Riforma dei pubblicisti: ecco le proposte del Consiglio nazionale in discussione in queste ore

Da poco è iniziata la riunione del Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti che è chiamato ad affrontare i nodi della riforma da proporre al Governo per venire incontro alle nuove normative previste dai decreti di Ferragosto e “Salva Italia” e soprattutto indicare una via transitoria per l’accesso alla professione per tutti quei pubblicisti che svolgono come esclusiva la professione giornalistica, ma non hanno i requisiti (soprattutto di reddito) per chiedere l’iscrizione nel registro dei praticanti.

Ebbene, dopo aver anticipato a grandi linee i contenuti della proposta, or ora il presidente Enzo Iacopino sta esponendo al Consiglio il progetto nel dettaglio.

Sarà certamente più facile, in regime transitorio, che dovrebbe durare sette anni (sino dunque al 2020) accedere al registro dei praticanti per tutti quei pubblicisti che svolgono come esclusiva la professione.

Questi i requisiti che si dovranno possedere:

a) Esercizio esclusivo della professione giornalistica per almeno 36 mesi;

b) certificazione di un rapporto contrattuale esistente;

c) presentazione dei Cud o della dichiarazione dei redditi attestante il pagamento delle prestazioni giornalistiche;

d) iscrizione alla Gestione Separata dell’Inpgi;

e) presentazione di almeno 150 articoli annui (in caso di giornali) o di “un numero congruo” (non specificato) di vhs-dvd (per i servizi radiotelevisivi);

f) in caso di lavoro al desk, testimonianza di un caposervizio e di due redattori articolo 1 del percorso professionale.

Come si vede, è sparito del tutto il riferimento al minimo retributivo (che nel caso dell’iscrizione come freelance era fissato a circa 15 mila euro lordi), ma è divenuta centrale sia la regolarità contributiva all’Inpgi (molto importante), sia l’effettivo lavoro svolto (i 150 articoli annui, che per un giornalista che vive di sola professione significa un pezzo ogni due giorni).

Inoltre, si richiederà all’ormai iscritto praticante di seguire un corso teorico di 300 ore (anche con la modalità della teledidattica) prima dell’ammissione all’esame professionale.

Inoltre – questa la vera novità per il regime transitorio – tali regole varranno per l’iscrizione al registro dei praticanti sia dei pubblicisti, sia di coloro che non sono neppure iscritti all’Ordine dei Giornalisti, ma svolgano attività regolare (secondo i requisiti già riferiti): questo, immagino, per tutelare coloro che alla data del 13 agosto prossimo non avranno maturato i requisiti per diventare pubblicista (tuttavia mi chiedo: e i contributi Inpgi? Chi non è giornalista non è tenuto a versarli).

In Consiglio nazionale si annuncia una serrata discussione e sicuramente sono a conoscenza di un paio di emendamenti (della collega Antonella Cardone) che vogliono cassare il riferimento (lettera “b” del mio elenco) ad un contratto in essere (per tutelare chi è costretto a lavorare in nero?) e per stabilire con certezza il livello minimo (lettera “e” del mio elenco) di vhs-dvd da presentare per i colleghi radiotelevisivi (per tutelare probabilmente interpretazioni o troppo elastiche o troppo rigide a livello regionale?).

Fin qui le proposte per il regime transitorio.

C’è però in discussione anche la riforma generale dell’accesso alla professione, che il Consiglio dell’Ordine deve perfezionare e presentare al Governo che a sua volta deve farlo approvare in Parlamento entro il 13 agosto, altrimenti entrano automaticamente in vigore le norme previste dal decreto di Ferragosto (pare che Enzo Iacopino abbia confidato che in tal caso i pubblicisti potrebbero essere, in punta di diritto, tutti denunciati per esercizio abusivo della professione, anche se mi sembra una forzatura estrema, forse introdotta per far comprendere la necessità di fare presto e bene).

