I cereali nella tradizione culinaria abruzzese: la mia relazione da simposiarca alla “Conviviale Ecumenica” 2023

Alla Conviviale ecumenica 2023 della Delegazione di Chieti dell’Accademia Italiana della Cucina, che si è svolta ieri, 19 ottobre, a Fara Filiorum Petri (CH), nell’Albergo Ristorante “Sant’Eufemia”, sul tema “Il riso, il mais e gli altri cereali (grano, farro, orzo, avena, segale) nella cucina della tradizione regionale” , ho avuto l’onore di essere il simposiarca della serata e nella mia relazione ho dovuto curare in particolar modo la presentazione del menu, tutto a tema.

Ecco il testo del mio intervento:

 

Buonasera a tutti.

come di consuetudine, la conviviale ecumenica viene curata in tutti i suoi aspetti dall’intera consulta della delegazione e siete stati abituati finora ad ascoltare il racconto dei piatti della serata più importante dell’anno fatta a più voci dai vari consultori. Quest’anno, il delegato ha chiesto che ci fosse un simposiarca che rappresentasse comunque tutta la Consulta e la scelta è ricaduta su di me prima che avessi questo infortunio che oggi mi costringe ad una parziale immobilità. Tuttavia, per l’amore che porto all’Accademia e soprattutto per il rispetto di un impegno preso insieme agli altri, eccomi qui, forse non in maniera ineccepibile dal punto di vista dell’abbigliamento, ma con tutte le insegne accademiche indossate, a raccontarvi i piatti che gusteremo oggi. Non vi nego che per me è un grande onore quello di poter essere annoverato come simposiarca della conviviale più importante dell’anno, ma nulla avrei potuto senza il lavoro dei consultori e del delegato, da Maurizio che ha declinato per il centro studi territoriale il tema dell’anno e lo ha verificato per la nostra delegazione nelle scelte fatte, e che soprattutto mi ha scarrozzato da quando ho questo gesso al braccio, a Gabriella, la preziosa cerimoniera che ha curato tutti i dettagli formali e stilistici di questa serata, a Gerardo che ha tradotto come sempre in maniera impeccabile le nostre scelte in un menu elegante,  a Maura che ha tenuto le fila delle varie osservazioni, a Nicola, Mimmo, Paolo, Rocco, Paolo che si sono alternati nelle varie provature e hanno contribuito con le loro osservazioni a comporre la lista definitiva dei piatti, tenendo conto di tanti fattori che cercherò di spiegarvi. 

 

La scelta è stata fatta da tutta la Consulta, che sta lavorando a questa importante serata sin dalla fine del mese di agosto e in più riunioni e in altrettante provature abbiamo messo a punto un menu che potesse declinare in maniera migliore un tema ampio e variegato, che ha numerose aderenze con la cultura gastronomica della nostra regione, come dimostrato dalla sezione dedicata all’Abruzzo curata dal nostro Centro Studi territoriale, guidato dal nostro Maurizio Adezio. 

 

Tutto questo non poteva essere concretizzato senza l’assistenza paziente e fattiva di Cesare Della Valle e Patrizia De Vitis, i gestori di questo ristorante, che è diventato per la nostra delegazione uno dei punti di riferimento, in cui poter venire davvero sempre a colpo sicuro, certi che ci troveremo di fronte due ristoratori che, oltre ad avere una straordinaria base di competenze specifiche, presentano un grado di adattabilità e di recettività ai nostri suggerimenti che difficilmente abbiamo riscontrato altrove. 

 

Avete notato che non c’è la nostra abituale “attesa”, quella che ci predisponeva all’ascolto della relazione e ci preparava alla conviviale vera e propria. Naturalmente, nulla va perso delle nostre tradizioni e quella che era l’attesa diventerà tra pochissimo un antipasto quadriforme, con il quale inizierete a comprendere le peculiarità del tema che a livello centrale hanno scelto per quest’anno, centrato sui cereali, che sono una delle basi essenziali dell’alimentazione umana e che in Abruzzo, essendo una regione particolarmente legata a questa produzione, hanno trovato numerose declinazioni. 

Quindi, troverete un piatto con quattro specialità che possono essere considerate la nostra “attesa”.

 

Pizza fritta con robiola e fico

Viene usata della farina 00, amalgamata ad un uovo, un pochino d’olio, acqua e una bustina di lievito. La robiola è di capra ed è realizzata dalla Fattoria del Nonno di Giampiero De Vitis, già insignito del Premio Dino Villani 2020, che opera qui a Fara Filiorum Petri. I fichi sono quelli locali e caramellati.

 

Pizza Scima con uova e peperoni 

Questo è un classico della tradizione contadina abruzzese, la pizza scima è così detta perché è realizzata senza lievito, fatta con acqua, farina 00 e olio extravergine con cui si realizza un panetto, si stende, si taglia in superficie facendo dei quadrettoni e poi si cucina, tradizionalmente sotto il coppo, oggi Patrizia lo cuoce al forno. Aggiungiamo su di essa le classicissime uova strapazzate e peperoni sulla padella (pipidigne e ove). Qualche purista delle tradizioni potrebbe obiettare che in Abruzzo sulla pizza scima ci va il peperone arrosto, ma per praticità, e soprattutto per gusto, abbiamo optato per un altro piatto della tradizione regionale. 

