Salta il “tappo” alla Fnsi: dimissioni a catena dalla Commissione Lavoro Autonomo

Insomma, alla fine anche a livello nazionale l’incapacità del sindacato di rappresentare la galassia del lavoro autonomo e del precariato è venuta a galla e ciò che da le singole regioni è più volte stato segnalato, è deflagrato in maniera molto rumorosa a Roma, con le dimissioni della collega Maria Giovanna Faiella dalla Commissione nazionale Lavoro Autonomo, rassegnate irrevocabilmente con una lunga ed articolata motivazione, nella quale anche io mi ritrovo pienamente e per questo la riporto alla lettera.

Cari colleghi,

scusate se arrivo in ritardo a spiegare i motivi delle mie dimissioni (comunicate alcuni giorni fa a coordinatore e presidente a interim) dalla Commissione nazionale lavoro autonomo e, di conseguenza, dalla Consulta freelance di Stampa romana. Non vi ho scritto prima perché pensavo di venire alla riunione martedì prossimo, ma non potrò esserci.

Nei giorni scorsi ho cercato di dare spiegazioni sulla pagina Facebook dei collaboratori di Stampa romana ai colleghi del Lazio che me le chiedevano (e lo farò anche nella prossima assemblea, per rispetto ai colleghi che mi hanno eletta). Lì avevo scritto di getto e non pensavo che, pur avendo chiesto riservatezza, la notizia fosse ripresa da colleghi di altre regioni fuori contesto. Ad ogni modo la sostanza è la stessa. Ho dato poi spiegazioni più “razionali” per email anche a Giovanni Rossi, rispondendo al suo invito a ripensarci. Lo ringrazio ancora una volta perché, come gli ho detto, vorrei tanto che questo sindacato fosse composto da più persone come lui: ho molto apprezzato il suo appoggio, anche in termini di consigli e suggerimenti pratici e mirati, rispetto ai collaboratori dell’Unità. Mi piacerebbe che si discutesse di questo: quali risposte concrete dare ai problemi reali dei colleghi. Invece purtroppo non è così (anche se a Roma, come ricordava Raffaella, per la prima volta, grazie al Segretario Paolo Butturini, un collaboratore è stato portato al tavolo di trattativa con gli editori, pur non essendo questo caso di competenza dell’associazione romana).

Ma possono pochi sindacalisti illuminati farsene carico da soli, soprattutto in una regione come il Lazio in cui esistono numerose testate, molte delle quali in crisi (anche se, in alcuni casi, chissà perché, dopo aver superato lo stato di “crisi”, quelle stesse testate tornano ad avere subito bilanci in attivo)? Con tutta la buona volontà, forse no; oppure l’alternativa è “scoppiare”…

E se, come ci è stato detto, dei collaboratori devono occuparsene i territori, mi/ vi chiedo: ha ancora senso un sindacato nazionale, anche alla luce della manovra bis che prevede la contrattazione collettiva (quindi con efficacia erga omnes, ovvero nei confronti di tutti i lavoratori) di secondo livello anche per i Cococo e le partite Iva?Forse servono, in fretta, nuovi strumenti e strategie sindacali. Di sicuro questo sindacato ha dei ritardi storici nei confronti degli atipici. Abbiamo lavorato insieme per cercare di recuperare velocemente e dare il nostro contributo al rinnovamento, confrontandoci in modo vivace e dialettico. Capisco che non è facile cambiare mentalità, cultura, strumenti (tra l’altro non aiuta il fatto che i collaboratori non sono inseriti nel Cnlg: mi auguro che lo siano nel prossimo).

Ma si può sempre chiedere, chiedere, chiedere, quasi implorare che ci si occupi dei collaboratori? È possibile che si debba strillare contro l’“ottusità”, per far capire che è EMERGENZA e non stai chiedendo una concessione ma reclami diritti e pari dignità?Nel frattempo si boicotta il lavoro dei membri della Commissione.

