Pubblicisti e riforma dell’Ordine dei Giornalisti: le precisazioni del presidente Enzo Iacopino

Due giorni roventi, non c’è che dire, nella blogosfera dei giornalisti: l’allarmismo venutosi a creare per interpretazioni alquanto fantasiose di norme note già dal 13 agosto scorso, ha fatto rapidamente il giro della Penisola (ed anche fuori di essa, a giudicare dai commenti giunti da diverse parti d’Europa) e l’irrazionalità, componente direi indissolubile al genio tutto italico, ha preso il sopravvento.

Nel mio piccolo, ho tentato di fare chiarezza nel post di ieri,  ma molto meglio di me ha fatto poco fa il presidente dell’Ordine dei Giornalisti, Enzo Iacopino, che ha pubblicato un lungo intervento nel sito aperto dall’Ordine e dedicato al precariato (una nuova iniziativa apprezzatissima presa appena prima di Firenze).

Ne riporto la parte centrale, quella relativa alle spiegazioni tecniche e pratiche della riforma che si andrà a realizzare nei prossimi mesi:

 

Veniamo alle notizie, non alle illazioni o alle chiacchiere:

  • Il 13 agosto 2010, l’allora ministro Giulio Tremonti presenta un decreto nel quale si legge: “Gli ordinamenti professionali dovranno essere riformati entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto per recepire i seguenti principi: ….”.
  • Il successivo maxiemendamento, confluito nella legge n.183/2011,  prevede che la riforma degli Ordini non avvenga più con legge, ma con “decreto del Presidente della Repubblica emanato ai sensi …..”.Resta ferma la data del 13 agosto 2012.
  • Il governo Monti modifica ulteriormente la norma, aggiungendo il seguente periodo “e, in ogni caso, dalla data del 13 agosto 2012”. In sostanza, varato o no il decreto, le normative vigenti sarebbero state abrogate da quella data.
  • La Camera (e il Senato conferma) modifica tale norma, inserendo all’articolo 33 un comma 5 bis. Questo:“Le norme vigenti sugli ordinamenti professionali in contrasto con i principi di cui al comma 5, lettere da a) a g), sono abrogate con effetto dalla data di entrata in vigore del regolamento governativo di cui al comma 5 e, in ogni caso, dalla data del 13 agosto 2012”.

Che cosa dicono, in sintesi, le lettere da a) a g) dell’articolo 33 comma 5:

a) L’accesso alle professioni è libero, ci deve essere autonomia e indipendenza di giudizio, non ci può essere numero chiuso o limitazione territoriale per l’attività (tranne eccezioni);
IL NOSTRO ORDINE SI FONDA SU QUESTI PRINCIPI

b) Prevede l’obbligo della formazione continua, con conseguenti sanzioni disciplinari a chi si sottrae;
IL NOSTRO ORDINE E’ GIA’ SU QUESTA STRADA, SIA PER I PROFESSIONISTI CHE PER I PUBBLICISTI. SONO STATI PREPARATI VOLUMI ED E’ IN AVANZATO STADIO LO STUDIO DI UNA FONDAZIONE CHE SI OCCUPERA’ PROPRIO DI QUESTO

c) è necessario fare un tirocinio (al “tirocinante dovrà essere corrisposto un equo compenso di natura indennitaria”). Il tirocinio non può essere più lungo di 18 mesi;
A parte la terminologia che fa emergere che i giornalisti sono finiti per caso in un provvedimento che riguarda professioni che esercitano attività economica, IL NOSTRO ORDINE PREVEDE CHE IL TIROCINIO (noi lo chiamiamo praticantato) DURI 18 MESI.

C’è, quindi, la necessità di una integrazione sui tempi di formazione per gli aspiranti pubblicisti;

d) parla del compenso spettante al professionista che deve essere pattuito per iscritto, in base alla complessità dell’incarico;

e) prevede l’obbligo di una assicurazione “a tutela del cliente”;

IL NOSTRO ORDINE HA ESPLORATO, DUE ANNI FA, LA POSSIBILITA’ DI FARE UNA CONVENZIONE CON UNA ASSICURAZIONE: è estremamente costosa, ma resta da capire se davvero possa estendersi questo obbligo ai giornalisti.