 

Polentina al sugo di lumaca con lumachina sopra

Qui siamo di fronte a uno dei piatti più apprezzati in questo ristorante, anche personalmente è il mio must di quando vengo da Cesare e Patrizia. Per la polenta, la ricetta è quella popolare: acqua bollente, un goccino d’olio, sale, farina di mais (la farina di randinije). Le lumache vengono da un allevamento della zona, precisamente a Cepagatti, vengono passate in padella, insaporite, poi il sughetto viene tirato con il peperone e la menta.

 

Bruschetta con la crema di fave e pancetta abbrustolita 

Dopo aver riportato a temperatura ambiente delle fave fresche surgelate, esse si fanno cucinare in padella con cipolle e pancetta, successivamente vengono frullate e la crema realizzata si mette sul pane che è locale, del forno di Fara Filiorum Petri, con sopra un piccolo assaggio di pancetta abbrustolita.

 

Risotto alla milanese  

Arriviamo adesso al piatto di apertura, che la sede centrale dell’Accademia ha raccomandato di inserire in questo contesto a tutte le delegazioni del mondo, per celebrare il settantennale del nostro sodalizio. 

La ricetta è stata indicata direttamente a livello centrale, annunciata tramite la rivista accademica. Come sapete, l’Accademia Italiana della Cucina è stata fondata all’hotel Diana di Milano il 29 luglio 1953 e nel menu di quella prima riunione c’era proprio il risotto alla milanese.

Questa la ricetta tradizionale, codificata dall’Accademia:

Mettere in una casseruola il midollo, cinquanta grammi di burro e la cipolla, cuocere a fiamma bassa finché la cipolla abbia preso un colore dorato. Aggiungere il riso, Arborio nel nostro caso (anche i tipi Carnaroli e Vialone sono ammessi), e mescolarlo bene perché possa assorbire il condimento. Alzare la fiamma e iniziare a versare sul riso il brodo bollente a mestoli, continuando a rimestare regolarmente con un cucchiaio di legno. Cuocere per quindici minuti, secondo la qualità del riso; a mano a mano che il brodo evapora e viene assorbito, aggiungere altri mestoli di brodo, facendo attenzione che il riso resti al dente. Aggiungere lo zafferano, i pistilli sciolti nel brodo a due terzi della cottura oppure in polvere alla fine, per non perderne il profumo. A cottura ultimata aggiungere il resto del burro e il formaggio grana e mantecare per qualche minuto, aggiustando di sale. Il risotto deve risultare piuttosto liquido, “all’onda”, con i chicchi ben distinti ma tenuti insieme dal legante cremoso.

Tisana di Ippocrate

Dopo il risotto alla milanese, ci concediamo una pausa. Chi ha già partecipato ad una panarda abruzzese, sa già che i diversi blocchi di portate vengono intervallate da brodo o tisana utili alla prosecuzione dell’immane prova culinaria. Questa sera introduciamo tra il piatto di apertura e il primo piatto una antichissima tradizione, che risale al V secolo a.C., almeno nella sua formulazione scritta, il che significa che era già conosciuta da molto tempo prima: la tisana di Ippocrate. Questo non è un nome dato a caso, perché il grande medico greco, autore dei primi scritti di medicina dell’Occidente, ne parla diffusamente nella sua opera, che ho potuto leggere nell’originale greco, scoprendo che ne tratta in ben cinque capitoli consecutivi, testimonianza delle grandi virtù benefiche di questa tisana, non solo dal punto di vista digestivo.

La inseriamo in questo contesto per un duplice motivo: il primo è che essa si realizza con l’orzo, uno dei cereali più diffusi e che naturalmente è oggetto di studio nel corso di quest’anno accademico, il secondo è che il nostro Centro Studi Territoriale ha dedicato a questa tisana un passaggio importante del libro accademico sul tema annuale, in quanto un’azienda di Guardiagrele ha recuperato la ricetta tradizionale, bene esposta nel testo greco di Ippocrate e ne ha fatto una speciale commercializzazione. 

L’azienda è il “Casino di Caprafico” che dagli anni ’90 produce pasta artigianale, utilizzando e valorizzando l’integralità di cereali minori quali farro e orzo mondo e le altre loro proprietà nutrizionali, come la buona tollerabilità del farro per chi soffre di intolleranze minori al glutine. Oltre a vari formati di pasta, lunga e corta, Casino di Caprafico produce cereali e legumi per minestre, farina di farro, caffè di orzo mondo e per l’appunto tisane di orzo mondo.

La tisana di orzo si prepara lasciando in infusione i chicchi di orzo nell’acqua per alcuni minuti, proprio come un tè. Questa sera la serviremo realizzata non con i chicchi crudi, ma tostati.

