Equo compenso: finalmente si fanno i nomi e i cognomi di chi ritarda l’approvazione del disegno di legge

Federazione degli Editori (oggi presieduta, tra l’altro, da un giornalista, Giulio Anselmi, ex Ansa ed ex La Stampa), Corrado Passera, ministro dello Sviluppo Economico, Elsa Fornero, ministro del Welfare, Paolo Peluffo, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con delega all’Editoria, all’Informazione e alla Comunicazione: sono questi i nomi e i cognomi, resi noti in una conferenza stampa, di coloro che attualmente ritardano, più o meno occultamente, l’approvazione del disegno di legge sull’equo compenso, fermo da troppo tempo ed incomprensibilmente al Senato, dove giace in sede deliberante, dopo un consenso unanime alla Camera dei Deputati ed un pronunciamento favorevole, almeno in teoria, di Governo e forze politiche. 

A “fare i nomi”, questa mattina, sono stati cinque parlamentari: il primo firmatario della proposta di legge, Silvano Moffa (ex Pdl, ex Fli, oggi “Popolo e Territorio”), il relatore della legge alla Camera, Enzo Carra (Udc), i deputati Beppe Giulietti (Pd) Giampiero Cannella (Pdl) e il senatoreVincenzo Vita (Pd).

Una conferenza stampa che pone la lotta per l’approvazione di un disegno di legge sacrosanto sul piano politico, in considerazione del fatto che i cinque parlamentari, tutti organici alla maggioranza che sostiene il governo Monti, hanno dichiarato di non voler votare più a favore dei provvedimenti dell’Esecutivo fino a quando non verrà sbloccata a Palazzo Madama la situazione dell’equo compenso. Un “ricatto politico” che ci sta tutto, in considerazione che la Fieg preme per l’approvazione del decreto sul finanziamento pubblico all’editoria, che non a caso è stato collegato all’equo compenso proprio dai rappresentanti del Governo, quando hanno dovuto giustificare l’arenarsi della discussione generale del provvedimento in Commissione.

Questa è la sintesi della conferenza stampa di stamattina, alla quale hanno partecipato anche il presidente dell’Ordine dei Giornalisti, Enzo Iacopino, e i vertici della Fnsi, Roberto Natale e Franco Siddi, così come la si trova sul sito dell’Ordine:

 

MOFFA – Si tratta di un provvedimento importantissimo e ci siamo chiesti se questi ritardi siano fisiologici. La risposta è negativa. Al Senato ci sono interferenze inaccettabili. Alla Fieg possiamo ricordare che sono in corso d’esame alla Camera provvedimenti sull’editoria che le stanno molto a cuore. Ma non possiamo neanche accettare un atteggiamento dilatorio da parte del governo. Il Senato deve varare questo provvedimento in tempi rapidi, senza inventarsi quelle cose strane nelle quali si esibisce il legislatore per mascherare intenti dilatori.

VITA – Il presidente della commissione Lavoro del Senato, Pasquale Giuliano, mi ha confermato proprio stamane che l’iter riprenderà in tempi brevi. Io seguo questo provvedimento fin dall’inizio. Ero ai blocchi di partenza con Enzo Iacopino quando nella sede dell’Ordine nazionale deigiornalisti il provvedimento fu messo a punto. Il relatore del provvedimento, sen. Castro, ha chiesto di fare degli incontri informali per velocizzare l’iter. Suppongo si possa arrivare alla approvazione prima delle ferie estive.

CARRA – Ci si lamenta che il nostro è un Paese “vecchio” e poi si ostacolano le iniziative legislative che riguardano i giovani. C’è un decreto sull’editoria, il 6312, nato per arginare un uso disinvolto delle risorse. E’ finalizzato al risparmio e a dare sostegno a chi lo merita davvero con i contributi alle imprese editrici. Questo decreto va nella direzione del riordino delle spese dello Stato. Perché, allora, si ostacola la legge sull’equo compenso che va in quella direzione, privando del sostegno quelle aziende che non si comportano correttamente?

GIULIETTI – L’unanimità sull’equo compenso, registrata alla Camera, rende più grave quel che sta accadendo. Chi è contrario, lo dicaapertamente. Lunedì si discute in aula il decreto sull’editoria., Presenteremo un ordine del giorno o una risoluzione per chiedere al governo di dire come la pensa. Ieri il sottosegretario D’Andrea ha confermato informalmente il parere favorevole, a nome del governo, mentre veniva ascoltato in commissione Cultura alla Camera su altro provvedimento. Noi dobbiamo mobilitare i parlamentari e impegnarci, se il governo creerà difficoltà, a votare il testo approvato dalla Camera.

CANNELLA – E’ stato detto molto. Vorrei solo sollecitare i media ad avere su questo problema l’attenzione che la vicenda merita.

SIDDI – E’ grave l’ipotesi che un blocco padronale come la Fieg possa bloccare l’iter legislativo. Temo che questo atteggiamento ci sia. Proprio poco fa la Fieg si è opposta a prevedere la possibilità che i free lance accedano al Fondo complementare, per coltivare la speranza di costruirsi una pensione. Occorre far capire alla Fieg che fino a quando si comporterà così non potrà contare sulla disponibilità al confronto da parte della Fnsi che si rifiuterà di sottoscrivere accordi per i quali la firma della Federazione della stampa è obbligatoria.