Per gli ultimi arrivati, provo a ricordare qualche passaggio del lavoro (purtroppo inutile) svolto in un anno e mezzo. Già a novembre 2010 avevamo avviato un’indagine nazionale sulle condizioni di lavoro dei freelance e collaboratori che doveva portare all’apertura di un tavolo con la Fieg per il rispetto di uno dei pochi articoli che ci riguardano contenuti nell’Accordo sul lavoro autonomo (inserito nel CNLG), cioè: pagamenti a 30 giorni dalla pubblicazione degli articoli (e non dalla consegna, come invece sarebbe giusto). Lavoro sprecato, tavolo mai avviato.In un anno e mezzo abbiamo stilato documenti, fatto proposte, scritto comunicati, studiato norme, cercato soluzioni, aggiornato i contenuti sul lavoro autonomo del sito Fnsi (a proposito, nel link al Lavoro autonomo c’è ancora l’Accordo del precedente contratto! Lo avevo segnalato già a fine 2010). Tutto questo lavoro, nella maggior parte dei casi, è rimasto in un cassetto: ignorato, senza tradursi in azioni concrete. Le mancate risposte – anche un semplice sì a un comunicato di solidarietà ai colleghi, come quello di novembre scorso – per me significano disinteresse per i collaboratori che perdono il lavoro o si vedono ridurre i compensi o avanzano spettanze da mesi, se non da anni.

Si stenta a capire che bisogna intervenire urgentemente e non ci sono alibi che tengano. Significano anche mancanza di rispetto per il tempo impiegato da noi in quel lavoro: noi freelance, che non abbiamo permessi sindacali retribuiti, quando facciamo sindacato lo facciamo in aggiunta al nostro normale lavoro di scrivere per vivere. Non parliamo poi della mancanza di rispetto per il lavoro svolto dai delegati fnsi a Firenze, con gli emendamenti alla Carta arrivati fuori tempo massimo, dopo l’assemblea di Firenze di ottobre e addirittura dopo la ratifica in novembre da parte dell’Ordine: portati in Consiglio nazionale soltanto a fine dicembre, e senza nemmeno sentire i delegati Fnsi che su quella Carta avevano lavorato, come credevo sarebbe stato doveroso in un processo democratico e di rispetto del lavoro svolto da quei delegati.

Tutte queste cose le ho già scritte il 2 gennaio, come altri colleghi, nella lettera aperta rivolta al presidente Natale, ma anche questa rimasta senza risposte. Mi ero data per la prima volta anch’io, come Raffaella, una deadline: un mese di tempo. Ed è scaduto. Lo ripeto ancora: il messaggio che contiene quella Carta (e relativo Ordine del giorno, non dimentichiamolo: su quello sì che il sindacato potrebbe e dovrebbe intervenire SUBITO), al di là delle cose che pure non sono condivisibili, è proprio questo: finalmente esiste l’impegno di TUTTI a fare una battaglia comune per la dignità della nostra professione e del nostro lavoro. E invece sono arrivati fuori tempo massimo gli emendamenti del Consiglio Nazionale Fnsi. Mi ha colpito molto il commento di un collega: “Per la prima volta anche il sindacato era vicino a noi nella battaglia per il rispetto del nostro lavoro.

