L’informazione informa, non cavalca l’indignazione popolare: il caso delle “raccomandazioni” Ikea

“L’informazione informa”: una tautologia, anche abbastanza sciocca, oltre che scontata, che spesso però non viene ben compresa né dai cittadini né dagli esponenti politici di ogni risma. Così capita che “non-notizie”, o comunque fatti non verificabili e quindi a rigore “non notiziabili”, facciano più rumore delle notizie vere e l’indignazione popolare per essi sia così forte da costituire essa stessa una notizia. Ma i giornalisti accertano con diligenza i fatti, costruiscono su riscontri oggettivi le notizie e non possono andare appresso alla vox populi, se non diventando essi stessi “populisti”, che è l’accusa che ultimamente va molto di moda verso tutto e verso tutti.

L’occasione di scansare l’ultima “vox populi” mi è arrivata oggi, attraverso la marea montante di indignazione, partita e generatasi sul web, relativa ad una storia che sarebbe davvero succulenta e curiosa, se fosse verificabile e non solo verosimile.

L’avanguardia mi era giunta questa mattina, quando mi sono trovato un appunto sulla scrivania dell’ufficio stampa del Comune di San Giovanni Teatino, che mi avvisava che un collega de “la Repubblica” avrebbe voluto parlare con il sindaco. Incuriosito dalla strana richiesta per una cittadina di 13 mila abitanti, seppure importante, ho richiamato il collega ed ho capito che la questione che scomodava il secondo quotidiano italiano riguardava – manco a dirlo – l’Ikea, il cui punto vendita verrà aperto sul territorio a fine luglio. Già la valanga di domande arrivate all’ufficio personale (oltre 30 mila) per i 220 posti disponibili aveva creato quasi due mesi fa un “caso” nazionale, di cui mi dovetti occupare anch’io per “Il Tempo”.

Cosa sarebbe successo? Pare che ci sia in giro una lettera della direzione di Ikea Italia che pregava un politico locale di non continuare con le “pressioni” per raccomandare alcune persone in vista dei colloqui di selezione dell’azienda svedese. Circostanza gustosa, ma dubito che un documento del genere sia davvero circolato. A breve giro di lancette mi chiama ovviamente anche la mia redazione per affidarmi la “patata bollente”, per il regionale, visto che per il nazionale si procedeva in maniera autonoma.

La questione era delicata, tanto più che erano iniziate a circolare già le voci su un possibile identikit dell’esponente politico chiamato in causa (addirittura qualcuno si spingeva oltre facendo il nome stesso del presunto responsabile). Mi sono voluto accertare – come è necessario – dell’origine di questa voce, che già impazzava sul web, attraverso Facebook e Twitter: la genesi di tutta la vicenda era rintracciabile sulla stessa rete, attraverso un esponente politico locale.

Si parte con le verifiche: Ikea Italia risponde evasivamente, il “generatore” della notizia invoca la riservatezza sulla fonte; in sostanza, non c’è uno straccio di prova su questa storia, solo l’indignazione popolare che intanto montava (e monta ancora).

Nonostante tutto, il pezzo s’ha da scrivere: così si sentenzia da parte del giornale. Come si scrive quella che secondo me è una non-notizia?

C’ho provato e domani uscirà così:

 

