Dalla cucina della festa alla cucina del lavoro: la nuova idea per la Conviviale degli Sfigati dell’Accademia Italiana della Cucina

Ieri sera, nuovo appuntamento, il quattordicesimo, per la “Conviviale degli Sfigati di Ferragosto”, che la delegazione di Chieti dell’Accademia Italiana della Cucina annualmente svolge nel periodo delle ferie agostane per chi è rimasto in zona e non è partito in vacanza. Quest’anno la sede della conviviale è cambiata, dopo una tradizione pluridecennale che la vedeva sempre a Miglianico per la devozione al San Pantaleone ed è toccato a me spiegare la nuova ubicazione della serata e soprattutto la nuova idea dell’appuntamento di agosto dell’Accademia teatina.

Questa la mia relazione di ieri:

Buonasera a tutti gli amici accademici e agli ospiti di questa particolarissima serata che dall’agosto del 2006 è divenuta una felice tradizione della delegazione di Chieti al di fuori del calendario formale delle conviviali accademiche, ma che è sempre stata particolarmente apprezzata ed affollata.

Chi sono gli sfigati di cui si parla nel titolo di questa conviviale? Naturalmente noi, che siamo riuniti attorno a questa tavola e che nel cuore delle ferie agostane siamo ancora nelle nostre città e nelle nostre case, per cui riusciamo a stare assieme attorno al desco accademico in um periodo di vacanze. Ma in realtà i veri sfigati sono gli altri, quelli che non possono condividere con noi questa serata, partiti per le ferie in ogni parte del globo terracqueo, che si perdono un menu tutto particolare in uno dei luoghi più affascinanti del nostro territorio. Si è sempre giocato su questa dicotomia la “Conviviale degli sfigati di Ferragosto”, quindi sta ad ognuno di noi capire dove sta la verità, se dalla parte di chi gode di questi sapori e di questa amicizia o dalla parte di chi se ne sta spaparanzato in qualche luogo esotico e rilassante.

Eccoci qui, ad Ortona per questa conviviale. Gli accademici della delegazione e qualche amico ospite che è ormai un habitué di questa serata troveranno strano, se non addirittura sacrilego, essere in un altro luogo per celebrare gli sfigati di Ferragosto. Dal 2006 e fino all’anno scorso, infatti, tappa fissa di questo appuntamento era Miglianico ed ancor di più San Pantaleone, il patrono di quella cittadina, noto per essere il protettore della virilità maschile e al quale la delegazione di Chieti si rivolgeva in una devozione antica chiamata “ribollatura”, proprio per proteggersi da qualche défaillance sotto le lenzuola, con tanto di concorso orante delle gentili signore. Nelle conviviali degli anni scorsi abbiamo ripercorso in tutte le salse il “pasto del pellegrino”, quel pasto povero che coloro che arrivavano alla festa di San Pantaleone si concedevano alla fine della mattinata di devozioni. Era la cucina della festa, fatta di pane e olio, pomodoro, lupini, noccioline, porchetta, carni semplici, primi tirati al sugo.

Quest’anno, la Consulta ha deciso di esplorare nel cuore dell’estate un altro tipo di cucina, che però venisse dalla stessa matrice di quella di Miglianico, che fosse cioè espressione della povertà, del sudore della fronte, del lavoro indefesso di chi, anche in estate, come i contadini devoti di San Pantaleone, non cessano la loro opera: i pescatori. Ed eccoci qui ad Ortona, nella Capitaneria di uno dei porti più importanti d’Abruzzo e certamente il più importante del territorio della nostra delegazione per assaggiare la “cucina del lavoro”.

Dalla cucina della festa alla cucina del lavoro” è dunque il titolo di questa conviviale degli Sfigati 2019 e chi ha già partecipato ad almeno una delle conviviali degli scorsi anni ritroverà – sotto traccia – un filo conduttore importante, degustando i piatti che stanno per esserci proposti in questa poco canonica sala da banchetto.

Il pescatore abruzzese che ha una medio-piccola barca ha un ritmo di lavoro estenuante: dalla notte tra domenica e lunedì fino al venerdì sera, senza soste, lavora solitamente con reti da posta (reti di nylon calate che non si muovono in mare, ma catturano i pesci che vi si impigliano) con una tipologia di pesca che cambia di frequente, a seconda della stagione e questo rende l’attività dei pescatori meno monotona. La giornata è dura e lunga e non si limita alla notte e alla pesca, perché c’è il lavoro di riassetto degli ami e degli altri attrezzi che occupa sempre molto tempo. Il cibo del pescatore, visto che il meglio del pescato va necessariamente per la vendita, è fatto di pesce povero, di piccola taglia, per lo più cucinato rapidamente in barca o, a sera, ci si concede il lusso di cucinare l’invenduto della giornata, e comunque non è neppure tanto meglio del pranzo fatto sul posto di lavoro.

Povertà e semplicità sono dunque gli ingredienti di questa cucina del lavoro del pescatore, così come lo era della cucina del pellegrino in festa e l’avete potuta sperimentare dagli ingredienti dell’attesa gustata all’inizio di questo nostro appuntamento: alici, asparagi di mare, cozze, baccalà, pietanza – quest’ultima – che solo da poco ha assunto connotazioni di cibo raffinato, mentre in precedenza (come ho sottolineato anch’io nella mia prima conviviale da simposiarca, ormai due anni e mezzo fa sul tema “pesce della Quaresima”) era particolarmente popolare, tant’è che costituiva un appuntamento fisso dei giorni del triduo pasquale.

Ora siamo a tavola e in apertura di questa conviviale vi sarà servita una umile ma gustosa panzanella, altro cibo della semplicità popolare che sposa la necessità di riutilizzo del pane raffermo con il pomodoro, re delle tavole dell’estate, insieme ad uno strano pesce con uno strano nome, il “bastardo”, ben poco commerciabile, essendo una specie di incrocio tra un calamaro, di cui ha la forma, e un totano, di cui ha le tipiche alette. A seguire, una gustosa chitarrina con le panocchie. Sì, avete sentito, bene, un crostaceo. Ma non pensate subito ad una prelibata e ricca vivanda da nobile tavola che smentisce le buone intenzioni dichiarate dalla Consulta: se qualcuno di voi è abituato a frequentare i pescatori, contrattando con loro il prezzo del pesce, magari direttamente al porto, sa bene come le panocchie vengono spesso usate come comodo resto da parte dei pescatori a corto di moneta spicciola. Ecco perché è entrata di diritto in questo menu. Chiudiamo il cerchio della nostra esplorazione con una semplice e classica fritturina di mare, che non ha bisogno di alcuna presentazione.

Quale dolce poteva sostituire l’ormai classica “bolla di San Pantaleone”, che era il simbolo della Conviviale degli Sfigati di Ferragosto e che è stato inventato e brevettato proprio dalla delegazione di Chieti? In questo caso, la domanda poteva avere una sola risposta, che richiama le tradizioni del territorio in cui siamo e quindi la sapiente fatica delle donne di casa di Ortona: avremo le nevole, sia nella sua povera e scarna tradizionalità, sia in una versione più originale. 

Un cenno rapido ai vini, che sono del territorio ortonese: una bollicina, che abbiamo apprezzato nell’attesa, un pecorino classico e un nuovo prodotto dolce tutto da provare.

Buona conviviale degli sfigati!

Questo il menu della serata:

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