Ecco il testo del Regolamento per la formazione professionale: il 6 giugno inizia la discussione. Tra polemiche ed incertezze

Mercoledì 6 giugno a Roma i presidenti degli Ordini regionali si riuniranno nella sede dell’Ordine dei Giornalisti per esaminare la bozza del regolamento per la formazione professionale adottata il mese scorso dal Consiglio nazionale: il confronto, già di per sé pieno di incognite e riserve, si è caricato di attesa dopo l’anticipazione fatta da me (e poi seguita da Franco Abruzzo) dell’annuncio da parte del segretario nazionale Giancarlo Ghirra della rimessa a disposizione del suo mandato. Le cause, probabilmente, sono legate anche ai contrasti sulla formazione professionale, come viene indirettamente confermato dal dibattito in corso anche sul mio blog.

Ma qual è il testo preciso su cui lavoreranno i presidenti degli Ordini?

Eccolo, articolo per articolo, così da poterlo valutare tutti insieme:

 

Formazione professionale continua degli iscritti all’Ordine dei Giornalisti
Regolamento

Art.1- Scopo del regolamento

1. Scopo di questo regolamento è disciplinare le attività di formazione professionale continua (FPC) per gli iscritti all’elenco professionisti, all’elenco pubblicisti e all’elenco speciale stranieri dell’Ordine dei Giornalisti.

2. Il regolamento per la FPC è in sintonia con quanto previsto dalla legge 148/2011 e dall’art.20, comma b della legge 69/1963.

 

Art.2 – Definizione e obiettivi della FPC

 

La FPC:

a) è attività obbligatoria di aggiornamento, approfondimento e sviluppo delle conoscenze e delle competenze giornalistiche ai sensi dell’art. 5 della legge 148/2011. Il suo svolgimento è uno dei presupposti per la correttezza e la qualità dell’informazione;

b) è svolta nell’interesse dei destinatari dell’informazione e a garanzia dell’interesse pubblico

c) è obbligo deontologico per tutti i giornalisti in attività, iscritti da più di 5 anni e sino al compimento del 70° anno di età. A partire dall’1 gennaio 2017 tale obbligo scatterà dopo 3 anni dall’iscrizione.

 

Art. 3 – Attività di FPC

 

Costituiscono attività di FPC i seguenti eventi formativi, tenuti anche all’estero e riconosciuti dal CNOG:

a) frequenza di corsi, seminari e master;

b) partecipazione agli eventi di cui sopra in qualità di relatore;

c) pubblicazione di libri a carattere tecnico-professionale e di saggi attinenti la professione giornalistica su riviste specializzate;

d) insegnamento a livello accademico di discipline riguardanti la professione giornalistica;

e) partecipazione alle commissioni per gli esami di idoneità professionale;

f) svolgimento di attività formative a distanza (e-learning) accreditate dal CNOG;

g) frequenza di corsi di aggiornamento sull’utilizzo professionale delle nuove tecnologie.

Art. 4- Periodo formativo

 

1. Il periodo di FPC è triennale. Il primo triennio decorre dall’1 gennaio 2013 e costituisce il riferimento temporale per tutti gli iscritti.

2. L’anno formativo decorre dall’1 gennaio e termina il 31 dicembre.

3. Il credito formativo professionale (CFP) è l’unità di misura per la valutazione dell’impegno richiesto per l’assolvimento del compito della FPC.

 

Art. 5 – Assolvimento dell’obbligo della FPC

 

Per l’assolvimento dell’obbligo di FPC l’iscritto all’Ordine dei Giornalisti è tenuto a:

a) acquisire 60 CFP in ciascun triennio (con un minimo di 15 CFP annuali), di cui almeno 15 derivanti da attività formative aventi ad oggetto la deontologia. Tramite le attività di formazione a distanza gli iscritti possono acquisire un massimo di 15 CFP nel triennio.

I crediti conseguiti secondo le modalità previste dall’art. 4:

per i punti b) e g) non possono superare il massimo di 10 nel triennio;

per il punto c) non possono superare il massimo di 5 per ciascuna pubblicazione e un totale di 10 nel triennio;

per i punti d), e) ed f) non possono superare il massimo di 20 nel triennio;

b) documentare all’Ordine regionale di appartenenza l’avvenuto svolgimento della FCP al termine di ogni triennio;

c) in nessun caso è possibile riportare nel computo dei crediti di un triennio quelli maturati nel triennio precedente;

d) per i nuovi iscritti all’albo, l’obbligo formativo annuale decorre dall’1 gennaio del quinto anno successivo a quello di iscrizione (dal terzo a partire dal 2017). Tale previsione non si applica nel caso di cancellazione e successiva reiscrizione.