Ma ora mi chiedo: come può far rispettare i nostri diritti se non rispetta le decisioni prese all’unanimità dall’assemblea di Firenze? ”. Avevo chiesto a Fnsi, in quella lettera, un impegno concreto per l’applicazione della Carta, varando una sorta di linee guida per le associazioni territoriali, che possono fare segnalazioni su presunte discriminazioni o sfruttamenti all’Ordine della rispettiva regione (il procedimento viene poi avviato dall’Ordine, solo dopo aver ascoltato la persona interessata). In questo modo, forse, il sindacato potrebbe anche ritagliarsi nuovi strumenti di trattativa sindacale per gli autonomi. Sempre silenzio…E ancora: al sit-in con Giovanni Tizian lo scorso 26 gennaio a piazza Montecitorio, “Giornalisti senza tutele, altro che casta”, organizzato dai freelance e collaboratori di stampa romana insieme al coordinamento dei precari di Errori di stampa, la Fnsi non ha dato la sua adesione! Per me è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso.Eppure, forse iniziative sindacali simili dovrebbero essere svolte a livello nazionale dalla Commissione Fnsi, piuttosto che essere lasciate all’iniziativa di alcuni volontari di qualche regione. Con un lavoro svolto da poche persone in pochi giorni siamo riusciti ad avere un’eco su media e social network – in particolare twitter -, ma anche a livello istituzionale, che forse non abbiamo avuto dopo mesi e mesi di lavoro in Commissione. Ma purtroppo la Commissione non è messa in grado di operare. Non credo che sia un problema di presidenza ai freelance. Oggi, pur avendo come presidente ad interim il segretario aggiunto – persona competente, concreta e di buona volontà – e come vero presidente il segretario Siddi, la Commissione è bloccata da veti, diffidenze, logiche correntizie o forse scarsa volontà di renderla operativa. Come se i suoi membri, invece di essere delle risorse umane per questo sindacato, fossero i suoi nemici! E allora c’è un problema serio di corto circuito tra il lavoro svolto in commissione e la ricezione di questo lavoro in Fnsi. O semplicemente, come hanno scritto alcuni colleghi, parliamo due lingue diverse che non si capiscono. Di fatto, nonostante le affermazioni di principio, i vertici del sindacato non affrontano con urgenza operativa la “questione” freelance, autonomi e precari. Forse perché non la sentono urgente, non vivendo in prima persona questa condizione umana e lavorativa. Non si può certo raccontare che la giunta Fnsi è impegnata in altre emergenze da affrontare (ieri la rai o i cavilli sulla Carta di Firenze, oggi gli stati di crisi – dove però collaboratori anche storici vengono il più delle volte ignorati, domani le elezioni inpgi) a quei colleghi che non riescono a pagare l’affitto perché avanzano spettanze da mesi, oppure lavorano come schiavi scrivendo 700 articoli l’anno e guadagnando 600 euro al mese.

Ma siamo o no giornalisti come gli altri? “Meritiamo” o no pari diritti? Basta parlarsi chiaramente, in completa trasparenza.Personalmente ho la sensazione che l’impegno, il tempo (sottraendolo al lavoro) e la passione che ci ho messo in questo periodo non abbiano portato a nulla, solo a un senso di inutilità, sfiducia e rabbia, a volte “esplosiva”, contro natura: tutto per reclamare rispetto e dignità…Comunque, per ora ho deciso di restare in Commissione contratto: voglio ancora sperare che questo sindacato possa riscattarsi in occasione del prossimo rinnovo del Cnlg, adoperandosi fin da ora nelle sedi opportune per creare le condizioni giuridiche e contrattuali affinché anche i collaboratori siano parte integrante del Contratto dei giornalisti. Anche se, devo aggiungere, il punto di partenza non fa certo ben sperare, ovvero la NOMINA dall’alto, da parte della Giunta Fnsi, dei membri della Commissione paritetica sul lavoro autonomo Fnsi-Fieg (in cui per la prima volta gli autonomi si siedono a un tavolo con gli editori), prevista dall’ultimo accordo contrattuale di luglio. Inutile dire che la Commissione lavoro autonomo non è stata consultata, nonostante gli impegni presi nei suoi confronti dal segretario Franco Siddi fin da settembre. Eppure l’art. 41 del regolamento di applicazione dello Statuto Fnsi stabilisce che “l’Assemblea Nazionale ha il compito di integrare con tre rappresentanti le commissioni nazionali per le TRATTATIVE CONTRATTUALI”. Se non ricordo male questi rappresentanti (io, Bekar e Viggiano) sono stati ELETTI lo scorso maggio dall’Assemblea nazionale dei giornalisti autonomi (composta dai giornalisti eletti dalle Assemblee regionali). Ancora una volta non mi sembra che siano state rispettate le regole della democrazia e della trasparenza.Infine, un’ultima annotazione: non mi risulta – ma forse sono solo poco informata – che Fnsi sia presente con sue proposte concrete nel dibattito in corso nel Paese sulla riforma del mercato del lavoro. O almeno, per quanto riguarda i lavoratori atipici, la Commissione non è stata coinvolta nel dibattito e nelle eventuali proposte. Come hanno affermato Pietro Ichino e altri giuristi e politici nella loro denuncia all’Unione europea sull’ingiusto dualismo del mercato del lavoro italiano (includendo anche la nostra categoria), che viola il principio di parità di trattamento tra i lavoratori previsto da direttive europee, la soluzione di questa discriminazione dovrebbe essere perseguita attraverso una riscrittura dell’intero diritto del lavoro. Nel caso dei giornalisti, essendo gli “atipici” ormai quasi un “non costo” – o comunque di gran lunga inferiore a quello di un contrattualizzato – è sempre più diffusa la tendenza a sostituire i dipendenti che lavorano in redazione con gli “esterni”. Dovrebbe allora essere interesse di tutta la categoria l’introduzione di regole certe a tutela del lavoro autonomo.Ma il sindacato unitario dei giornalisti ne è davvero convinto?Mi sembra che questo sindacato abbia perso il senso della realtà, mentre la nave affonda… Se non si rinnova profondamente e immediatamente, non è e continuerà a non essere in grado di dare risposte ai problemi concreti dei colleghi, di TUTTI i colleghi.

