Mameli: una ricostruzione storica eccellente, un prodotto cinematografico di qualità

Bisogna riconoscerlo: la Rai sta migliorando alquanto nella scelta e nella realizzazione delle fiction storiche: “Mameli – Il ragazzo che sognò l’Italia”, appena terminato, è un buon prodotto, attento alla verità storica (pochi anche qui gli errori, limitati a qualche anticipazione nella biografia del poeta e patriota) e anche significativo negli elementi romanzeschi introdotti artificiosamente per rendere appetibile il prodotto televisivo.

Le due puntate, giustamente pubblicizzate, anche in maniera compulsiva, durante le serate del Festival di Sanremo, possono costituire una buona visione anche per le scuole, visto che gli avvenimenti storici sono raccontati in maniera accurata, la ricostruzione dell’ambiente sociale e culturale è molto verosimile, ma soprattutto non si tace sulla crudezza della guerra e sulle sue conseguenze, anche quando essa viene portata per un ideale che (a posteriori) appare nobile e alto. Una fiction che esalta giustamente i valori della Repubblica (particolarmente apprezzato è stato il collegamento tra gli ideali professati nella costituzione della Repubblica Romana, approvata mentre i Francesi già dilagavano in città nel 1849, e l’impianto della nostra Costituzione repubblicana) e che ha fatto riemergere un dato di fatto che spesso si dimentica nella narrativa del Risorgimento: l’Unità d’Italia è stata sognata, pensata e realizzata dai giovani, da chi ebbe ed ha ancora (o dovrebbe avere?) la forza di gettare il cuore oltre l’ostacolo, non pensando a convenienze e a tatticismi. Tuttavia – e lo si vede bene – non bastano solo l’entusiasmo e il fervore per realizzare un ideale: occorrono anche intelligenza, moderazione, capacità di capire quando è il momento di fermarsi, compromessi, trattative. Ecco perché la nostra Italia è il frutto di tre grandi, ognuno con la sua caratteristica e ognuno impossibilitato a fare da solo quello che con le tre personalità si potè fare: Mazzini, il teorico; Garibaldi, il soldato; Cavour – che spesso è il meno citato, ma secondo me il più concreto e importante -, il politico.
Abbiamo una storia meravigliosa, che va raccontata senza le esaltazioni risorgimentali di fine Ottocento e senza il fastidio ingombrante mostrato per essa negli anni Sessanta e Settanta del XX secolo: raccontiamola, anche con prodotti cinematografici “di massa”! Del resto, è stata anche la massa – il popolo – a fare l’Italia. Non solo i singoli!

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