Il famigerato 13 agosto è arrivato, ma non ha portato (quasi) nulla di nuovo!
Era quasi una data-spauracchio, ai più evocava un mitologico spartiacque che avrebbe dovuto dare un volto nuovo alla professione con una riforma che si annunciava epocale, è stata invocata e temuta e adesso è arrivata: oggi è il famoso 13 agosto 2012, la data entro la quale adottare la riforma degli Ordini professionali per armonizzarne le norme con quelle europee.
Cosa accade oggi 13 agosto per i giornalisti? Quasi nulla.
Una delusione cocente, almeno per me, che da otto mesi almeno seguo l’evolversi delle varie ipotesi di riforma che avrebbero dovuto rendere l’Ordine dei Giornalisti “al passo con i tempi” o almeno più snello e con maggiore professionalizzazione. Alla fine, l’accesso alla professione rimane uguale, nessuna cancellazione dei pubblicisti (ma questo lo si sapeva da tempo), nessun percorso professionalizzante per loro che continuano a non dover sostenere alcuna prova, nessuna “corsia preferenziale” per i tanti pubblicisti che in realtà svolgono la professione in via esclusiva affinché possano accedere all’esame di Stato, nessun nuovo metodo di accesso al professionismo.
Cosa siamo riusciti a strappare? La formazione permanente, che non è male come risultato, a patto che il modo con il quale verrà gestita sia realmente formativo e non, come molti temono, un “carrozzone” per finanziare questi o quelli.
Cosa potevamo evitarci? Sicuramente lo sdoppiamento dei Consigli dell’Ordine, con la nascita dei “Consigli di disciplina” (la cui individuazione è ancora particolarmente aleatoria) che sovrintenderanno ai procedimenti disciplinari e che si tradurranno in un aumento della quota di iscrizione all’Ordine, visto che occorrerà finanziarli con fondi propri.
Cosa rimane ancora non ben definito? L’assicurazione obbligatoria che è vero sia stata praticamente sventata per chi lavora in una testata giornalistica, ma che non è chiaro se la debbano pagare i freelance che effettivamente hanno un rapporto di clientela con coloro per i quali lavorano. Legando infatti l’esenzione dall’assicurazione non alla categoria in sé ma al rapporto di clientela (come si legge nella relazione esplicativa del Ministero della Giustizia, riportato in un mio precedente post), mi pare che vada da sé che i freelance debbano pagarla questa benedetta assicurazione. Staremo a vedere.
Cosa non mi convince? Il fatto che i pubblicisti possano ancora essere iscritti all’Ordine dei Giornalisti senza esame di Stato. La normativa europea è chiarissima: per far parte di un Ordine professionale occorre aver superato un esame di Stato. A mio giudizio, un qualsiasi ricorso di qualunque cittadino potrebbe portare ad una condanna dell’Italia. Ma c’è anche quel comma del cosiddetto “decreto di Ferragosto”, che ormai ha compiuto un anno, che prevede che qualsiasi norma in contrasto con le direttive europee automaticamente decada: l’aver solo ricordato questa cosa, in gennaio, da parte della consigliera nazionale dell’Ordine Antonella Cardone, ha scatenato un putiferio di reazioni. Però quella norma è ancora lì, ovviamente silente.
Rimane la delusione per un’occasione persa: l’occasione di riformare profondamente l’Ordine dei Giornalisti, la cui legge risale ormai a cinquanta anni fa, quando i giornalisti erano pochi, i pubblicisti erano i grandi esperti che collaboravano saltuariamente con i quotidiani e le riviste (e per questo fu previsto questa figura per la quale non era previsto l’esame di Stato), non esisteva la free press, non esistevano le testate on-line, insomma, in una parola, si era al Medioevo rispetto ad oggi. Con quelle norme quasi da anteguerra il Consiglio nazionale si è dilatato in maniera abnorme, con tutto ciò che ne consegue, la pletora dei pubblicisti è diventata preponderante fino a diventare quasi il triplo dei professionisti, l’accesso all’esame di Stato è stato ridotto sempre più (e per fortuna che le “norme interpretative” di qualche anno fa hanno aperto uno spiraglio, seppur piccolo, ai freelance).
La legislatura ormai è agli sgoccioli: si spera di portare a casa almeno l’equo compenso, per il quale si parla di un maxi-emendamento concordato con il Governo (ma ciò comporterà il ritorno del disegno di legge alla Camera – questa è una cosa che nessuno ha osservato – con la dilatazione dei tempi: chi ci dice che non succeda qualcos’altro di dilatorio a Montecitorio?). Alla prossima (legislatura) si spera in un provvedimento che riformi l’Ordine dei Giornalisti (per cui occorre una legge o un atto avente forza di legge) in senso moderno, se non contemporaneo.
Sperare non costa nulla… il 13 agosto è arrivato, senza alcuna riforma. Quanto dovremo ancora aspettare?