L’equo compenso è legge: una giornata importante per tutti i colleghi atipici, collaboratori, freelance

Il regalo di Natale è arrivato con venti giorni di anticipo: la Commissione Cultura della Camera dei Deputati alle 14.47 ha approvato in via definitiva il disegno di legge sull’equo compenso giornalistico.

Ora lo si può dire: l’equo compenso è legge!

Ora si può legittimamente festeggiare: un principio essenziale è stato posto nell’ordinamento legislativo.

Ora si può guardare con un po’ più di ottimismo alle tante altre battaglie aperte per far riconoscere la dignità – anche e soprattutto retributiva – a migliaia di colleghi.

Ora si possono tirare un po’ le somme di poco più di un anno di lavoro costellato di difficoltà e di stop-and-go spesso incomprensibili.

Andiamo con ordine e mettiamo prima le pietre miliari del mio ragionamento, così da non creare equivoci nel mio commento.

1) La legge sull’equo compenso fissa, comunque la si vuol vedere, un principio ormai ineludibile per tutta la categoria e per tutto il mondo dell’editoria.

2) Il grazie più grande va ai “due Enzo” che si sono battuti più di ogni altro per questo risultato: Enzo Iacopino, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, ed Enzo Carra, relatore della legge alla Camera.

3) La tensione, quasi “etica”, creatasi attorno all’approvazione della legge ha fatto maturare, insieme al lavoro fatto a Firenze l’anno scorso, una consapevolezza nuova a quel variegato mondo del precariato giornalistico (che è alquanto magmatico, visto che comprende collaboratori, pubblicisti “professionali”, freelance veri e propri, atipici di ogni sorta), che non si era mai percepito come unitario. Anche a questo movimento, cui i coordinamenti regionali dei precari hanno dato linfa, va riconosciuto il merito di aver spinto in diversi modi la politica a scrollarsi di dosso le resistenze del mondo dell’editoria.

Detto questo, i grazie sono molti, anche a chi ci ha creduto di meno o ci ha creduto solo all’ultimo, ma evangelicamente si può dire che il salario è lo stesso per tutti. Con vero piacere.

Qual è il testo definitivo della legge? Eccolo qui:

 

Equo compenso nel settore giornalistico

Art. 1.
(Finalità, definizioni e ambito applicativo)

1. In attuazione dell’articolo 36, primo comma, della Costituzione, la presente legge è finalizzata a promuovere l’equità retributiva dei giornalisti iscritti all’albo di cui all’articolo 27 della legge 3 febbraio 1963, n. 69, e successive modificazioni, titolari di un rapporto di lavoro non subordinato in quotidiani e periodici, anche telematici, nelle agenzie di stampa e nelle emittenti radiotelevisive.

2. Ai fini della presente legge, per compenso equo si intende la corresponsione di una remunerazione proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, tenendo conto della natura, del contenuto e delle caratteristiche della prestazione nonché della coerenza con i trattamenti previsti dalla contrattazione collettiva nazionale di categoria in favore dei giornalisti titolari di un rapporto di lavoro subordinato.

Art. 2.
(Commissione per la valutazione dell’equo compenso nel lavoro giornalistico)

1. È istituita, presso il Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri, la Commissione per la valutazione dell’equo compenso nel lavoro giornalistico, di seguito denominata «Commissione».

2. La Commissione è istituita entro 30 giorni dall’entrata in vigore della presente legge ed è presieduta dal Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri per l’informazione, la comunicazione e l’editoria. Essa è composta da:
a) un rappresentante del Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
b) un rappresentante del Ministero dello sviluppo economico;
c) un rappresentante del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti;
d) un rappresentante delle organizzazioni sindacali dei giornalisti comparativamente più rappresentative sul piano nazionale;
e) un rappresentante delle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei committenti comparativamente più rappresentative sul piano nazionale nel settore delle imprese di cui all’articolo 1, comma 1;
f) un rappresentante dell’Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani (INPGI).

