La lotta sull’equo compenso e riflessioni a margine in una mia intervista ad “Abruzzo Popolare”

Piano piano la coscienza della necessità della lotta sull’equo compenso si fa strada anche sui media (non ancora quelli nazionali, purtroppo, ma in “periferia” è molto sentito il problema) e si moltiplicano interventi ed interviste sul tema.

Stamattina ne è stata pubblicata una fatta qualche giorno fa a me dalla collega Tiziana Lalla di “Abruzzo Popolare”.

La riporto integralmente, ringraziando la redazione non tanto per avermi intervistato quanto di aver scelto di porre in evidenza il problema:

 

Antonello Antonelli, trentasettenne, è un giornalista professionista, corrispondente e collaboratore dell’edizione abruzzese de Il Tempo dal 1993. Dirige da oltre dieci anni il quindicinale “Intercity Magazine”, eletto consigliere dell’Ordine dei Giornalisti d’Abruzzo nel 2010 e da un anno, da quando ha aperto il  blog personale, “Festina Lente”, segue le vicende della riforma dell’Ordine dei Giornalisti e tutto ciò che ruota attorno alla professione. Fa parte del coordinamento regionale dei precari, freelance e collaboratori abruzzese “Cinqueuronetti” ed è tra gli animatori della rete nazionale dei coordinamenti “SottoPRESSione”.

 

 

D. Antonello, perdonami il gioco di parole, ma con l’e-quo qui qua compenso come siamo messi noi giornalisti precari, come un fumetto a puntate che ispira il sorriso un futuro poco roseo?

R. Il disegno di legge sull’equo compenso giornalistico, un provvedimento di legge che prevede che gli editori che non rispettano un minimo retributivo per i collaboratori , freelance ed autonomi, non possano accedere ai contributi pubblici all’editoria, sta avendo un iter particolarmente accidentato. Approvato all’unanimità alla Camera dei Deputati con il parere favorevole del Governo, al Senato è stato assegnato in sede deliberante in Commissione Lavoro proprio per agevolarne la rapida approvazione, visto il favore dimostrato da tutte le forze politiche. Purtroppo, da quando è approdato a palazzo Madama, il provvedimento ha avuto un inspiegabile stop, con il Governo che ha manifestato perplessità sul testo (il ministro Fornero così si è espressa in una audizione e il sottosegretario Peluffo, tra l’altro giornalista, non ha ancora presentato il parere formale dell’esecutivo) e i commissari che hanno istituito una commissione ristretta per verificare la compatibilità dell’equo compenso con la riforma del mercato del lavoro, commettendo un errore grossolano, poiché la riforma non si applica ai co.co.co. e agli iscritti agli Ordini professionali. Quindi non capiamo il motivo di questo rinvio, ma quel che temiamo è che la federazione degli editori, che sarebbe pesantemente colpita da questa norma che però è una norma di civiltà giuridica, stia agendo come una lobby per far dilazionare i tempi e arrivare al termine della legislatura, provocando la decadenza del disegno di legge.

D. Il dibattito al Senato si è concluso con qualche spiraglio positivo? O si è deragliati dal binario dell’equo compenso…

R. Il 31 luglio scorso abbiamo incontrato in Senato (c’ero anch’io, insieme al presidente dell’Ordine dei Giornalisti, Enzo Iacopino, il presidente del sindacato dei giornalisti Fnsi, Roberto Natale, il rappresentante nazionale del lavoro autonomo, Maurizo Bekar, e tanti colleghi rappresentanti dei coordinamenti regionali dei precari) alcuni senatori della Commissione Lavoro e altri parlamentari sensibili al tema dell’equo compenso. Il presidente del Senato, Renato Schifani, addirittura ha aperto la Cerimonia del Ventaglio ribadendo l’importanza del disegno di legge in discussione, in questo echeggiato dal presidente della Camera, Gianfranco Fini: entrambi hanno parlato di un provvedimento necessario per garantire la libertà e l’indipendenza dei giornalisti. Una sottolineatura importante perché solo giornalisti che non sono costretti a percepire compensi ridicoli (anche 2 euro lordi a pezzo) possono essere davvero indipendenti dalle pressioni degli editori. Anche il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha espresso il suo appoggio all’equo compenso. Tuttavia, nonostante l’intervento delle tre più alte cariche dello Stato, il presidente della Commissione Lavoro, Pasquale Giuliano, ci ha confermato l’intenzione di procedere a formare la commissione ristretta. Rischiamo davvero che i tempi di dilatino troppo e l’autunno, già carico di lavoro per i parlamentari, potrebbe non trovare spazio per l’equo compenso. Tuttavia, non perdiamo la speranza e continuiamo la mobilitazione.

D. Secondo il tuo punto di vista si approderà ad una riforma seria che coinvolga tutto l’ordine?

R. La riforma dell’Ordine dei Giornalisti, la cui legge istitutiva è del 1963 ed ormai è obsoleta, era legata ai decreti di riforma delle professioni: avevamo sperato una profonda rivisitazione dell’accesso alla professione, con la professionalizzazione della categoria e la progressiva scomparsa dei pubblicisti, che non hanno più ragion d’essere nel contesto attuale dell’informazione. La riforma uscita dai decreti del Governo personalmente mi ha molto deluso, non prevedendo alcuna novità nell’accesso all’Ordine. Tuttavia, qualche risultato è stato ottenuto, come il principio della formazione professionale permanente. Ma rimango perplesso su altri aspetti della riforma, come la divisione tra la funzione giudicante e la funzione di tenuta degli albi, che si tradurrà in un maggiore costo della struttura ordinistica, che inevitabilmente si ripercuoterà sull’aumento della quota annuale di iscrizione. Per fortuna, all’ultimo momento, abbiamo schivato l’obbligatorietà dell’assicurazione: il Governo ha riconosciuto che i giornalisti non hanno clienti e che quindi non ha senso per loro stipulare un’assicurazione sui rischi professionali, anche se la posizione dei freelance, con questa impostazione, non è ancora molto chiara.

 

Un commento

  • Bravo! Sintetico, preciso, graffiante nel modo giusto. Se permetti, tuttavia, una piccola disparità di vedute da parte mia. La recente legge dispone che per essere giornalisti è necessario superare l’esame di Stato. Questo significa che chi non ha superato l’esame di stato non può qualificarsi giornalista. Se poi l’Ordine, per motivi che qui non interessano, vuole mantenere lo “status quo”, è altro affare.

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