CHI SAREBBE IL CLIENTE? La ratio della norma è evidente: un commercialista che sbaglia una maxi dichiarazione, un ingegnere, un dentista….

f) prevede che le funzioni disciplinari vengano, a livello territoriale o nazionale, esercitate da organi diversi rispetto a quelli che hanno funzioni amministrative;

PER QUEL CHE RIGUARDA NOI, SIGNIFICA CHE – AD ESEMPIO – ACCANTO AL CONSIGLIO REGIONALE DEL LAZIO DOVRA’ ESSERCI UN NUOVO ORGANISMO E COSI’ ACCANTO AL CONSIGLIO NAZIONALE: c’erano già in Parlamento proposte, elaborate dall’Odg, tese a snellire l’iter dei procedimenti disciplinari. Occorrerà capire chi farà parte di questi organismi.

g) rende pienamente libera la pubblicità informativa sulle qualità e i titoli professionali.

Ora che sappiamo di che cosa stiamo parlando, veniamo alle risposte a quei quesiti iniziali:

  1. E’ escluso che l’Ordine venga sciolto, il 31.12.2011 o il 13.08.2012. Non c’è nulla nelle norme da a) a g)che lo preveda. Anzi, c’è sostanzialmente confermato che restano in vigore, in assenza del DPR, le normative vigenti ad eccezione di quelle in contrasto con quanto previsto dalle lettere a), b), c), d), e), f), g) del citato articolo 33 comma 5.
  2. (vale anche come risposta quanto scritto sopra)
  3. Perché verrebbe denunciato chi scriverà più di 10 articoli? E perché 10 e non 8? O non 12: si può negare, oltre che il diritto ad una mela al giorno, anche il diritto ad un articolo al mese? Penso di no. Non solo perché c’è la Costituzione della Repubblica, ma soprattutto perché non c’è nulla nelle norme vigenti, ripeto nelle norme non nelle illazioni, che giustifichi una affermazione simile.
  4. Chiarimento complessivo che vale anche per i punti 5 e 6:

La legge in vigore prevede l’abrogazione delle norme esistenti solo nelle parti che sono in conflitto con le lettere da a) a g) dell’articolo 33 comma 5. Il legislatore non ha scritto, ad esempio, che vengono abrogate le norme che siano in contrasto con quanto previsto dall’articolo 33 comma 5 fino alla lettera g) compresa. Ma solo con quanto dettato dalle lettere da a) a g).

Il primo capoverso del comma 5, dunque, non è richiamato: era questo che faceva riferimento all’esame di Stato ed è questo che aveva indotto i colleghi pubblicisti ad una ribellione sacrosanta, che ho cercato di rappresentare al presidente Monti, pubblicamente nel corso della conferenza stampa e, sia pur brevemente, in privato.

Sia chiaro, non so come finirà. So che non accetterò la mortificazione di questa professione con la penalizzazione dei colleghi pubblicisti.

So, per quel po’ di cultura giuridica che ho e di informazioni che ho assunto, che nessuno può richiamare legittimamente quel primo capoverso del comma 5 dell’articolo 33.

IL LEGISLATORE NON LO HA FATTO (non so se per distrazione, come qualcuno potrebbe ipotizzare, o per una sensibilità della quale sento il bisogno di dare merito ai due relatori delle commissioni Bilancio e Lavoro della Camera dei Deputati).

SO CHE L’ALLARMISMO CHE CIRCOLA IN QUESTE ORE NON SI FONDA SULLE NORME, MA SU CATTIVE O PARZIALI INFORMAZIONI.

Spero, con questa nota (diramata con un ritardo per il quale mi scuso, avendo come attenuante l’impegno di ieri con il presidente Monti) di aver dato un contributo ad un recupero di serenità.

Fermo restando il dovere, di tutti noi, di seguire senza distrazioni questa questione (magari una pausa per farci gli auguri di buon anno, che rivolgo a tutti quanti leggeranno questa lunghissima nota, ce la possiamo permettere)

Enzo Iacopino

 

Un intervento lungo ma preciso, che spero possa tranquillizzare un po’ gli animi e che corregge anche alcune delle mie previsioni (che spero vivamente che siano smentite). Certo, il presidente Iacopino lo dice chiaramente, non possiamo sapere ancora come andrà a finire precisamente ma sappiamo (ed io non ne avevo dubbi) che l’Ordine dei Giornalisti ha una linea precisa di tutela dei colleghi pubblicisti.

Ripeto per l’ennesima volta che tutta questa storia ha riproposto in maniera evidentissima la necessità di mettere mano ad una riforma complessiva dell’accesso alla professione giornalistica, che – a mio modesto parere – deve andare sempre più verso una progressiva professionalizzazione, che significherà anche maggiore qualificazione, maggiore formazione, maggiore preparazione. A cui dovrà necessariamente seguire maggiore rigore nel sanzionare le violazioni disciplinari che spesso vengono commesse per ignoranza o peggio per poco o nullo timore delle conseguenze.