3. Entro due mesi dal suo insediamento, la Commissione di cui al comma 1, valutate le prassi retributive dei quotidiani e dei periodici, anche telematici, delle agenzie di stampa e delle emittenti radiotelevisive:
a) definisce il compenso equo dei giornalisti iscritti all’albo non titolari di rapporto di lavoro subordinato con i quotidiani e con periodici, anche telematici, con agenzie di stampa e con emittenti radiotelevisive, avuto riguardo alla natura e alle caratteristiche della prestazione nonché in coerenza con i trattamenti previsti dalla contrattazione collettiva nazionale di categoria in favore dei giornalisti titolari di un rapporto di lavoro subordinato;
b) redige un elenco dei quotidiani, dei periodici, anche telematici, delle agenzie di stampa e delle emittenti radiotelevisive che garantiscono il rispetto di un equo compenso, dandone adeguata pubblicità sui mezzi di comunicazione e sul sito internet del Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri.
La Commissione provvede al costante aggiornamento dell’elenco stesso.

4. La Commissione dura in carica tre anni. Alla scadenza di tale termine, la Commissione cessa dalle proprie funzioni.

5. Il Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri provvede all’istituzione e al funzionamento della Commissione di cui al presente articolo avvalendosi delle risorse umane, strumentali e finanziarie di cui dispone. Ai componenti della Commissione non è corrisposto alcun compenso, emolumento, indennità o rimborso di spese.

Art. 3
(Accesso ai contributi in favore dell’editoria)

1. A decorrere dal 1° Gennaio 2013 la mancata iscrizione nell’elenco di cui all’articolo 2 per un periodo superiore a sei mesi comporta la decadenza dal contributo pubblico in favore dell’editoria, nonché da eventuali altri benefici pubblici, fino alla successiva iscrizione.

2. Il patto contenente condizioni contrattuali in violazione del compenso equo è nullo.

Art. 4
(Relazione annua)

1. Il Presidente del Consiglio dei ministri trasmette ogni anno una relazione alle Camere sull’attuazione della presente legge.

Art. 5
(Clausola di invarianza finanziaria)

1. Dall’attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

Come si può vedere i principi che si pongono sono davvero importanti:

1. Niente contributi pubblici agli editori che violino la legge (così si colpisce il portafoglio dell’editore, unico modo per farsi ascoltare)

2. La definizione quantitativa dell’equo compenso non è solo legata alla “quantità e qualità” del lavoro svolto (un parametro comunque molto aleatorio), ma anche alla “coerenza con i trattamenti previsti dalla contrattazione collettiva nazionale di categoria”, quindi agli stipendi dei “contrattualizzati”.

3. Qualsiasi contratto stipulato che preveda cifre inferiori all’equo compenso è nullo.

Insomma, non è poco, visto il percorso accidentato che la legge ha dovuto attraversare e l’avversione pura che ha incontrato nel passaggio al Senato.

Inoltre, la legge chiede celerità a chi dovrà applicarla: un mese per la costituzione della commissione che dovrà stabilire l’ammontare della “equa retribuzione” e altri due mesi per la definizione dei parametri di riferimento.

Non faccio fatica a credere che tale tempistica sarà rispettata alla lettera, grazie alla funzione di stimolo e di pungolo dell’Ordine ed anche del sindacato (entrambi parti importanti della commissione), che si è aggiunto con grande piacere alla schiera dei sostenitori della legge.

L’unico neo è la durata triennale della commissione: nel 2015 che succederà? Tutto tornerà come prima? Non credo. La commissione cessa, ma il principio e la legge restano. Sono certo che ci sarà modo e tempo per discutere del futuro.

Ora il nodo è nell’applicazione della legge: come per la “Carta di Firenze”, anche per l’equo compenso essenziale sarà la capacità dei colleghi di “utilizzare” la legge, specie nella denuncia dei contratti in essere che non sono in linea con il minimo retributivo che verrà stabilito entro i prossimi 90 giorni.

