Come non si tiene una conferenza stampa: il caso di Ikea Italia

Venerdì scorso una folla di giornalisti locali, per una volta tutti davvero schierati, dalle tv alle agenzie, dai quotidiani alle testate on-line fino alle radio, ha partecipato alla conferenza stampa di presentazione del nuovo punto vendita Ikea di San Giovanni Teatino, che si aprirà domani mattina (alle 7.00 tra l’altro).

Un esercizio di stile che sarebbe dovuto essere integralmente registrato e mostrato a qualunque collega che voglia intraprendere la difficile carriera dell’addetto stampa (che è una di quelle professioni che tutti credono di saper fare, ma che non possono essere improvvisate).

A tenere la conferenza stampa è stato il responsabile delle relazioni esterne Valerio Di Bussolo, che non mi risulta essere giornalista (poco male, si tratta di un’azienda privata e quindi può metterci chi vuole come “addetto stampa” et similia): la cosa si è notata subito, perché l’idea di comunicazione alla stampa che Ikea ha dimostrato di avere è stata quella di una lezione, con tanto di slide, di 75 minuti filati, partendo dalla Genesi ed arrivando all’Apocalisse, riempiendoci di dati nazionali ed internazionali del tutto inutili per un consesso di giornalisti locali. Per non parlare della corposa cartella stampa, dove oltre a tutte le slide presentate, l’immancabile catalogo Ikea, l’unica utilità vera era il prospetto riassuntivo sulle decisioni del tavolo prefettizio sulla viabilità, integrato dei dati numerici sul punto vendita di San Giovanni Teatino.

Alla richiesta, molto ferma ed anche ironica, di un collega “Ma le domande le possiamo fare?”, sono iniziati i problemi: tanti i “non saprei”, “non abbiamo i dati aggiornati”, “non ce ne occupiamo”. Insomma, quando abbiamo voluto sapere qualcosa di più locale e di più interessante (tipo: quanti abruzzesi sono stati contrattualizzati? Quanti di essi hanno avuto il contratto a tempo determinato? Perché non avete previsto un percorso pedonale per arrivare al punto vendita, visto che la viabilità l’avete fatta voi?), il volto aperto e disponibile della società svedese si è fatto un po’ più cupo. Alla fine, comunque, siamo riusciti ad ottenere qualche notizia buona solo per i titoli e i pezzi (cioè che gli abruzzesi hanno avuto solo contratti a tempo determinato da 3 a 12 mesi, gli indeterminati sono tutti residenti fuori regione), ma quanta fatica! E il salame di alce o il succo di mirtilli, gentilmente offertici insieme a tipici dolci svedesi dai nomi impronunciabili, non hanno placato comunque la fame e la sete di informazioni.

Per una buona conferenza stampa ci vogliono pochi accorgimenti, secondo me, che mi occupo di uffici stampa istituzionali dal 2001:

1) Durata massima di tutta la conferenza: 20 minuti (i colleghi, specie quelli della stampa locale, hanno diversi appuntamenti simili in una mattinata, specie le tv).

2) Puntualità quasi svizzera nell’inizio (per lo stesso motivo spiegato sopra… no ad attese che superino i 10 minuti… ricordo che anni fa un manager Asl ci fece attendere 50 minuti, io mi misi a capo della “rivolta” e ce ne andammo tutti, senza scrivere una sola riga della conferenza, che poi ci venne propinata a mezzo comunicato stampa).

3) Prevedere uno spazio per le interviste televisive PRIMA dell’inizio della conferenza (i colleghi della carta stampata non possono attendere anche che terminino le interviste per iniziare la conferenza).

4) Preparare una sintesi per punti di quanto verrà detto nella conferenza (mai però scrivere tutto per esteso, altrimenti a che serve la conferenza stampa?).

5) Lasciare il giusto spazio per le domande (altrimenti se non si vogliono contradditori, meglio un comunicato stampa).

6) Inviare un comunicato stampa di fine conferenza con quanto è stato detto al di fuori, ovviamente, di quanto emerso dalle domande fatte (altrimenti a che serve venire ad una conferenza stampa se uno poi riceve tutto comodamente nella casella di posta elettronica?).

Ma soprattutto la regola aurea, che difficilmente si riesce a far digerire ad ogni sorta di politico, affamato di microfoni e taccuini attorno: ma serve davvero convocare una conferenza stampa se si hanno da fare solo comunicazioni che non prevedono alcuno spunto originale per i colleghi?

Sulla figura dell’addetto stampa dovrei dilungarmi di più, ma spero di cogliere l’occasione di parlarne in altri contesti. Il lavoro ora preme.

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