Questi i motivi delle mie dimissioni, che avrei preferito illustrarvi di persona. Comunque auguri di buon lavoro a tutti noi.

Maria Giovanna

 

Dopo qualche ora, Raffaella Maria Cosentino ha seguito la collega nelle dimissioni, anch’ella con una lettera motivatissima:

 

Seguo Maria Giovanna Faiella. Dimissioni.

Con questa lettera aperta comunico le mie dimissioni come componente della Commissione nazionale lavoro autonomo dell’Fnsi perchè ho firmato un contratto giornalistico part time di un anno. Tuttavia, anche se non ci fosse stato questo contratto, mi sarei comunque dimessa, come già ha fatto la collega Maria Giovanna Faiella che mi ha preceduta.

Quando sono entrata in commissione a giugno 2011 mi sono data sei mesi di tempo per raggiungere degli obiettivi concreti che per me erano: la presidenza della commissione a un freelance e la riuscita di alcune vertenze che riguardano i collaboratori nelle quali mi sono impegnata ed esposta con i colleghi in prima persona. Sono abituata a lavorare per obiettivi e con delle scadenze. La deadline è stata ampiamente superata ma gli obiettivi non sono stati raggiunti. Ne prendo atto e tiro le somme. Peccato che sia davvero una deadline, come dimostrano i pericoli che corriamo senza tutele. Il suicidio del collega Pierpaolo Faggiano, la scorta a Giovanni Tizian che era pagato 4 euro a pezzo, dimostrano che mentre noi siamo fermi, là fuori è in gioco la vita di tanti giornalisti.

Quando ho iniziato un percorso di denuncia (condiviso anche da Roberto Natale) con l’inchiesta “Quattro per Cinque” a dicembre 2010 c’erano cronisti anche giovanissimi pagati 4 centesimi a riga nel profondo sud e minacciati con 5 pallottole sparate contro la macchina di una collega in Calabria. Dopo due anni la situazione è peggiorata. Dalle minacce siamo passati alla scorta, assegnata perchè c’è un pericolo concreto per la vita di un altro giornalista, dopo i tanti già uccisi in questo paese. I 4 euro a pezzo sono pagati a Modena, nel cuore dell’Italia del nord infiltrata dalle mafie. La battaglia sui compensi si può fare solo collettivamente, la trattativa individuale conta poco.

Ma questa battaglia collettiva non la sento condivisa dal sindacato e non la sento condivisa dai colleghi collaboratori freelance e precari. Questo non vuol dire che anche nel sindacato non ci sia chi ha una visione più aperta e lungimirante sulla questione, nè che tra freelance e precari non ci siano gruppi molto attivi che stanno facendo un grande lavoro. Ma non siamo la massa, quelle migliaia di collaboratori che lavorano in tutto il paese per testate grandi e piccole pagati pochissimo e a volte niente. Eppure la causa della lotta allo sfruttamento dentro e fuori le redazioni è una causa importantissima per la libertà di stampa nel nostro paese. Per questo, credo che sarà una causa vincente. I collaboratori sono l’ingranaggio fondamentale della macchina informativa, senza di loro i giornali non uscirebbero.

