Il caso delle ostie allucinogene: uno scherzo che ha smascherato i vizi del giornalismo nostrano

“Non esistono fonti privilegiate: il giornalista controlla sempre tutto, ogni notizia, neppure il comunicato della Presidenza della Repubblica o la velina dei Carabinieri deve essere presa per vangelo”: questo è stato il refrain che ha caratterizzato, quattro anni fa, il corso di preparazione all’esame professionale organizzato con grande serietà e competenza dal mio Ordine regionale. Ed è anche la mia esortazione continua quando incontro gli aspiranti giornalisti, specie nelle mie lezioni al corso di Giornalismo Culturale.

Quella della verifica delle fonti è, del resto, il senso stesso dell’esistenza della figura professionale del giornalista, cioè di un professionista che si faccia carico di controllare la veridicità dei fatti e le proponga, con la sua autorevole mediazione, al pubblico. Altrimenti, tanto varrebbe lasciare l’informazione al flusso indifferenziato delle segnalazioni che copiose esistono sul web.Questo è anche, a mio parere, il senso dell’esistenza dell’Ordine dei Giornalisti che tutela la correttezza dell’operato dei colleghi, la verifica e sanziona gli abusi.

Purtroppo, con la diffusione sempre più intensa di internet, la riduzione drastica degli organici dei giornali, la precarizzazione dei giornalisti, la diminuzione indegna dei compensi hanno generato (anche se – attenzione – queste non sono attenuanti o giustificazioni, ma solo tentativi di spiegazione di un fenomeno comunque inaccettabile) una minore attenzione alle fonti e una sciagurata equazione: “è apparso in Internet” = “la notizia è vera” (ben diversa l’espressione proverbiale degli anni Sessanta: “l’ha detto la televisione”, ma lì c’era tutt’altra tempra di giornalisti!).

Non mi stupisco, dunque, di come la considerazione dei cittadini italiani nei confronti della nostra categoria sia in caduta libera da oltre un decennio.

A dimostrare la sempre minore attenzione a questo aspetto essenziale della professione giornalistica, anche di colleghi blasonati di testate nazionali autorevoli, che hanno i mezzi tecnologici, culturali, ma soprattutto economici (oltre a stipendi non indifferenti), è intervenuto negli ultimi giorni uno scherzo davvero ben congegnato (degno di un pesce d’aprile) dei colleghi di Abruzzo 24 Ore tv, testata di informazione on line.

L’altroieri si diffonde per il web, attraverso quel mostro moltiplicatore di segnalazioni che è Facebook, la notizia che in una chiesa di Campobasso sono state distribuite a messa ostie erroneamente confezionate con farina allucinogena, che avrebbero determinato conseguenze a dir poco comiche: vecchiette colte da estasi e visioni mistiche, inseguimento del parroco da parte di esaltati che lo identificavano con il diavolo. A conclusione, parroco barricato in sacrestia, telefonata ai Carabinieri, intervento del 118.

Una storia ben raccontata sul sito di Abruzzo 24 Ore tv, presto andato in tilt per i contatti ricevuti, autorevole nella scrittura e nella fattura. Se ci si aggiunge il desiderio, sempre maggiore e sempre più morboso, di mettere in ridicolo la Chiesa Cattolica, il successo è stato clamoroso!

Personalmente, da profondo conoscitore delle cose ecclesiastiche, avevo subodorato immediatamente la “bufala”, perché conosco bene come e dove vengono confezionate le ostie da messa e quali siano le rigide procedure che vengono adottate.

Ma anche un giornalista di “primo pelo” come minimo sarebbe andato a vedere sul sito dell’Arcidiocesi di Campobasso-Bojano se il nome della parrocchia citata e del parroco corrispondessero, poi avrebbe telefonato in canonica per sapere la versione dei fatti del sacerdote “intrappolato” in sacrestia, infine, in un eccesso di zelo, avrebbe pure telefonato alla curia diocesana per avere il commento del vescovo, o almeno dell’ufficio delle Comunicazioni Sociali (la denominazione dell’ufficio stampa all’interno della Chiesa cattolica).

Hanno fatto tutto questo gli autorevoli colleghi de “Il Mattino”, “Libero”, “Sole 24 Ore” e “Il Gazzettino”? No, tant’è che nelle home page dei siti relativi e poi nelle edizioni cartacee, la notizia è stata riportata pari pari come si trovava su Abruzzo 24 Ore tv (in alcuni casi senza neppure citare la testata che aveva realizzato lo scoop).

Per questo è dovuta intervenire direttamente la curia dell’arcidiocesi per smentire la notizia ed evidenziare una cosa semplicissima da trovare: nella città di Campobasso non esisteva né una parrocchia con il nome indicato nel pezzo né un parroco con quel nome.

Personalmente, su Facebook ho subito fatto notare la mancanza di approfondimento che si è generata e ho criticato la leggerezza dei giornalisti che hanno ripreso la notizia senza verificarla.

Infine, stamattina, il direttore di Abruzzo 24 Ore Tv, il collega Luca Di Giacomantonio, ha svelato l’arcano, in un lungo e meditato pezzo che merita di essere riportato interamente:

 

Lo scandalo delle Ostie allucinogene, ovvero “quanno se scherza, bisogna èsse’ seri!”


Nasce dalla frase del celeberrimo Marchese del Grillo, personaggio immortale dell’immenso Alberto Sordi, la voglia di sperimentare in modo serio e rigoroso, ma anche scherzoso e per nulla blasfemo, una delle più semplici regole del web e dei social network moderni, quella che: una notizia, per quanto falsa, diviene vera o verosimile se ridondante e ripetuta.

