Quando parlano i numeri, l’universo dei precari davvero mette paura…

In principio fu “Identità sospese”, l’indagine che nel 2009 svolse l’Associazione della Stampa Abruzzese, su base volontaria, sulla condizione dei precari in Abruzzo e che per la prima volta mise nero su bianco una serie di numeri impressionanti sulla situazione dei precari dell’informazione, costringendo tutti a prenderne atto: vi partecipai con entusiasmo anch’io, da membro del direttivo del sindacato regionale, aiutando attivamente la collega Patrizia Pennella (una di quelle “contrattualizzate” che non dimenticano i tanti ragazzi, e meno ragazzi, che fanno il grosso dell’informazione) nella raccolta dei dati e nella loro sistemazione, che poi si tradusse in un convegno che fece più rumore fuori Abruzzo che nella nostra regione.

Ma era forse troppo presto, non ancora si parlava della Carta di Firenze e della legge sull’equo compenso, eppure quei numeri, sebbene limitati (risposero all’appello 118 colleghi in una regione comunque piccola e periferica come la mia) facevano già paura ed erano l’anticamera di quanto sta (finalmente) emergendo in tutto il territorio nazionale.

Questo, in estrema sintesi, il panorama che ne usciva nel 2009, dall’abstract della pubblicazione:

 

Uno sguardo rapidissimo ad alcune cifre: il 48,95% delle donne e il 44,62% degli uomini che hanno risposto al questionario afferma di lavorare al di sopra delle sette ore al giorno, addirittura il 15,09% delle donne e il 9,23% degli uomini supera l’arco d’impegno che il contratto fissa in dieci ore. Indicativamente il cinquanta per cento degli intervistati è impegnato in più di un settore della professione e la dilatazione dell’orario di lavoro è la diretta conseguenza di questa necessaria poliedricità. In più di giornalismo non si vive bene, se è vero che più del 75% delle donne e il 90% degli uomini non è soddisfatto della cifra che riceve a fine mese. A lamentarsi di meno, a livello indicativo, è chi lavora negli uffici stampa, ma il rovescio della medaglia, in questo caso, è che spesso si stratta di prestazioni spot, legati magari a un evento o a una tornata elettorale. In più i soldi, a fine mese, arrivano davvero? Il 54,72% delle colleghe e il 55,38% dei colleghi ci dice di no e, in questo ambito il 50 per cento delle donne e il 52 per cento degli uomini denuncia una dilazione dei compensi superiore ai sei mesi, che per un altro 21 per cento di donne e 19,5% di uomini diventano più di otto.

 

Tutti i dati completi, con le tabelle, le testimonianze di due colleghi precari da anni, le divertentissime vignette di Giò sui precari e le immancabili “parole ufficiali” di sindacalisti e rappresentanti istituzionali si possono trovare nell’edizione scaricabile del libro, che si può reperire qui, sul sito di Cinqueuronetti, coordinamento dei precari abruzzesi, aderente alla rete nazionale “SottoPRESSione”.

Oggi i numeri sono ancora più netti e crudi e li hanno sciorinati proprio questa mattina i colleghi di Errori di Stampa, il coordinamento dei precari di Roma e del Lazio, anch’esso aderente alla rete nazionale “SottoPRESSione”, nel corso di una conferenza stampa che ha messo a nudo la situazione degli oltre duemila collaboratori, freelance, autonomi presenti nella Capitale.

Uno è stato il dato centrale, che fotografa e rappresenta da solo la realtà dei precari: per giungere ad uno stipendio di 1000 euro al mese (che non garantisce neppure la sussistenza, ma è un “soglia psicologica” che individua la cosiddetta “Generazione 1000 euro”) occorrerebbe scrivere tutti i giorni, ma solo se il mese durasse 40 giorni.

Testimonianze e resoconti (raggiungibili cliccando sul nome della testata indicata) si possono trovare su Rassegna.it, Articolo 21, Il Corsaro, Online News (solo per citare le prime quattro testate che si trovano facendo una ricerca Google che presenta decine e decine di risultati), oltre che sul sito di Errori di Stampa.

I numeri, ovviamente, non servono solo per la protesta, ma anche per la proposta. Nel corso della conferenza stampa, infatti, i colleghi di Errori di stampa hanno chiesto il rispetto dei tariffari per tutti i collaboratori, l’indennità di disoccupazione per tutti i contratti atipici, l’istituzione del “bacino dei precari” e di un rappresentante dei collaboratori in seno al Cdr in tutte le aziende editoriali, a partire da quelle in “stato di crisi” e la regolamentazione degli stage nelle redazioni affinché gli stagisti non si trasformino in personale a costo zero, essendo usati per sostituire il lavoro dei redattori.

Tuttavia, come ho più volte detto, il destino dei precari, oltre che dalla “schiena dritta” dei giornalisti stessi (che non dovranno accettare compensi da fame e dovranno imparare ad applicare direttamente la Carta di Firenze), dipenderà da quanto la legge sarà capace di incidere sui “portafogli” degli editori: ciò avverrà solo quando la legge sull’equo compenso sarà approvata definitivamente in Parlamento e con il testo già concordato in Commissione alla Camera dei Deputati.

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