Purtroppo il tempo è scaduto. E’ scaduto quando si è data la presidenza della commissione lavoro autonomo a un pensionato come Enrico Ferri. He didn’t fit. E’ scaduto quando, dopo le sue dimissioni, non si è provveduto a designare una delle due freelance in giunta a capo della commissione. E’ scaduto ora che sono passati più di sei mesi e non abbiamo mai potuto discutere delle proposte che io e gli altri colleghi della commissione avevamo fatto. Nello specifico la mia era di tenere dei corsi di autodifesa per freelance e precari gratuiti per gli iscritti al sindacato e a pagamento per gli altri. Non abbiamo mai nemmeno discusso se la campagna “Non lavoro per meno di 50 euro” poteva diventare uno strumento dell’Fnsi. Non si può restare nella commissione dopo il brutto scivolone sulla Carta di Firenze, con gli emendamenti presentati, anche lì, fuori tempo massimo.

Non si può restare nella commissione quando l’Fnsi dispone di pagare le spese di viaggio per tutti i membri della commissione che vogliano partecipare al sit in del 26 gennaio e poi non manda adesione formale e non si presenta in massa davanti a Montecitorio. ll tempo è scaduto quando si fa un convegno “Stand up for journalism” dedicato ai freelance e questi sono gli ultimi: possono prendere la parola solo alla fine, dopo avere ascoltato ore e ore di interventi.

Ho imparato una cosa chiara. In questo momento gli interessi dei giornalisti garantiti da un contratto e quelli dei giornalisti sfruttati a vita senza uno straccio di tutela sono contrapposti. E non sembra possano essere difesi dallo stesso unico sindacato. Un peccato. Altre esperienze come la campagna contro il divieto di accesso della stampa nei Cie, che ho condotto insieme all’Fnsi, hanno avuto successo. Vuol dire che le potenzialità per agire ci sono. Ma poi si bloccano davanti a un muro di cui non ho voluto indagare la composizione. Un sindacato non deve solo denunciare dal pulpito, deve fare qualcosa. Come ha fatto Paolo Butturini, che ringrazio, sostenendoci in più occasioni e consentendomi di essere la prima collaboratrice a rappresentare i collaboratori di una testata a una trattativa con gli editori nella sede della Fieg. Ma se a questo non segue un’azione corale e un sostegno pubblico e forte ad esempio dei collaboratori dell’Unità che hanno coraggiosamente scioperato perchè non erano pagati da un anno, si rischia solo di mettere bandierine qua e là. Auguro maggiore fortuna ai miei colleghi in Commissione che possano dare un apporto concreto. La mia presenza, invece, mi è sembrata del tutto inutile.
Raffaella Cosentino

 

Insomma, il “tappo” è saltato anche a livello nazionale. Il sindacato o si rinnova e si apre davvero ai precari, ai freelance, agli autonomi, che rappresentano la stragrande maggioranza del mondo del giornalismo, o non ha più senso che sia “unico”. Probabilmente, sic stantibus rebus, un sindacato degli autonomi sarebbe più incisivo nella rappresentatività degli interessi e delle istanze di noi tutti. A Firenze Roberto Natale, nei giorni dell’Odeon, chiese l’ultima apertura di credito al sindacato: ebbene, il credito è esaurito.

Come superare questa situazione di stallo? Innanzitutto aprendo il sindacato ancor di più alla rappresentanza dei precari e poi facendo modo che i precari inizino ad “appropriarsi” del sindacato, non avendo timore a “scendere in campo” per concorrere a ruoli direttivi nelle associazioni regionali e a livello nazionale.

Altrimenti, tanto vale frammentarsi. Ognuno per sé e Dio per tutti.