L’approvazione dell’equo compenso però non deve sgonfiare quella “tensione etica” di cui parlavo prima: due obiettivi sono stati raggiunti, l’anno scorso a Firenze e quest’anno a Roma, ma molti altri ce ne sono da cogliere. Anche perché la legge appena approvata non ha vigore nei confronti di quegli editori – ce ne sono moltissimi nel giornalismo locale, in quello multimediale, nelle piccole realtà – che non percepiscono contributi pubblici per il loro prodotto editoriale. Occorre iniziare a capire come poter intervenire per garantire la dignità professionale (nel senso retributivo) e la qualità dell’informazione (che vanno sempre a braccetto) in questo comparto in grande espansione.

Poi c’è il nodo, secondo me ineludibile, della riforma dell’Ordine dei Giornalisti: ne ho parlato decine di volte, ma è essenziale che il prossimo passo (che ormai potrà essere mosso solo dal nuovo Parlamento che eleggeremo in primavera) sia un cambiamento radicale dell’accesso alla professione, del “governo” della categoria e dei rapporti tra le varie componenti dell’Ordine, alla luce dell’ormai evidente pluralismo del giornalismo (tant’è che l’espressione “giornalismi” ormai è divenuta comune). Qui la battaglia sarà ancora più dura, perché le resistenze non sono solo esterne (come è capitato per l’equo compenso), ma anche interne, soprattutto tra coloro che hanno consolidato un forte potere di condizionamento negli organi di categoria.

Tuttavia, la tenacia dimostrata in questo anno e mezzo sull’equo compenso ha dimostrato che è possibile vincere ogni tipo di resistenza.

Comunque, per oggi è del tutto giusto e comprensibile non pensarci e festeggiare, con un ideale flûte di italianissimo spumante!

Un commento

  • Francesco Blasi

    Apro il sito e che ti vedo? La notizia che è attesa ma non mi catapulta per la gioia fino al soffitto. Ma un punto per me è fermo: il grazie di cuore, e senza retropensieri di sorta, a Enzo Iacopino e Enzo Carra. Da soli hanno riscattato rispettivamente la categoria e la “politica” da diffidenze che rimangono tutte ma che almeno non possono e non devono agire nei loro confronti.

    La legge è un concentrato di buoni principi che una volta tanto vanno al di là delle pie intenzioni.

    Condivido con Antonello un cauto ottimismo sul dopo-commissione. Questioni più delicate si affacciano invece sull’interpretazione di quantità-qualità del lavoro svolto e soprattutto della “coerenza” col trattamento previsto dal CCNLG appunto per i contrattualizzati. Qui si pofila infatti un possibile tranello, visto che quello di redattore è il contratto più tipico (e quello che inconsciamente si tende a assumere come riferimento) ma purtroppo non è l’unico: ne sono contemplati altri meno efficaci nel rapporto prestazione/retribuzione.

    Pensando ai futuri risvolti della legge, non possono non assalirci i dubbi su punti che sono quisquilie solo in apparenza. Per esempio, il compenso equo crea extra-contratto un nuovo contratto ma al di fuori del CCNLG. E questo nel migliore dei casi, poiché sarebbe drammatico risvegliarsi al termine dei lavori della Commissione per scoprire che si tratta magari niente più di un “equo tariffario” che fissa compensi basati sull’unità minima (e minimalista) del “pezzo”, magari suddiviso in sottocategorie essenziali in base alle dimensioni, al rilievo che riceve in pagina e alla sua collocazione nel giornale: pagine nazionali, regionali o locali, per esempio.

    Perché è qui il nodo della crisi della professione nella suafascia bassa: la vergogna dei ridicoli compensi “a pezzo” ha infatti offuscato quella ben più grave dello stesso schema della retribuzione basata sugli articoli prodotti valutati a loro volta per unità. La prima vergogna indigna, ma la seconda è il ganglo vitale della questione. Da affrontare con freddezza glaciale.

    Un approccio alla San Tommaso è qui di rigore. Ma poi… sì, stappiamo lo spumante. D’altronde, anche la vittoria di Pirro fu appunto una vittoria!

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