Il sottosegretario bifronte: ora all’equo compenso mancano solo “aggiustamenti tecnici”
A 48 ore dalle dichiarazioni, chiare quanto una relazione finale di un congresso della Dc o del Pci dei “bei tempi andati”, rese alla Camera dei Deputati a chiusura della discussione generale sul decreto in materia di editoria, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con delega all’Editoria, Paolo Peluffo (collega giornalista, giova ricordarlo) pare fare marcia indietro, o meglio attenuare il suo giudizio sulla dilazione necessaria per approvare il disegno di legge sull’equo compenso.
Questa impressione viene leggendo un breve post del presidente dell’Ordine dei Giornalisti, Enzo Iacopino, pubblicato qualche ora fa su Facebook:
Parole di Paolo Peluffo: “Sarà sbloccato in tempi brevi”, ore 17,58 di oggi. Un impegno davanti al Parlamento, pressato da Silvano Moffa che, anche a nome di Enzo Carra e Beppe Giulietti, aveva detto in aula che era “assolutamente intollerabile questo ritardo del Senato” e che non c’era alcun “tavolo di confronto” da fare.
Peluffo ha ricordato che aveva dato “parere favorevole” alla Camera, quando era stata approvata la legge in prima istanza, e che il problema è legato al bisogno di verificare se possono essere necessari aggiustamenti “tecnici” alla luce dalle norme sul mercato del lavoro. Aggiustamenti “tecnici”, non di sostanza. Ma “sicuramente verrà sbloccato in tempi brevi”. Parole di Paolo Peluffo.
Parole del sottosegretario, ok. Ma non sono dichiarazioni a verbale, come quelle rese due giorni fa. Sono spezzoni di conversazione privata, che non hanno la forza di quanto invece stenografato dai resoconti della Camera dei Deputati.
Di quali “aggiustamenti tecnici” avrebbe bisogno un disegno di legge approvato all’unanimità da un ramo del Parlamento, con il concorso e il contributo di tutte le forze politiche, e non modificato di una virgola nell’altro ramo? Le parole di Peluffo mi sembrano piuttosto un modo, anche goffo, di sbrogliarsi da una situazione non gradita, “sbolognando” l’interlocutore con una disponibilità generica e a dir poco evasiva.
Ormai i troppi stop and go, le troppe speranze disattese, le “docce fredde” prese in questi mesi ci hanno abituato a soppesare ogni parola alla luce dei fatti: attendiamo quindi con ansia di sapere quale faccia del “Peluffo bifronte” sarà quella definitiva, così da brindare o mettersi l’animo in pace per un provvedimento legislativo che è diventato misura della potenza delle lobby editoriali e dell’insignificanza di una categoria che ha già dovuto ingurgitare una riforma delle professioni varata senza neppure essere interpellata.
Paolo Peluffo e Mistero Buffo hanno il medesimo suono, no?
Paolo Peluffo, che ricordo la prima volta stagista (provenienza Normale di Pisa) in Cronaca di Roma, poi praticante e redattore all’Economia e, dopo un “vai e vieni”, prima da Palazzo Chigi e dopo dal Quirinale, dimissionario dal giornale e certamente anche dall’Ordine. Da anni, infatti, ricopre la carica di Consigliere di Stato.