 

Art. 6 – Attribuzioni e compiti del Consiglio Nazionale

 

Il CNOG, ai sensi del’art. 20 comma b della legge 69/1963, coordina, promuove ed indirizza lo svolgimento della FPC e la orienta verso le nuove aree di sviluppo della professione.

In particolare il CNOG:

a) valuta ed approva le attività formative inserite nei programmi degli Ordini regionali ed attribuisce i relativi CFP;

b) predispone le norme di attuazione sull’applicazione delle tecnologie di e-learnig alle attività formative;

c) assicura ampia e tempestiva diffusione dei programmi tra tutti gli iscritti, anche attraverso un’apposita bacheca sul proprio sito internet;

d) garantisce uniformità di riconoscimento dei crediti alle attività formative ed elevato livello culturale delle stesse.

 

Art. 7 – Attribuzioni e competenze dell’Ordine regionale

 

In materia di FPC gli Ordini regionali:

a) promuovono, operando anche di concerto tra loro ed eventualmente con il supporto delle Scuole di giornalismo riconosciute dal CNOG, delle Università, delle aziende editoriali e di altri soggetti formatori, adeguate offerte formative, predisponendo i relativi programmi;

b) allo scopo di consentire la valutazione dei programmi dell’offerta formativa, ne trasmettono copia al CNOG;

c) favoriscono lo svolgimento gratuito della FPC, utilizzando risorse proprie e quelle eventualmente ottenibili da sovvenzioni erogate per la formazione professionale;

d) regolano le modalità di rilascio degli attestati di partecipazione alle attività formative;

e) adottano sistemi di rilevazione delle presenze tali da rendere agevole e quindi favorire la più ampia partecipazione alle proprie attività formative, anche da parte di iscritti provenienti da Ordini regionali diversi;

f) verificano annualmente, nei modi e nei tempi opportuni, l’assolvimento dell’obbligo di FPC.

L’accertamento della violazione di tale obbligo comporta l’avvio dell’azione disciplinare nei confronti dell’iscritto inadempiente.

 

Art. 8 – Sostegno finanziario del CNOG agli Ordini regionali per l’attività formativa

 

Il CNOG può sostenere economicamente gli eventi formativi degli Ordini regionali a patto che essi rispettino i requisiti di cui all’art. 7.

 

Art. 9 – Contenuto dei programmi formativi predisposti dagli Ordini regionali

 

1. I programmi non possono riferirsi ad un periodo superiore all’anno formativo.

2. Relativamente agli eventi formativi di cui all’art. 3, i programmi devono indicare:

a) la tipologia dell’evento;

b) gli argomenti oggetto di trattazione;

c) la durata effettiva, espressa in ore;

d) la proposta sul numero dei crediti da attribuire;

e) le date previste di svolgimento;

f) il luogo di svolgimento, compreso nella regione di competenza dell’Ordine;

g) altre informazioni ritenute utili, quali l’indicazione e la qualità dei relatori;

h) i costi e gli eventuali finanziatori o sponsor dell’evento formativo.

3. Nel programma annuale delle attività formative devono essere contenuti argomenti relativi all’attività professionale giornalistica ed in particolare alle materie attinenti l’informazione, la comunicazione e lo sviluppo tecnologico dei media, alle materie giuridiche ed economiche, alla storia del giornalismo, all’ordinamento professionale e alla deontologia.

4. Le attività formative organizzate dagli Ordini regionali al di fuori del territorio italiano sono soggette al medesimo regolamento previsto per le attività organizzate in Italia; gli adempimenti relativi sono svolti direttamente dall’Ordine regionale organizzatore.

 

Art. 10 – Valutazione ed approvazione dei programmi formativi degli Ordini regionali
1. Il CNOG valuta i programmi formativi tenendo conto delle proprie attribuzioni, indicate nell’art. 20 comma b della legge 69/1963, di coordinamento e promozione delle attività volte al miglioramento e al perfezionamento professionale.

2. Il CNOG potrà negare l’approvazione dei programmi formativi degli Ordini regionali non conformi ai requisiti previsti dalle linee guida e dal presente regolamento.

3. Gli Ordini regionali, anche di concerto tra loro, predispongono i programmi formativi da sottoporre all’approvazione del CNOG in anticipo rispetto allo svolgimento delle attività programmate. Il CNOG delibera sull’approvazione dei programmi entro 45 giorni dal ricevimento, previa valutazione e riscontro di conformità degli argomenti in essi contenuti con quelli che possono formare oggetto delle attività formative.