11 commenti

  • Il tappo è saltato eppure non c’è niente per cui brindare. Allora non resta che tirare la catena e lasciare che le cose seguano il loro corso naturale…

  • Salvatore Spoto

    Capisco la situazione, idealmente sono vicino ai collaboratori, ma penso anche a quello che ho lasciato nelle redazioni: prepensionamenti selvaggi, redattori anziani e inviati che diventano co.co.co perchè gli editori hanno accettato di garantire un minimo in più alle pensioni di fame poiché molti sono mandati fuori con il minimo di pensione. E poi ci sono i laureati (scienze della comunicazione -giornalisno) che entrano nelle redazioni come “stagisti”, ma finiscono per restarci, ovviamente come precari, facendo turni di redattori. E quando fanno il notturno in cronaca e coprono la “nera”, raggiungono un grado di precariato estremamente scandaloso. Personalmente quando sono andato in pensione (anticipata) ho chiesto al capo del personale che il mio posto fosse assegnato ad un giovane collega, precario da dieci anni, che svolgeva, a tutti gli effetti, il lavoro di cronista, per il quale è previsto, per contratto, l’inquadramento come giornalista professionista. Nessuno è stato assunto in mia vece. L’ultima volta che sono entrato in redazione, per salutare i colleghi(non ho accettato la proposta di collaborazione), il mio posto era vuoto e il precario era rimasto tale. La situazione è drammatica, capisco i giovani e giustifico le dimissioni della collega.
    Speriamo che la riforma dell’Ordine porti un po’ di luce. Personalmente, proprio a tutela, dei giovani precari (molto spesso pubblicisti), auspico che, chi dimostra di svolgere la professione di giornalista a tempo pieno, debba essere messo in condizione all’albo dei giornalisti professionisti. E’ un sacrosanto diritto del precario ed un altrettanto dovere dell’Editore. Con franchezza, dico che i giornalisti debbano essere tale, senza la divisione “professionisti” e “pubblicisti” perchè finchè ci sarà questa divisione resteranno giornalisti di serie “A” e giornalisti che…tanto loro possono svolgere un’altra professione. Chi dimostra di lavorare come giornalista deve essere qualificato come tale e pagato con un giusto compenso. Gli altri facciano pure un altro mestiere.

    • Salvatore Spoto

      Scusate il refuso, ma il post è improvvisamente partito: rigo 21: condizione all’albo dei giornalisti professionisti….leggasi: condizione di accedere all’albo dei giornalisti professionisti
      grazie!

      • Antonello Antonelli

        Sottoscrivo ogni sua parola, specie per la inutile – ormai – distinzione pubblicisti / professionisti e mi ripeto letteralmente la frase di chiusura del suo intervento: “Gli altri facciano pure un altro mestiere”!!!

  • Grazie Antonello per la tua opera di documentazione… le dimissioni delle colleghe non lasciano molte speranze per la “categoria precaria”. Sono seriamente preoccupata…

    • Antonello Antonelli

      Grazie mille di seguirmi! Io pure sono preoccupato, ma conservo un filo di speranza!

      • Saverio Paffumi

        Carissimo,
        sono molto d’accordo con il tuo primo commento alle due lettere di Maria Giovanna e Raffaella. Il quale però dimostra due cose: 1) la via delle dimmissioni, per quanto motivate, non è la migliore per raggiungere gli obiettivi che indichi. 2) un sindacato è un’associazione con delle regole: si può starne fuori, fondarne un altro… ma se si è convinti che “quello” sia lo strumento per sostenere gli interessi della categoria, allora bisogna attrezzarsi per cambiarlo dall’interno, con tutta la pazienza e il tempo che occorre, raccogliendo forze e consensi.

        • Antonello Antonelli

          Io sono assolutamente d’accordo nell’unirsi per cambiare il sindacato “dall’interno”, anche se ciò comporta tempi lunghi. Quanto alla tua osservazione circa la possibile fondazione di un nuovo sindacato, ti dico che sindacatini del genere ci sono già, ma il problema è che non sono riconosciuti ufficialmente come controparte sindacale dagli editori e quindi alla fine il contratto è sempre quello trattato tra Fieg e Fnsi. O si supera l’unicità del sindacato dei giornalisti o si riforma dall’interno la Fnsi. Tertium non datur.

  • Pingback: Sta cadendo la foglia di fico del sindacato unico dei giornalisti: ora ognuno per sé e Dio per tutti

  • Antonello Antonelli

    Segnalo, sull’argomento, il meraviglioso e gustoso post sindacal-letterario del collega Stefano Tesi (http://blog.stefanotesi.it/?p=1393) “La guerra freelance-Fnsi: è un’Iliade, ma al contrario”.

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