L’orzo mondo è tostato a fiamma indiretta e macinato in piccole quantità secondo un’esperienza e una tradizione consolidate nel tempo che esaltano le peculiari caratteristiche organolettiche dell’orzo nudo. Si può preparare un infuso utilizzando sia la moka sia la “napoletana” o, ancor meglio in quanto si può personalizzarne la concentrazione con una pressofiltro od altro apparecchio per infusione. L’azienda di recente, ha anche ideato una nuova presentazione dell’orzo mondo tostato e macinato: in bustine filtro, come quelle utilizzate solitamente per il tè. Ogni bustina filtro contiene 8 g del prodotto e va usata in infusione per 4/5 minuti in una tazza contenente circa 150 cc di acqua bollente.

Zuppa di farro

Arriviamo al primo piatto, una classica zuppa. Si fa bollire il farro, poi si realizza un soffritto di carote e cipolla con salsiccia sbriciolata. Si manteca il tutto con ceci e funghi e alla fine si mette un pizzico di zafferano per dare un po’ di colore.

Costatine di agnello impanate 

Si prendono le migliori costine di agnello, vengono tuffate nell’uovo e nel pangrattato con qualche buccia di limone per insaporire, poi sono cotte al forno.

Pizza e foje

Un  grande classico della cucina abruzzese, che oggi presentiamo come contorno del secondo piatto. Si prendono delle verdure miste (nel nostro caso sono bieta, rape e verza, quando si trovano sarebbe sempre ottimale aggiungere le verdure di campagna, li cacigne, oggi non a disposizione), vengono bollite e insaporite con delle patate lesse, poi soffritte con un soffritto abbondante di aglio e di peperone crusco, si condisce tutto e si aggiunge la “pizza di granturco” (pizza di randinije), fatta come la pizza scima ossia solo con acqua e farina, stavolta di di mais.

Frittelle di Patrizia

La genesi della scelta di questo dolce va raccontata: in una delle provature, abbiamo sentito la necessità di aggiungere al menu – per una degna conclusione – un dolce, che inizialmente non era stato previsto; mentre si ragionava sulle possibilità insieme a Cesare, ecco che Patrizia ci ha portato, per favorire la discussione, un piatto di dolcetti squisiti, fatti al momento con un po’ di ingredienti rimasti in cucina. Queste frittelle o ciambelle ci hanno così conquistato da elevarle a dolce della serata e per questo l’abbiamo chiamato “Frittelle di Patrizia”, perché è una ricetta semplice, casalinga che è venuta in maniera estemporanea proprio della nostra cuoca. 

Si uniscono in una terrina uova, zucchero, olio, un po’ di latte, il tutto va mescolato e montato, poi si aggiungono ricotta e farina, poi la vaniglia e il limone. L’impasto, a piccole quantità per volta, va fritto dentro olio abbondante. Completa il dolce una spolverata di cannella. Eventualmente, chi vuole potrà aggiungere sopra le frittelle un po’ di miele locale che sarà servito in ciotoline a parte.

BEVANDE

Avrete di certo notato che sul tavolo, oltre all’acqua, non c’è il vino. Come mai? potevamo in una conviviale dedicata ai cereali non scegliere la bevanda che dai cereali viene tratta? 

Birra Magia d’Estate 

Ecco quindi che per tutta la nostra conviviale saremo accompagnati dalla birra, Precisamente da una di quelle che viene prodotta a Pretoro a pochi chilometri da qui, dal birrificio Maiella. di quelle che abbiamo provato, Alla fine abbiamo scelto la birra che ci sembrava più gustosa al palato è più capace di accompagnare armoniosamente tutti i piatti, quella etichettata come “Magia d’estate”.

Una birra di frumento ispirata alle weiss tedesche. La schiuma è leggera e compatta e tende ad essere abbondante mentre il profumo è molto leggero ed aromatico. Ha sapore acidulo con sentori di fermentazione lattica, debolmente amarognolo di luppolo. Ingredienti: acqua delle sorgenti del Verde, malto d’orzo, grano duro (Senatore Cappelli), luppolo, lievito, bucce d’arancia. Temperatura di servizio: 6°- 8°C

Corfinio Barattucci

Accompagnerà il dolce un altro grandissimo classico della tradizione del nostro territorio che è il Corfinio Barattucci, un liquore di 39° distillato di 42 (oppure, come dice il più grande esperto della storia di questo liquore, ossia il nostro Gerardo, 44) tra erbe, semi e radici, e colorato con lo zafferano abruzzese, per dare allo stesso il colore del sole. Giulio Barattucci nasce nel 1834 a Guilmi, piccolo comune della provincia di Chieti e fin da giovanissimo si dedicò allo studio delle erbe officinali, raccolte sulle montagne abruzzesi della Maiella; questa passione si tramandava da un’antica tradizione familiare. Appena ventiquattrenne si trasferì a Chieti e dopo innumerevoli tentativi in vari ed appropriati dosaggi ed attraverso l’alchimia dei suoi alambicchi, seppe estrarre un bouquet di odori e sapori che oggi rendono inimitabile il Corfinio.

Ringraziandovi della vostra pazienza, non mi rimane che augurarvi buon appetito.

 

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