4. Decorsi 45 giorni dal ricevimento, ove non sia pervenuta all’Ordine regionale alcuna comunicazione in merito all’approvazione, il programma s’intende approvato e alle attività sono attribuiti i crediti formativi proposti dal Consiglio regionale, salvo esplicita e diversa valutazione del Consiglio nazionale.

5. Per eccezionali motivi, il CNOG potrà attribuire crediti anche ad eventi che siano stati comunicati successivamente al Piano annuale, purché l’Ordine regionale abbia inoltrato la relativa richiesta di accreditamento prima dello svolgimento dell’attività formativa.

 

Art. 11- Attribuzione dei crediti alle attività formative degli Ordini regionali

 

1. Il CNOG, su proposta dei Consigli regionali, attribuisce i crediti formativi alle singole attività comprese nei programmi tenendo conto dei seguenti elementi:

a) tipologia e modalità di svolgimento;

b) durata effettiva;

c) contenuti ed argomenti trattati;

d) qualifica dei relatori;

e) eventuale collaborazione con altri soggetti rientranti fra quelli rientranti all’art. 7 comme a).

2. L’attribuzione dei crediti formativi è prevalentemente basata sulla durata dell’attività ed orientata all’adoazione del parametro 1 ora = 2 CFP.

3. Tabella (ancora da realizzare)

4. Il CNOG, per la valutazione e l’approvazione dei programmi formativi predisposti dagli Ordini territoriali e per l’attribuzione dei CFP afferenti alle singole attività formative, si avvale del Comitato tecnico-scientifico.

 

Art. 12 – Esenzioni
L’iscritto può essere esentato dallo svolgimento della FPC nei seguenti casi:

a)maternità o congedo parentale, per un anno;

b)servizio militare volontario e civile volontario, malattia grave, infortunio, assenza dall’Italia, che determinino l’interruzione dell’attività professionale per almeno 6 mesi;

c)altri casi di documentato impedimento derivante da causa di forza maggiore.

 

Art. 13 – Entrata in vigore

 

Il presente regolamento entra in vigore a partire dal giorno successivo alla sua approvazione da parte del CNOG e si applica a tutte le attività di formazione svolte a decorrere dal… (da completare con la data).

 

Insomma, rispetto alle anticipazioni che avevo mandato in rete quindici giorni fa circa, nel corso della riunione del Consiglio nazionale, ci si vede un po’ più chiaro nei meccanismi che sovrintendono alla formazione professionali e rimangono alcuni dubbi fondamentali che già segnalavo nel mio post di qualche giorni fa.

Innanzitutto, il nodo delle sanzioni disciplinari: nel regolamento non compare alcuna indicazione sulla sanzione da comminare a chi non si mette in regola con l’obbligo di formazione, il che farebbe presagire che ogni Consiglio regionale si regolerà da sé, con una ragionevole possibilità che si creino disparità tra regione e regione, a seconda della valutazione della gravità del comportamento del collega inadempiente. Oltre a questo, ho il ragionevole sospetto che la sanzione più comune sarà quella dell’avvertimento, al massimo della censura. Davvero una sanzione del genere potrebbe scoraggiare i colleghi ad ignorare la necessità e l’obbligo della formazione permanente? Credo proprio di no. Allora perché, se davvero la formazione permanente viene ritenuta essenziale dal Consiglio nazionale, non si prevede da subito la sanzione della sospensione per gli inadempienti e della radiazione per i recidivi?

Seconda perplessità: i costi. Chi sosterrà le spese per l’organizzazione degli eventi formativi, visto che il regolamento prevede la gratuità degli stessi per i colleghi? Ovviamente, a tirare fuori i denari saranno i Consigli regionali e il Consiglio nazionale. Ma dove si troveranno più soldi per queste necessità, in considerazione del fatto che dal 13 agosto i Consigli avranno maggiori uscite per mantenere i Consigli di disciplina istituiti dalla legge? Visto che dimagrire le spese è uno sport ben poco italiano (“è la legge che lo prevede!”, risponderanno coloro cui io ripeto di snellire, come prima cosa, la composizione del Consiglio nazionale), ritengo ragionevolmente che le risorse verranno trovate aumentando (e di molto) le quote annuali di iscrizione. Con l’immediata reazione dell’aumento delle morosità.