Secondo la proposta di riforma enunciata in Consiglio nazionale, l’accesso alla professione potrebbe avvenire in tre modi:

a) Praticantato in azienda (come è anche oggi);

b) master universitario post-laurea (come è anche oggi);

c) attività giornalistica esclusiva e contrattualizzata per 18 mesi consecutivi in una testata registrata, con regolarità contributiva Inpgi e un corso di formazione teorica di 300 ore (come sopra).

La fattispecie “c” è la novità della riforma: al termine del percorso delineato e dopo il superamento dell’esame di Stato, il giornalista sceglie di iscriversi nell’elenco professionisti o in quello pubblicisti.

Quanto ai pubblicisti già iscritti, viene mantenuto il loro titolo: fino al 13 agosto potranno essere continuate le iscrizioni alla “vecchia maniera”.

Si è parlato anche dei famosi “consigli di disciplina”. Il Consiglio nazionale propone che quello regionale sia formato da un magistrato (indicato ovviamente dalla magistratura) e da otto membri eletti dal Consiglio regionale dell’Ordine (e non da tutti i giornalisti in una elezione) tra coloro che hanno un’anzianità di iscrizione non inferiore a 15 anni e che non abbiano subito sanzioni disciplinari definitive. Similmente, il consiglio di disciplina nazionale (organo di secondo grado) sarà formato da un magistrato e da 14 giornalisti, eletti dal Consiglio nazionale con i medesimi requisiti di anzianità di iscrizione e privi di sanzioni disciplinari.

Infine, si pensa di inserire nella legge anche la figura, tutta anglosassone, del “garante dei lettori”.

Queste le anticipazioni che ho potuto ottenere. Stiamo a vedere come si svolgerà il dibattito in questi tre giorni di Consiglio nazionale.

17 commenti

  • angela

    Alcune considerazioni “a caldo”:
    – 150 articoli all’anno per chi collabora a quotidiani possono anche andare bene, ma per chi collabora regolarmente con periodici (mensili, bimestrali, ecc.) con pezzi più corposi ma meno frequenti?
    – contratto: per quanto riguarda la mia esperienza personale, spesso non c’è un contratto, si viene pagati a pezzo, non certo in nero ma dietro presentazione di regolare nota e relativa dichiarazione e tassazione del reddito;
    – e per quanto riguarda i giornalisti attivi (anche) negli uffici stampa? Ricordiamoci che in base alla legge 150 dovrebbero esserci solo loro, anche se non è così neppure negli enti pubblici.

    Per quanto riguarda la formazione, mi sembra assurdo obbligare ad un corso di 300 ore chi già lavora da anni e temo che diventi un mangiasoldi e nulla più. Personalmente ho sempre investito sul mio aggiornamento professionale, sia con corsi dell’Odg che altro, ma questo obbligo mi sembra non avere (concretamente) molto senso.

    Grazie per tutti gli aggiornamenti!

  • Grazie Antonello per il tempismo e l’aggiornamento prezioso. Fin qua tutto bene ma come al solito le figure come la mia (giornalista free lance una tantum, libera professionista ufficio stampa per aziende a tempo pieno e, blogger) non vengono contemplate. Sono iscritta all’Ordine dal 1995, pago regolarmente l’INPGI 2 dal 2000 e che fine farò? Capisco che siamo tanti e complessi ma mi sembra di essere sempre tra i dimenticati nella serie C o anche D.

  • Centocinquanta articoli l’anno mi sembra un numero spropositato. Chi li firma 13 pezzi al mese? Nemmeno un redattore di quotidiano. E i collaboratori dei settimanali e dei mensili? Poi si parla solo di versamenti all’Inpgi 2. E quelli che versano all’Inpgi 1 in virù di contratti art. 2, 36 o 12? Si parla di contratti? Ma di che genere? Anche quelli a partita Iva? Non sono contratti, tecnicamente. E poi quale periodo si sempre in considerazione? Gli ultimi 18 mesi? Troppi dubbi. Francamente non si capisce.

