Un richiamo deontologico sacrosanto: tra Avetrana, Garlasco, Perugia e Ripe di Civitella ci stiamo smarrendo…

La maggior parte delle volte, i primi pessimi promoter di noi giornalisti siamo noi stessi: anche se ci riempiamo (giustamente) di paroloni su principi intangibili (primo fra tutti quello dell’indipendenza), spesso cadiamo, ingenuamente (?), in situazioni ben poco commendevoli, rimangiandoci nei fatti tutte le regole che noi stessi come categoria ci siamo dati.

Le nostre carte deontologiche, del resto, sono nate proprio sull’onda di comportamenti sempre più scorretti da parte di alcuni esponenti della categoria, ma esse non hanno portato, specie negli ultimi anni, quella correzione allo “stile” delle cronache giornalistiche in fatti di particolare delicatezza.

Partendo dall’omicidio di Cogne, che è stato il capostipite dell’approccio “aggressivo” nei confronti dei fatti di sangue, e proseguendo con il giallo di Perugia (l’omicidio di Meredith Kercher), il “caso Scazzi” ad Avetrana, il mistero della morte di Yara Gambirasio, si è arrivati all’ultimo grande fatto di cronaca nera che sta tirando fuori il peggio dei giornalisti, l’omicidio di Melania Rea a Ripe di Civitella del Tronto. Sono tutti “casi” (a parte l’omicidio Kercher) in cui sono implicati, in diversa misura, dei minori e il vanto della categoria, quella “Carta di Treviso” che costituisce il baluardo di tutela per i bambini coinvolti in fatti di cronaca, s’è andato a farsi benedire…

Per questo sono felice di poter rilanciare anche sul mio blog il richiamo del presidente dell’Ordine nazionale, Enzo Iacopino, insieme a quello regionale, Stefano Pallotta, a trattare in maniera corretta, a tutela della minore coinvolta, i dati sensibili che emergono nella vicenda di Melania Rea.

 

In relazione a troppe cronache relative all’uccisione di Melania Rea dalle quali emerge una grave mancanza di rispetto per la più fragile tra le vittime della tragedia, la figlia dei due coniugi, il presidente dell’Ordine nazionale, Enzo Iacopino, e il presidente dell’Odg dell’Abruzzo, Stefano Pallotta, hanno invitato i giornalisti a ricordare che sono tenuti “a garantire l’anonimato del minore coinvolto in fatti di cronaca, anche non aventi rilevanza penale, ma lesivi della sua personalità, come autore, vittima o teste”, come stabilito dalla Carta di Treviso, fatta propria da Ordine dei giornalisti e da Fnsi. Da settimane, in relazione al “caso Parolisi” (l’omicidio di Melania Rea avvenuto in Abruzzo che ha portato all’arresto del marito), e in evidente violazione di uno dei principali strumenti adottati in piena autonomia dai giornalisti a salvaguardia della deontologia professionale, diversi media nazionali e locali si ostinano a dare il massimo rilievo attorno a particolari (nome di battesimo, età ecc.) della figlia minore della coppia. Ciò anche in assenza di qualunque interesse pubblico a conoscere tali particolari. Il fatto che in diverse circostanze siano stati i familiari della coppia a fornire questi elementi non giustifica, da parte dei giornalisti e delle loro testate, l’acritica divulgazione di elementi che devono, invece, essere sottoposti a una specifica tutela: i familiari della coppia non sono soggetti alla Carta di Treviso, i giornalisti sì. Ancor prima di ciò che dettano le norme, i colleghi dovrebbero chiedersi qual è l’utilità di pubblicare quei particolari, assecondando una morbosità che nulla ha da vedere con il dovere di cronaca. Ecco perché auspichiamo che non solo vengano pienamente seguiti i principi deontologici della nostra professione, ma si abbia uno scrupoloso rispetto per le persone, a cominciare dalla tante vittime di questa tragedia, prima tra tutte la piccola figlia della coppia”.

 

 

Se si vuole rispetto, occorre dare rispetto: credo che questa semplice regoletta, se applicata, farebbe risalire di molto la posizione di noi giornalisti nella graduatoria di fiducia dei cittadini.

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