Antonello Antonelli

CHIETI «Ikea manda lettere a politici abruzzesi per intimarli di smettere con le raccomandazioni. La spintarella soffoca il merito. Ben fatto Ikea!»: sono bastati questi 140 caratteri inviati su Twitter (e poi condivisi su Facebook) da Giampiero Riccardo, segretario regionale dei giovani dell’Idv, a mettere sottosopra la rete e la politica locale, provocando un sussulto di indignazione un po’ generalizzato. I fatti, sebbene sia stato difficile ricostruirli, disseminati sulla rete tra tweet e commenti Facebook, sarebbero questi: la direzione italiana di Ikea avrebbe inviato ad un esponente politico locale una lettera per chiedere, con garbo ed educazione, di non insistere più con le raccomandazioni in favore di alcuni degli oltre 30 mila aspiranti ad uno dei 220 posti di lavoro banditi dalla società svedese per il punto vendita di San Giovanni Teatino, che dovrebbe essere aperto a fine luglio. Chi sia questo esponente e dove abbia letto questa lettera, Giampiero Riccardo non lo dice, anzi su Facebook scrive chiaramente «Difficilmente dico o scrivo cose di dubbia provenienza. In questo specifico caso non posso citare la mia fonte e il politico interessato», per poi aggiungere «Questo mio tweet ha fatto il giro d’Italia. Che peccato non poter svelare i nomi. Confido nell’istinto dei giornalisti». Sarebbe la classica «non notizia», vista la mancanza assoluta di possibilità di reperire una benché minima prova della missiva e quindi del suo contenuto, ma l’indignazione sul web cresce e con essa la moltiplicazione della segnalazione, che fa presto a fare il giro delle redazioni. Inutile chiedere lumi ad Ikea Italia: «Capita quasi regolarmente – ci ha spiegato Valerio Di Bussolo, responsabile delle relazioni esterne del ramo italiano della società svedese, in una cortese e-mail di risposta alle nostre domande – che prima dell’apertura di un nuovo punto vendita, Ikea riceva segnalazioni o richieste di informazioni sull’andamento dei percorsi di selezione di specifici candidati. E questo è successo anche in occasione del cantiere di San Giovanni Teatino. Ikea ovviamente non rilascia informazioni in merito a terzi, e ragioni di privacy ci portano a comunicare solo ai diretti interessati il risultato delle selezioni, operate sempre sulla base di criteri professionali attinenti alla competenza, alla motivazione e all’esperienza dei candidati. Questa è e sarà sempre l’unica informazione che diamo e daremo a chi ci chiederà informazioni o segnalerà nominativi». Insomma, quella della raccomandazione è un vizio italico che la classe politica nostrana non perde neppure di fronte al rigore svedese, che probabilmente avrà perso un po’ del suo aplomb di fronte ad una insistenza più tenace, fino al punto da invitare l’esponente di turno a non insistere maggiormente: un quadro possibile, verosimile, certo ideale per stuzzicare l’indignazione popolare in un momento in cui la «fame» di lavoro è davvero forte; tuttavia, la notizia, se c’è, rimane confinata ancora nell’alveo di un tweet.

 

A questo punto, il mio primo caposervizio nel lontano 1993 mi avrebbe detto, con la sua bonaria ironia: “dov’è la notizia?”.

In effetti, essa non c’è, o comunque non è verificabile, ma ha fatto rumore lo stesso e quindi la notizia è diventata il rumore che fa una non-notizia. Pazzesco!

Quel che mi fa rimanere alquanto perplesso è il richiamo all’istinto dei giornalisti, quasi che il nostro mestiere non si nutrisse di oggettive verifiche e di minuziosi riscontri, ma si basasse su un presunto intuito, che comunque è necessario, ma da solo non basta. Non può bastare. A meno di trasformare il giornalismo in chiacchiericcio da bar.

Non è possibile trasformare una segnalazione, anche verosimile per carità, in una notizia se non si hanno riscontri oggettivi: questa è la deontologia, questo è il mestiere, questa è la professionalità!

Quanto bisogno c’è di formazione continua, così come prescritto dalla riforma che entrerà in vigore il prossimo 13 agosto… Ma anche essa da sola non basta, occorrono giornalisti consapevoli di ciò che una professione così delicata comporta!

 

3 commenti

  • Sono pienamente d’accordo! Non sono ancora un giornalista, ma è evidente che il “mercato delle notizie”, soprattutto dopo il boom del web e della necessità spasmodica di click, nonchè di pubblicità sui cartacei, è degenerato in maniera incontrollabile.

  • Un giornalista deve sempre verificare le fonti, e specie in casi come questi la ricerca è quanto mai complessa. Il tuo articolo è probabilmente la via più giusta, cammina abbastanza per far proseguire il lettore o l’interessato verso un’indagine più certa dei fatti. E’ già un bene che si parli di raccomandazioni, e che si inizino ad affrontare de visu, argomenti finora mai sfiorati soprattutto in una regione come la nostra!

  • Alessandro

    Bravo Antonello!

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