  • Pingback: Alta fedeltà » Ordine: prende forma il giornalista di domani. Però…

  • Eugenio Valentini

    – Scusate, ma coloro che hanno un’azienda da Editore e che allo stato attuale è direttore di testata e magari sono iscritti all’ordine da oltre 25 anni ed ora ne ha 67 di anni e continua creare informazione attraverso le sue pubblicazioni iscritte al Tribunale allora sarebbero tagliati fuori.
    Questo anche se all’Inpgi esiste la sua posizione, ma che per mancanza di contribuzione non ha diritto alla pensione.
    Sì perchè negli anni ’80 e ’90, se non oltre, non vi era una certa attenzione ai collaboratori.
    Tra le ultime riflessioni magari questi giornalisti hanno collaborato per decenni per strutture giornalistiche provinciali e/o regionali o magari anche per la Rai e/o Mediaset, tutti costoro sono dei nessuno?
    Non è il caso che chi ha un percorso da pubblicista per giornali a compenso e/o stipendio per almeno un decennio dovrebbero essere considerati professionisti, Ed in subbordine con un a valutazione del percorso dell’Ordine che lo conosce e ne conferma il lungo puro e mero lavoro giornalistico.
    Forse sono ragionamenti talmente logici che non sono facilmente comprensibili.
    Aiutatemi a capire……. Grazie
    Eugenio Valentini

  • Antonello Antonelli

    Grazie a tutti per i commenti e soprattutto per aver precisato le varie situazioni personali (che sono fattispecie di molti colleghi): so che i consiglieri nazionali che stanno seguendo il dibattito (anche) sui blog e sui social network hanno preso nota di tutte le segnalazioni (in particolare delle vostre che avete registrato qui nei vostri commenti) per provare a stendere emendamenti che possano integrare la proposta in discussione affinché sia la più aderente possibile alle reali situazioni dei giornalisti italiani.
    Concordo con coloro che segnalano che 150 pezzi vanno bene solo per chi scrive con una certa assiduità sui quotidiani e che non è stata presa in considerazione una diversa tipologia di collaborazione. Ancor di più d’accordo sulle riserve relative al contratto da esibire, ma esiste già l’emendamento della collega Antonella Cardone che modifica questo requisito (del tutto inaccessibile per chi realizza prestazioni occasionali o con partita IVA).
    Il dibattito oggi si è dilungato molto e riprenderà con maggiore veemenza domani, quando conto di fare una sintesi delle posizioni che vanno emergendo.
    Quel che è certo è che la riforma proposta dal Consiglio nazionale non permetterà la cancellazione dei pubblicisti attualmente iscritti: saranno riqualificati, chi potrà accederà al professionismo, ma non certamente eliminati (prospettiva invece ancora possibile se si arriva al 13 agosto senza un provvedimento governativo o legislativo approvato).

  • sonia

    grazie per le info ma sinceramente trovo alcune misure sproporzionate al quadro che c’è attualmente. Da quanto ho capito, il transito per diventare professionisti regola la quantità di articoli (150 annui),il contratto, il corso di 300 ore e l’esame di stato. Per l’accesso dei nuovi aspiranti si deve invece semplicemente svolgere un’attività di 18 mesi presso una testata, poi corso di 300 ore e poi esame..alla fine può addirittura scegliere se diventare professionista o pubblicista. Ma in questi 18 mesi quanti articoli si devono fare minimi? Mi spiego: i pubblicisti ad oggi svolgono un BIENNIO di lavoro presso un giornale con minimo 90 articoli x i quotidiani e 60 x i periodici (con numerazioni variabili a seconda gli ordini d’italia) poi si fa un corso e poi un esame. CON QUESTA RIFORMA INVECE NON SOLO SI DIMINUISCONO I MESI di pratica, ma in più non si specifica la soglia minima degli articoli…in più chi vuole diventare professionista ha l’incombenza di svolgere tutta la trafila su descritta per il transito, mentre i nuovi aspiranti fanno un percorso più semplice potendo alla fine scegliere… e allora perchè non si dà la possibilità di scegliere, senza trafile in più, anche a quelli che oggi vogliono transitare per diventare professionisti?? come saranno liberi i nuovi possono esssere liberi anche i giornalisti attuali che svolgono già l’attività e che anzi hanno già dimostrato sul campo di saper lavorare. Mi sembra una disparità assurda… sarei felice di ricevere una risposta a questo mio pensiero giusto per chiarirmi le idee. grazie.