Durante l’emergenza maltempo sapete qual’è stata una delle notizie più lette del nostro sito? La nevicata a L’Aquila e Chieti del 18 febbraio 2009! Questo perchè cercando sul motore di ricerca “neve l’aquila chieti” si ottiene quell’articolo come primo risultato.

Chiaramente esiste, su internet, un problema grave che Google, col suo sistema, ha amplificato enormemente e cioè rintracciare le notizie per rilevanza.

Vuol dire ottenere una lista di news che non rispetta la cronologia. Questo se dobbiamo trovare una ricetta, non è un problema, ma se dobbiamo cercare una notizia, diviene un limite.

In realtà, Google inserisce nella ricerca la possibilità di scegliere la data, ma quanti la usano e quanti la ignorano come se non esistesse?

Gestire 10 giorni di dirette che duravano 18 ore al dì, durante l’emergenza neve, è stato massacrante per noi redattori, ma la cosa più avvilente è scoprire che molti, moltissimi, hanno letto una notizia vecchia di tre anni prendendola per buona!

E’ vero, abbiamo approfittato di una storiella che già girava in rete, noi abbiamo copia/incollato una pagina facebook (che ringraziamo dell’inconsapevole collaborazione e per aver “abboccato” anche loro!), abbiamo inserito un titolo accattivante e l’abbiamo incastonata nella rubrica “Questo pazzo pazzo WEB” insieme agli uomini volanti di New York ed altre leggende metropolitane.

Personalmente, ho anche avuto il dubbio se scrivere che trattavasi di bufala, ma ho preferito soprassedere per capire cosa sarebbe successo, dopotutto tornando al Marchese bisogna essere seri nello scherzo.

Tutto il resto, lo hanno fatto i social network, prima di tutto facebook, nel quale si è ricondiviso il pezzo per oltre 10mila volte, ma anche il più “snob” Twitter non ha sdegnato la notizia inserendo nei TT (gli argomenti più ricercati) la chiave #campobasso che mai è entrata negli argomenti caldi.

Una seria burla, insomma, ma solo quello. Tutto doveva rimanere nell’ambito degli scherzi, ci avrei fatto un articolo (come sto facendo) per analizzare gli sviluppi dello stesso, ma poco altro.

Invece alcuni giornali (Libero, il Sole24ore, il Mattino, Giornalettismo, Vanity Fair, il Gazettino) ci hanno creduto, hanno immediatamente copia/incollato la notizia (molti senza citarne la fonte ma attribuendosene la paternità) che, da essere una bufala, è tornata ad avere dignità propria.

Così, esimi colleghi l’hanno inserita nella cronaca, nei fatti italiani (ad un certo punto sia il Sole24ore che Libero l’hanno cancellata!) e di conseguenza anche su facebook si è scatenata la curiosità, più che per la notizia in se, sul dubbio che fosse vera.

Addirittura è dovuta intervenire l’Arcidiocesi di Campobasso per dire che la Chiesa del Santo Spirito non esiste, come noi avevamo già scoperto al momento di proporre la “bufala” e lo stesso Vescovo ci ha tacciato di “un chiaro attacco verso la Chiesa Cattolica  con speciali e Forum”.

Per cortesia siamo seri, ma di quale attacco si parla?

Esiste, però, un problema serio nell’informazione web e nella cosidetta superiorità del social nell’informare: l’attendibilità della notizia.

Ormai non si perdono più neanche due secondi per controllare le news, vai di copia/incolla più velocemente possibile, solo così sei premiato da Google e dai lettori.

Già, perchè nessuno si sognerebbe di entrare in farmacia ed ordinare due pizze ed allora perchè non si controllano le date degli articoli, ma si leggono quelli similari di tre anni prima? Perchè si giudica affidabile una notizia già apertamente fasulla, in più inserita in una rubrica con gli uomini volanti di New York?

Oppure non è questo il problema?

Nell’unica mail di protesta che ho ricevuto, un cittadino di Cremona, indignato, mi chiede perchè ce la prendiamo con la Chiesa, perchè non ci occupiamo di cose serie. Questa è una cosa seria, l’informazione è una cosa seria ed è così seria che vi abbiamo mostrato come un giornale web di una piccola regione possa innescare un meccanismo di diffusione difficilmente controllabile se non con un minimo di buon senso.

Ci si lamenta che di fronte alla Tv si è passivi, ma purtroppo lo si è anche di fronte al monitor del PC, perchè questa passività è insita in una società dove la qualità ha dato ampiamente spazio alla quantità.

Esperimento riuscito? Purtroppo si…

 

Già, purtroppo l’esperimento è riuscito ed ha evidenziato un grave deficit di professionalità da parte dei colleghi, che davvero non può passare sotto silenzio.

Tra l’altro, sempre ieri, si è diffusa un’altra notizia curiosa che, interessando Chieti, mi investiva direttamente come giornalista: un uomo (di cui non si faceva né il nome né la residenza) nella notte si sarebbe evirato e nell’ospedale teatino il “prezioso organo” gli sarebbe stato riattaccato. Altra notizia gustosa.

Mi è bastato prendere il telefono, chiamare prima l’ufficio stampa della Asl, poi il reparto di Urologia ed infine al cellulare il primario, per scoprire che in effetti la notizia era vera e realizzare una bella apertura di pagina!

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