Equo compenso: in Senato spuntano gli emendamenti?

Sapevo bene che la prudenza non è mai troppa, ma sinceramente quando scrivevo qualche giorno fa rallegrandomi per la scelta delle “sede deliberante” anche in Commissione al Senato per il disegno di legge sull’equo compenso giornalistico, avevo inserito la mia solita frase “il lavoro non è ancora giunto al termine, attendiamo l’approvazione definitiva” più per un fatto scaramantico che per reale convinzione: pensavo sinceramente che con un testo bipartisan, adottato all’unanimità alla Camera dei Deputati, poi passato al Senato con l’impegno (subito rispettato dal presidente Schifani) di accelerare i tempi, era solo questione formale l’approvazione in via definitiva.

Invece… non è proprio così.

A turbare i sogni di chi, come me, aveva già dato per acquisito il testo uscito dalla Camera dei Deputati, un articolato breve ed efficace che inequivocabilmente legava la concessione dei contributi pubblici alla erogazione di un equo compenso a giornalisti non contrattualizzati (freelance, collaboratori, autonomi in genere), è giunta una dichiarazione del viceministro al Welfare Michael Martone (quello, per intenderci, dei “ventottenni sfigati se non laureati”) all’Ansa:

 

GIORNALISTI:MARTONE,DA GOVERNO MODIFICHE A DDL EQUO COMPENSO TESTO ALL’ESAME COMMISSIONE SENATO MA DUBBI DA PDL-PD-TERZO POLO (ANSA) – ROMA, 18 APR – «Il governo presenterà emendamenti» al provvedimento sull’equo compenso per i giornalisti precari all’esame della commissione Lavoro del Senato e già approvato dalla Camera. Lo «anticipa» il viceministro al Welfare Michel Martone secondo quanto si legge nei bollettini parlamentari. La necessità di «approfondimenti» in vista di possibili modifiche viene d’altro canto espressa anche dal Pdl, dal Pd e dal Terzo Polo. «Un esame ponderato del testo – afferma il senatore del Pdl Maurizio Castro – consentirà di emendare le imperfezioni tecniche e di prevedere forme di attuazione progressiva delle nuove norme, in un tessuto imprenditoriale caratterizzato non solo da grandi gruppi, ma anche da piccoli editori locali e da imprese strutturalmente più fragili». E proprio pensando a questi soggetti l’esponente del Terzo Polo Franco Bruno «suggerisce di integrare l’elenco dei soggetti già ascoltati nel corso dell’indagine conoscitiva con l’audizione di rappresentanti dei piccoli editori di giornali». (ANSA). SCA 18-APR-12 16:14 NNN

 

La dichiarazione è stata battuta appena un’ora fa e già suscita perplessità. Per me che ho vissuto cinque anni nelle aule di Montecitorio e Palazzo Madama da assistente parlamentare, l’espressione “necessità di approfondimenti” fa subito scattare la consapevolezza che c’è qualche contrasto a livello lobbystico che è riuscito a “sfondare” e a rallentare, quanto meno, l’iter legislativo. La stessa sinistra sensazione arriva al mio orecchio sentendo parlare un deputato di “imperfezioni tecniche”.

Poi, scoprire che la motivazione degli approfondimenti è quanto di più squisitamente imprenditoriale (il richiamo a quelle realtà denominate “imprese strutturalmente più fragili”) non depone a favore del clima che si sta creando.

Il deputato terzopolista addirittura parla di una nuova girandola di audizioni in Commissione, utili sicuramente a far slittare di alcune settimane la discussione di merito.

Insomma, ci vorrà più tempo: senza contare che anche se il Senato modificasse una sola, semplice, virgola del testo uscito dalla Camera dei Deputati, e già frutto di grande studio e di grande confronto bipartisan, occorrerebbe ripassare per Montecitorio, allungando ancora di più i tempi di approvazione.

Chi si ricorda l’appoggio incondizionato del Governo al ddl espresso addirittura dall’allora sottosegretario all’Editoria, Carlo Malinconico, appena assunto all’Esecutivo dopo la presidenza della Fieg? Pensavamo che dopo quell’atto, tutto fosse più semplice. Oggi, invece, lo stesso governo, per bocca però di un viceministro (che non si occupa di Editoria, ma di Lavoro e Previdenza Sociale, orrendamente inglesizzato in Welfare), si rimangia quell’appoggio dato appena qualche mese fa.

Che succederà? L’equo compenso è destinato ad arenarsi nelle secche parlamentari? Chi vivrà, vedrà. Ma, ancor di più adesso, è sempre valida e attuale la frase di Giulio Andreotti: “A pensar male si fa peccato, ma spesse volte ci s’azzecca”.

Vorrà dire che nel fine settimana passerò dal mio padre spirituale a confessarmi anche questo cattivo pensiero.

2 commenti

  • Caro Antonello,
    come sai vengo spesso bollato come un “pessimista costruttivo”, definizione che non respingo ma che preferisco sostituire con quella di “Cassandra dei poveri”.
    Certamentre non ti saranno sfuggirte le mie cautele e i miei richiami alla prudenza all’indomani (vedi qui: http://blog.stefanotesi.it/?p=1460) deller troppo euforiche reazioni al passaggio del ddl al Senato. E infatti…
    Il disegno è sottile e moltio più maligno di quanto non si voglia far apparire.
    La tecnica è quella dell’asfissia: nessuno si dirà apertamente contro l’equo compenso, nè lo ostacolerà in modo esplicito. Molto più semplicemente, la si tirerà talmente in lungo, magari con la complicità dei calcoli sullo scioglimento delle camere, in modo che, nella remota ipotesi che la legge vada in porto, se ne siano nel frattempo estinti i teorici beneficiari. Cioè noi.
    Nihil sub sole novi, basta non abboccare…

    • Antonello Antonelli

      Verissimo, caro Stefano… io sono stato uno degli euforici, ma sempre – concedimelo – con quella punta di sano realismo che mi faceva richiamare al motto contadino “vedere prima di pagare”! Qui non si tratta di fare le Cassandre, ma di essere con i piedi per terra… quanto alla tua previsione, la mia esperienza di assistente parlamentare al Senato mi convince che si è di fronte proprio ad una manovra dilatoria!

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