calino le braghe” di fronte a richieste irricevibili da parte degli editori. Perché alla fine è ciascuno di noi a far valere la legge, non la legge che si fa valere da sé.

Quando la commissione sull’equo compenso giornalistico potrà riunirsi? Mi sa che ormai dobbiamo aspettare i tempi della formazione del nuovo Governo, sempre che un il tentativo di Enrico Letta vada in porto (glielo auguro di cuore, per l’Italia, ovviamente): quindi credo che entro un paio di settimane si potrà ricominciare il pressing nei confronti di Palazzo Chigi, sempre che il nuovo titolare della delega all’Editoria sia sensibile alle nostre istanze e non alle “sirene” (quelle sì più potenti) degli editori.

Aspettiamo: ormai sono quasi due anni che lo facciamo…

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