  • Laura

    Scusate, sono pubblicista dal 1997, lavoro regolarmente come direttore di un quadrimestrale e come collaboratrice di alcune riviste e da questi lavori traggo i miei unici redditi.
    c’è questa frase del post che non mi è chiara:
    “Quanto ai pubblicisti già iscritti, viene mantenuto il loro titolo: fino al 13 agosto potranno essere continuate le iscrizioni alla “vecchia maniera”.”
    Dunque queste nuove proposte in discussione riguardano i futuri iscritti?
    Significa che chi è già iscritto all’elenco pubblicisti e tale vuole rimanere (il mio caso), non deve dare l’esame a roma?
    Perché c’è una cosa che vorrei capire: davvero si può pensare che chi lavora da 10-20-30 anni, e paga regolarmente i contributi, debba dare un esame per continuare a rimanere iscritto all’elenco a cui è iscritto e la cui iscrizione ha ottenuto regolarmente, secondo le regole vigenti al momento?! Se dovessi dare un esame per rimanere nell’elenco in cui mi trovo, vorrebbe dire che se riformassero il Liceo Classico dovrei ridare la maturità classica?! La regola non è che le regola non sono MAI retroattive?!
    Non mi è chiara questa parte: la situazione di chi è già iscritto all’elenco pubblicisti, lavora regolarmente e paga regolarmente i contributi alla Gestione Separata, DA ANNI. Antonello, se puoi chiarirmela mi fai un favore, grazie!
    Sono d’accordo sui corsi di aggiornamento per gli iscritti all’Ordine, sarebbero una cosa utile…

    • Antonello Antonelli

      Le regole di riforma saranno applicati ai nuovi, ovviamente, e le norme transitorie sono per quei pubblicisti che vogliono transitare nell’elenco professionisti. Chi rimane pubblicista non viene toccato, la priorità dell’Ordine è quella di salvaguardare i diritti acquisiti. Infatti, se non ci sarà alcun accordo il decreto prevede alla lettera la cancellazione dei pubblicisti: per questo si stanno facendo tutti questi dibattiti!

  • sonia

    ps. poi vorrei capire, chi può diventare direttore di una testata registrata al tribunale? editore di un giornale? Solo il professionista? grazie ancora.

    • Antonello Antonelli

      Direttore responsabile continuerà a poter essere solo un iscritto all’Ordine dei Giornalisti. Come oggi, non c’è distinzione tra pubblicisti e professionisti per la direzione responsabile.

  • Laura

    un’altra cosa, che mi sono dimenticata, chiedo scusa. Ma, vista la situazione dell’editoria, l’Ordine dei Giornalisti è davvero convinto che per un pubblicista la grande opportunità sia diventare professionista?! cosa crede che cambierebbe, nella vita di un collaboratore essere professionista o pubblicista? Ve lo spiego io, a parte la quota d’iscrizione all’Ordine, NIENTE (e infatti io non voglio diventare professionista, anche se vivo solo di giornalismo, tra le altre cose perché al professionista è chiesta un'”esclusività” che io non voglio per me).
    Forse bisognerebbe concentrarsi su questo, non sull’esame di Stato, che pare essere l’unica ossessione dell’Ordine. L’accesso alla professione non lo garantisce l’Ordine, ma Editori e Direttori, che sono quelli che chiamano i giornalisti a lavorare e che li pagano; l’Ordine dovrebbe limitarsi a prenderne atto, attraverso la produzione di articoli e versamenti dei contributi, come succede negli altri Paesi d’Europa. Perché in Francia, in Spagna e in Germania si diventa giornalisti senza aver fatto un esame, ma presentando, semplicemente, il proprio lavoro?!

