Equo compenso? Punto e daccapo: un accordo “segreto” Fnsi-Fieg

Per i rapporti di lavoro, i quali, in ragione della completa autonomia di svolgimento della prestazione, sono qualificabili a pieno titolo come autonomi il compenso professionale non si presta ad essere assoggettato a minimi tariffari, ma resta affidato alla libera contrattazione delle parti, anche nell’ambito di linee guida opportunamente individuate dall’ordinamento professionale

 

Le parole citate sono contenute in un documento presentato ieri alla Commissione governativa sull’equo compenso: nulla di strano se esse fossero la base della proposta degli editori, che ovviamente vedono come fumo negli occhi la fissazione di minimi inderogabili (seppure, come già scritto, per alcuni quelli proposti siano troppo “minimi”) di pagamento dei giornalisti non contrattualizzati, che oggi rappresentano la maggioranza assoluta dei colleghi che lavorano nelle redazione.

Invece – purtroppo, aggiungo io – la proposta è congiunta e proviene da un accordo tra gli editori (Fieg) e il sindacato (Fnsi), di cui l’Ordine dei Giornalisti, per ammissione del presidente Enzo Iacopino, non sapeva nulla.

Ovvio che non poteva sapere nulla: il documento in sostanza vanifica il lavoro fatto finora dall’Ordine e di fatto sconfessa la proposta congiunta presentata ad inizio anno proprio con il sindacato. A dimostrazione che la Fnsi non riesce (o non può) a sconfessare la sua natura di sindacato che da sempre tutela i garantiti e che non capisce le esigenze dei freelance, dei collaboratori, degli autonomi, dei precari (che sono categorie ben differenti con differenti problemi). Un atteggiamento ripagato dalla quasi totale assenza delle suddette categorie di colleghi negli elenchi delle associazioni regionali di stampa (e da quest’anno mi sono aggiunto anch’io alla schiera degli assenti).

Risultato di questo balletto della Fnsi? Commissione equo compenso bloccata (cosa che volevano gli editori, da sempre maestri nelle tattiche dilatorie).

La riunione di ieri, infatti, ha confermato lo stallo, come racconta Iacopino sulla sua pagina pubblica di Facebook:

 

Il primo a dirsi indignato – dopo che avevo detto che di quell’accordo l’Ordine non sapeva nulla – è stato proprio il sottosegretario Giovanni Legnini: “Non vi parlate tra di voi”, ha detto scoraggiato.
Non ce l’aveva certo con l’Ordine.
Il 9 gennaio, infatti, a conclusione della riunione, avevo invitato il presidente della Fnsi, Giovanni Rossi, davanti a quello dell’Inpgi, Andrea Camporese, a incontrarci, per continuare nella produttiva posizione comune che quel giorno, finalmente, avevamo assunto.
Rossi ha spiegato ieri che il direttore della Fnsi, assente, aveva partecipato l’accordo a quello dell’Odg, anche lui assente. Quest’ultimo, del quale mi fido, la racconta in maniera diversa: la Fnsi lo aveva avvertito che non avrebbe prodotto documenti, avendo la Fieg ritirato la sua proposta.
Si è visto.
Ho chiesto di avere copia dei due documenti. “Subito”, mi hanno risposto. Ma non riesco ad averli – dopo tre ore – per verificare se, come ha dichiarato il dirigente del Dipartimento editoria, sono sovrapponibili. Hanno tentato di convincermi in ogni modo che la proposta era conveniente. Per chi? Per gli editori, senza dubbio.
Ho spiegato che quella previsione, il tirar fuori dai minimi, RIPETO MINIMI tariffari gli autonomi era come dire agli editori di non rnnovare alla scadenza tutti i contratti in essere, invitando i colleghi ad aprire una partita Iva. Un modo perfetto per aggirare l’equo compenso.
Perché mai tenersi un co.co.co o utlizzare qualsiasi altra forma di parasubordinazione, costretti a retribuire i colleghi almeno con quei MINIMI che riusciremo a fissare, se si può ricorrere alla “libera contrattazione delle parti”?

Tutti raccontano di Davide che batte il gigante Golia. A parte quella volta là, in quante altre occasioni è successo? Poche, pochissime.
La libera contrattazione si può fare tra parti eguali, ho detto, non tra giornalisti sfruttati e editori.
E’ terribile, imbarazzante, che non capiscano che non ci può essere – tranne poche eccezioni che non hanno un problema di equo compenso – la libera contrattazione tra giornalisti e editori.
Se la sono fatta da soli la trattativa. Diteglielo voi di quanto hanno decurtato i vostri già magri compensi. Liberamente. Nel senso, a vostra insaputa. Lo avete scoperto, in non pochi casi, con effetto retroattivo.
Ho esordito affermando che avevo pensato di scusarmi per aver detto il 9 gennaio che “non sanno di che cosa parlano”. E invece, debbo scusarmi con voi per aver immaginato di farlo.
È proprio vero: i più non sanno di che cosa parlano, e alcuni fingono di non sapere qual è la situazione.

Giovanni Legnini lo dice apertamente: non farà approvare la delibera con il voto contrario del presidente dell’Odg. Che votino contro gli editori può accettarlo, ma il mio voto contrario proprio no.
Gli sono grato per questo, segno di una sensibilità che apprezzo, e di una attenzione non nei miei ma nei vostri confronti.
Mi chiedono di trovare una soluzione per aggirare quel comma. Mi dicono che è meglio incassare quel che si può (i funzionari non Legnini), introdutrre un principio e allargare la base ai parasubordinati (Legnini). Mi fanno presente che ….. di tutto un po’.
Non cedo. Mi dico disposto ad approvare il resto della delibera, ma non quel passaggio.
Così fiorisce un’altra proposta. Ho bisogno di valutarla con altri colleghi.

La commissione si riunirà nuovamente il 27 gennaio per valutare le proposte che consentano di aggirare quel comma.
Ne mettereno a punto una, consultandoci con un giuslavorista, e la condivideremo con la Fnsi.
Accetto questa soluzione ad una condizione, che Legnini esplicita davanti alla commissione intera: “O il 28 febbraio la commissione offre una proposta di retribuzioni condivise o il governo entro il 10 marzo ne presenterà una sua alla stessa commissione per l’approvazione, eventualmente a maggioranza”.

 

Insomma, ancora un’altra attesa ed un altro ultimatum da parte del sottosegretario Giovanni Legnini: dobbiamo credergli? Non è certo la prima “data ultimativa” che viene sbattuta sul tavolo dei riottosi commissari e mai che siano state rispettate. La “data ultimativa” forte c’era, c’è: quella prevista dalla legge, ma è ormai trascorsa da oltre otto mesi.

Che dire? La lotta prosegue, ma davvero passa la voglia di seguirla…

 

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