Terza perplessità, che mi è nata leggendo i commenti alla mia anticipazione sulle possibili dimissioni di Ghirra: chi dovrà gestire la formazione? L’Ordine direttamente o qualche soggetto esterno, che verrebbe vigilato dall’Ordine? Non è forse questo lo “scontro” che si sta producendo all’interno del Consiglio nazionale? Chi vuole mettere le mani sui probabili “affari” dietro la formazione permanente per 110 mila giornalisti italiani? Se l’Ordine perdesse anche le competenze sulla formazione, dopo che il decreto di Ferragosto gli ha tolto le competenza sul procedimento disciplinare, a cosa servirebbe più? Solo alla tenuta dell’albo?

La mia posizione è chiara: come negli altri Ordini professionali, è l’Ordine direttamente che deve gestire la formazione, per garantirne qualità, affidabilità e controllo diretto. Ad ognuno la propria funzione e il proprio “mestiere”.

9 commenti

  • Mi prudono le mani, anzi la tastiera, e non so fino a quando potrò resistere a dire la mia su questa pietosa storia della formazione (Albertosi, Burgnich, Facchetti…), ora per fortuna non ho tempo, ma appena ne trovo un po”…
    Ciao, S.

  • Ines

    Antonello Antonelli, scusa l’intromissione. Riguardo invece l’ipotesi di inserimento di un regime transitorio sulle forme di accesso alla professione, mi è stato riferito, mesi fa che sin da Aprile doveva riunirsi il Consiglio Nazionale dell’Ordine per discuterne…al contrario, a parte le prime linee guida rese pubbliche con tempestività, si è continuato a puntare sul discorso formazione permanente fino ad arrivare al totale blocco decisionale. (Era prevedibile il blocco su tale argomento: la categoria già non se la passa bene, e imporre dei corsi di formazioni ha un costo, per non dire che rappresenterebbe un costo andare a sanzionare chi non riesce a lavorare, e che ‘si e no’ riesce a pagarsi l’iscrizione annuale all’Ordine.) Riguardo le norme di accesso, si è trascurato completamente il dare risposte concrete a chi ha iniziato percorsi (con ex legge) da pubblicista, diverso dal praticantato e dalle scuole e master riconosciuti. Si è solo sentito parlare di ‘regime transitorio’, ma in modo trasversale, obliquo e aleatorio. Per me la news vera è che siamo a giugno, e pare ci sia il rischio che il 12 agosto verrà applicata in toto la riforma…ovviamente spero il contrario, ma la sensazione resta quella.

  • GiusyB

    Condivido le tue perplessità e credo che fissare la natura delle sanzioni sia prioritario, poiché lasciarle alla discrezionalità degli ordini regionali, non solo creerebbe una serie di rischi e disparità, ma farebbe perdere efficacia alle norme stesse. Secondo me, avvertimenti e censure sono sanzioni inefficaci perché la loro applicazione non comporta alcun beneficio finale e generale:

    1)sul piano della diffusione, tra i giornalisti, della “cultura della responsabilità”, l’unico effetto che producono è una dilazione dei tempi per assolvere agli obblighi (e sono convinta che molti di noi riuscirebbero a trovare mille giustificazioni pur di non frequentare i corsi);

    2) Sul piano economico, non portano alcun beneficio per le casse dell’ordine;

    3) sotto il profilo “morale” o comportamentale non hanno alcun effetto “risarcitorio” nei confronti dei colleghi che invece saranno virtuosi, né a breve né a lungo termine: chi non si aggiorna, infatti, procura un “danno” all’intera categoria giornalistica. Questo danno, non solo rischia di abbattersi sul profilo generale della qualità formativa ed informativa, ma di disincentivare i colleghi “virtuosi: una volta constatata l’inefficacia delle sanzioni che avranno colpito gli inadempienti.
    Insomma: poiché le nostre necessità sono quelle di professionalizzare la categoria e di trovare risorse per poterlo fare, perché non pensare a delle contravvenzioni di natura economica?
    La questione dei costi però è spinosa e secondo me coincide anche con un vizio di uniformità che scorgo sia sul piano della produzione formativa, sia sulla capacità economica dei diversi ordini regionali che il CNOG chiama ad assolvere agli ordini, perché la struttura di questa regolamentazione è rigida (nel senso di poco elastica, maneggevole) e allo stesso tempo lascia aperti alcuni spazi di discrezionalità destinati a creare dei guasti, piuttosto che a favorire l’autonomia nelle decisioni:
    1)Cosa accadrebbe nel caso in cui un ordine regionale si vedesse bocciare più proposte formative nell’arco del triennio?

    2)Chi rimborserà le spese sostenute da quei giornalisti che, obbligati comunque a completare il proprio iter formativo, potrebbero doversi spostare in altre regioni (so che questo è un caso limite ma sarebbe giusto tenerlo in considerazione)?