    • Antonello Antonelli

      Sicuramente non tutti i pubblicisti ambiscono a diventare professionisti, proprio per il mercato del lavoro che c’è, ma non sono d’accordo sul fatto che l’accesso alla professione lo diano gli editori. Gli editori danno la possibilità di lavorare ma non il titolo di giornalista. Negli altri Paesi non è così? Ma noi siamo in Italia e rispettiamo le leggi italiane, che non è detto che siano così indecenti come tutti dicono…

  • Vito

    Gentile Dott.Antonelli,

    sono un aspirante giornalista pubblicista. In poco più di sette mesi di collaborazione ho scritto 160 articoli regolarmente pubblicati. Alla data del 13 agosto prossimo venturo, maturerò 13 mesi di collaborazione con la testata presso il quale collaboro. Le volevo, cortesemente, chiedere quale sarà il mio futuro: se entrerò nel nuovo regime attualmente in discussione oppure per coloro i quali, come il sottoscritto, abbiano cominciato con l’attuale regime sono previste delle norme transitorie?

    La ringrazio per la risposta che potrà darmi e la ringrazio per il suo blog che in questo momento per me rappresenta uno squarcio di luce nel buio più totale.

    Cordialmente.

    Vito…

    • Antonello Antonelli

      Gentile Vito,
      sebbene io preferisca rispondere via mail privata a situazioni personali (potevi usare il modulo di contatto nella pagina “Contatti”), tuttavia rispondo qui perché il tuo caso può essere esemplare per gli altri: chi non matura i 24 mesi necessari per l’iscrizione all’Ordine non potrà iscriversi più con le vecchie regole, ma con le nuove che si stanno scrivendo adesso (quindi sono ancora non definitive). Però ritengo che tu e tutti coloro che non completeranno il percorso di due anni entro il 13 agosto dovrete continuare regolarmente a lavorare ed accumulare esperienza (e, spero, almeno qualche soldo… non esiste lavorare gratis!) da spendere con le nuove regole.

  • Laura

    Antonello, ovviamente le leggi italiane si rispettano, nessuno lo mette in dubbio. Ma quando vedi che negli altri Paesi l’accesso alla professione è più semplice e non va affatto a discapito della qualità dei media (vogliamo dire che Le Monde, Der Spiegel o El Pais sono cattivo giornalismo? e non parliamo degli anglosassoni!), qualche dubbio ti viene. Se tutto questo “caos” è scoppiato perché ci si deve adeguare all’Europa che chiede l’esame per l’accesso alle professioni, io mi chiedo, ma se il resto d’Europa non fa esami per l’accesso al giornalismo, quale adeguamento stanno facendo i giornalisti alle regole europee?! no entiendo!
    Un’altra cosa che mi preme dirti: l’accesso alla professione lo danno gli Editori che ti pagano e i Direttori che ti chiamano, questo è fuori di dubbio. Senza di loro non lavori! E il titolo di giornalista non me lo dà un tesserino ottenuto con un esame a Roma, ma il fatto che un Direttore mi chiami e mi chieda se ho proposte per lui, che un redattore mi proponga di occuparmi di un tema che sa che mi interessa, che le mie proposte vengano prese in considerazione e mi si spieghi perché vanno bene e perché no. Su cosa ci rende giornalisti mi sa che non siamo affatto d’accordo. 🙂
    Ciao e ancora grazie per lo spazio

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