Ringrazio il sempre disponibile presidente Iacopino, al quale rivolgo i miei ennesimi complimenti per l’intervento introduttivo tenuto ieri mattina alla conferenza stampa di fine anno, nel corso del quale ha ricordato la condizione di precarietà della maggioranza assoluta dei giornalisti e ha citato la Carta di Firenze, che tutti noi abbiamo contribuito ad elaborare.

Peccato però di quel dono della tessera professionale al presidente del Consiglio, Mario Monti: capisco la forza simbolica di un tale “presente”, ma per molti il gesto è stato sentito come offensivo nei confronti di molti colleghi ed aspiranti tali che una legge più che obsoleta rende quasi impossibilitati ad accedere all’esame professionale, nonostante il giornalismo sia l’unica loro fonte di reddito. Ma anche questa deve essere materia di riforma legislativa, che – ahinoi – non è di competenza ordinistica.

Ultima stoccata polemica, inevitabile, per il sindacato: un suo intervento è ancora “non pervenuto”. Nella home page del sito Fnsi spiccano ben due comunicati consecutivi per la situazione che vivono i colleghi di “Liberazione”, ma nulla su questo problema. Chissà, forse i sindacalisti sono già in vacanza…

4 commenti

  • quindi, se ho ben capito, la situazione attuale è incostituzionale e rimarrebbe inalterata? mi riferisco al fatto che l’iscrizione all’albo dei pubblicisti (albo che è parte dell’ordine) non passa per un esame di stato

    se ho ben capito: l’articolo 33 della Costituzione prevede l’esame di stato per le professioni regolamentate; la legge 138 ribadisce la necessità dell’esame di stato nella prima parte del comma 5 dell’articolo 3; la legge che regola l’iscrizione all’albo dei pubblicisti non è in contrasto con le lettere da a) a g) del suddetto comma e quindi non verrà abrogata; ma ciò non toglie che sia (in parte o in toto) in contrasto con l’articolo 33 della Costituzione e che quindi i pubblicisti rischino comunque da un momento all’altro di essere spazzati via… o no?

    grazie

  • Laura Belli

    Roberto Natale, presidente FNSI, ha lasciato dichiarazioni a Repubblica sulle posizioni del sindacato. Ecco il link all’articolo:
    http://www.repubblica.it/politica/2011/12/31/news/riforma_ordini_professionali-27420576/index.html?ref=search

  • Selezione pubblica per gli addetti stampa

    A mio avviso la peculiarità principale dell’ordine dovrebbe essere quella di migliorare il servizio. Oggi sono i comuni a scegliere la modalità di selezione per addetto stampa. Grazie a questa normativa, in molti comuni gli addetti stampa vengono nominati di persona dal sindaco. In molti comuni l’addetto stampa, malgrado venga pagato con soldi pubblici, ricopre, con la legge in vigore, di fatto un incarico politico e non, come invece dovrebbe essere, un incarico professionale. A mio avviso l’ordine dovrebbe battersi affinché tale normativa cambi, istituendo per legge in tutto il territorio italiano una selezione per addetti stampa pubblica e per titoli.
    A tal proposito io mi faccio promotore di quest’iniziativa che spesso possa essere accolta dal maggior numero dei colleghi e spero soprattutto possa essere proposta all’ODG.

    • Antonello Antonelli

      Il problema che lei pone è innanzitutto di tipo nominale: la legge 150/2000 che consente (purtroppo non obbliga) agli enti pubblici di creare uffici stampa distingue la figura dell’addetto stampa, che dovrebbe essere organica all’ente e non legata alle maggioranze che via via si formano, e del portavoce, legittimamente indicato dall’organismo di vertice e pagato con soldi pubblici. In realtà sarebbe quest’ultima la denominazione di legge esatta per questi colleghi che si arrogano il diritto di chiamarsi “addetto stampa dell’ente”.
      Il problema degli addetti stampa propriamente detti è squisitamente sindacale: siccome la loro retribuzione, il loro contratto e la loro rappresentatività sindacale dovrebbe essere quella dei giornalisti (FNSI), i sindacati del pubblico impiego, per mantenere il controllo assoluto sul settore, sono 12 anni che impediscono l’avvio di una trattativa per questi temi essenziali. Pertanto, le amministrazioni sono costrette ad avvalersi di portavoce, in attesa dei tempi biblici della trattativa sindacale. Su questo tema non può vigilare l’Ordine, ma tocca al sindacato (FNSI) farsene carico.

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