    3)Come si pensa di rimediare alla diverse capacità di spesa degli ordini regionali, sapendo che ce ne sono di più ricchi (quelli col maggior numero d’iscritti) e di più poveri? E se i secondi, per poter far fronte alle spese per l’organizzazione dei corsi, dovessero ritrovarsi indebitati?

    Mi rendo conto che i miei dubbi riguardano chiaramente l’attuazione materiale del regolamento, ma per il momento, almeno sul piano formale, in questo testo non riesco a leggere nulla che possa rispondere alle mie preoccupazioni riguardanti i rischi (che sono economici, come ho sottolineato) e l’efficacia delle sanzioni.
    Considerando che sia la gestione sia la certificazione della qualità della formazione debba appartenere all’ordine, comunque, la questione della reperibilità delle risorse, come quella del risparmio (poiché non credo che la doverosa riduzione dei consiglieri basti da sola a ridurre gli eventuali sprechi), resta aperta…
    Certamente dovremo attendere gli sviluppi della situazione per vederci più chiaro….

    • GiusyB

      uhmmmm… io, anche se non ho tempo, scrivo lo stesso e poi sbaglio l’ortografia: sulla questione spinosa infatti intendevo scrivere: “…sulla capacità economica dei diversi ordini che il CNOG chiama ad assolvere agli obblighi…”

      …domani sapremo…

  • GiusyB

    …un’ulteriore domanda ed anche uno sfogo liberatorio, poiché ho parlato di sanzioni economiche: chi garantirà i diritti di quel giornalista che non sarà riuscito a completare l’acquisizione dei 60 crediti, secondo questa distribuzione (assurda, troppo rigida e contorta, mi ripeto), oppure a causa delle inadempienze e delle eventuali difficoltà tecniche ed economiche che un ordine regionale potrebbe incontrare nell’organizzazione dei corsi?

    Poiché i giornalisti vengono obbligati a far qualcosa, essi dovrebbero essere anche garantiti e messi nelle condizioni di poter assolvere ai propri doveri, secondo quanto prevede l’art 3 della Costituzione (prima ancora che la legge 63/69). Non ci si può aspettare infatti che il singolo paghi per le colpe organizzative dell’intero sistema, nella stessa maniera in cui il giornalista, oggi, di fatto, si vede negato il diritto di accesso alla professione (al praticantato come alle altre forme di contratto), perché subisce una discriminazione forte. Quando non è in grado di pagarsi i master e le “scuole di alta qualità” – perché la legge istitutiva dell’Ordine non ha mai provveduto a rimuovere gli ostacoli di natura socio-economica che il giornalista e l’aspirante incontrano sulla loro strada – o quando non riesce ad occuparsi – e non è mica colpa del giornalista se gli editori non assumono più oppure lo fanno secondo quei meccanismi “particolari” noti a noi tutti. Una modifica della legge istitutiva sarebbe stata necessaria ed è urgentissima! Perché, a causa della combinazione di diversi fattori, questra nuova riforma rischia di strozzarci e di garantire soltanto i giornalisti che sno già garantiti. I “contrattualizzati”, infatti, non hanno gli stessi problemi economici dei precari, dei sotto-occupati, dei giornalisti disoccupati. Ciò che mi angoscia di questa riforma, in realtà, è il meccanismo espulsivo che ha immaginato, celandolo dietro la necessità di riorganizzare e riqualificare la categoria. Ciò che di devastante non produrrà questa riforma così caotica, lo faranno le misure relative all’equo compenso. “Ci vogliono buttare fuori dalla categoria dei giornalisti”: è il pensiero costante dei pubblicisti senza contratto, quelli che, a dispetto di quanto prevede una legge ormai stantia e fuori dalla realtà, svolgono la professione in maniera esclusiva, quindi non avranno alternative se non quella di smettere di essere un giornalista! E dopo i doveri: a quando gli “ammortizzatori sociali”? Non bisogna poi meravigliarsi se molti di noi confondono ancora la legge del ’63 con quei vecchi provvedimenti – classisti – del regime fascista…
    (basta, non voglio occupare ulteriore spazio con questo “parlare di pancia”)

  • Pingback: Alta fedeltà » I giornalisti hanno i debiti, ma gli chiedono i crediti.

  • marco

    riprendo quel che scrive Ines

    cosa ci dite a proposito del “regime transitorio” di cui se non erro Iacopino stesso aveva parlato qualche mese or sono riguardo a chi stava facendo il percorso per divenire pubblicista?

    Grazie, Marco

    • Siamo in attesa che il Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti approvi questa normativa transitoria, che è stata già annunciata. Speriamo nella riunione di giugno. Vi terrò ovviamente informati.

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