IACOPINO – Non riesco ad essere “elegante”, probabilmente perché assieme a Siddi e Natale siamo travolti dalle vergogne che subiscono i colleghi. Il provvedimento è bloccato perché il ministro Passera sta rinnovando difficoltà che aveva manifestato durante l’iter alla Camera …

CARRA – E che non aveva titolo a manifestare data la sede legislativa, come gli è stato spiegato.

IACOPINO – A queste si aggiunge un atteggiamento ostile del ministro Fornero e uno incomprensibile del sottosegretario Paolo Peluffo che dimentica che il governo aveva già dato alla Camera un parere favorevole alla proposta di legge e ora sta prendendo un tempo infinito per preparare un emendamento. Chiariamolo, se vogliono inserire nel Comitato un esponente della Fieg, sappiano che siamo d’accordo: non c’è bisogno dei confronti informali dei quali parlava Vita. Ma non perdiamo tempo.

CARRA – E’ stata la Fieg con l’allora presidente, Carlo Malinconico, a dire che non voleva far parte del comitato.

IACOPINO – Ma ora la Fieg è presieduta da un giornalista, Giulio Anselmi. Noi ne usciamo in un solo modo, rinunciando ad essere eleganti con chi non lo è: dite al governo che non voterete i suoi provvedimenti fino a quando non verrà approvata la legge sull’equo compenso che dovrà, inevitabilmente, per delle correzioni tecniche, tornare alla Camera. Il tempo stringe.

NATALE – Il ministro Fornero dimostra di non conoscere nulla del nostro lavoro. Parla di noi come una casta, ma non sa che il 62 per cento della categoria non supera un reddito annuo da lavoro giornalistico di 5.000 euro. A Bruxelles si sostiene che in Italia si stanno approvando misure a favore del lavoro precario e poi si blocca la legge sull’equo compenso. Ma avvengono anche altre cose strane. La Fieg dovrebbe intervenire su chi chiede a una giornalista precaria, come è accaduto a Napoli, di pagare oltre 50.000 euro di risarcimento per una sentenza che nelle responsabilità richiama anche il titolo e tre settimane di ritardo nella pubblicazione della rettifica. Cinquantamila euro sono l’equivalente del pagamento di circa 3.000 articoli. Questa è la casta.

Anche la Fnsi al termine della conferenza stampa ha rilasciato un comunicato, pubblicato anche sul sito del sindacato:

 

“E’ inquietante che ‘interferenze’ diverse, e specialmente della Fieg, stiano bloccando in Senato, con il contraddittorio e inaccettabile comportamento del Governo, la proposta di legge sull’equo compenso del lavoro giornalistico, già approvata ad unanimità in sede legislativa alla Camera. E se nella Fieg prevarranno ideologici accanimenti perfino contro la volontaria iscrizione dei freelance alla Previdenza Complementare, le conseguenze e le sanzioni saranno inevitabili.
Lo hanno detto stamani, il segretario e il presidente della Fnsi, intervenendo ad una conferenza stampa alla Camera promossa dal presidente della Commissione Lavoro, l’onorevole Silvano Moffa, insieme con i deputati Enzo Carra (relatore del provvedimento), Giuseppe Giulietti, Giampiero Cannella e il senatore Vincenzo Vita, per sollecitare la conclusione dell’iter da parte del Senato.Siddi e Natale hanno ribadito quanto sia urgente assicurare ai giornalisti freelance e precari – troppo spesso costretti a contratti individuali  capestro e compensi da fame – garanzie di lavoro decoroso secondo criteri di giustizia retributiva, condizione di liberazione anche da pressioni ingiuste e paure. Il 62% dei 27mila giornalisti freelance percepisce oggi meno di 5mila euro l’anno, anche a causa di una scellerata politica degli editori che alimentano illusioni di un accesso regolare alla professione poi puntualmente negato.“Così – hanno spiegato il segretario e il presidente della Fnsi – non si può andare avanti. Il governo non può andare a Bruxelles e ‘piazzare’ una presunta politica di lotta al precariato e per il lavoro ai giovani e poi tornare in Italia e fare esattamente il contrario, frapponendosi anche alla libera e unitaria iniziativa parlamentare per l’equo compenso ai giornalisti freelance. La responsabilità della Fieg non è meno grave e sta rischiando di far naufragare fondamentali rapporti sociali, indispensabili per la gestione delle trasformazioni e delle criticità in corso.  Avere rapporti trasparenti e fondati sull’equo compenso per i freelance dovrebbe essere un valore anche per le imprese editoriali e per la correttezza della stessa libera concorrenza. Ampi settori della Fieg, invece, fanno una brutale opposizione ideologica a questa prospettiva e ora stanno addirittura tentando di impedire con ogni mezzo la facoltà degli stessi freelance di iscriversi al Fondo Complementare e fare versamenti volontari per costruirsi un minimo di previdenza diretta. E’ una scelta scandalosa che, se portata avanti, non potrà che avere pesanti conseguenze su tutti i rapporti tra parti sociali. E la previdenza della categoria non sarà in alcun modo il bancomat di editori che vogliono comportarsi da sciacalli”.

 

Al termine di questa giornata “campale” pare che si smuova qualcosa: il presidente della Commissione Lavoro ha assicurato che il disegno di legge sarà presto ripreso e che per la fine dell’estate dovrebbe essere approvato definitivamente.

Noi aspettiamo alla finestra, senza illuderci, ma sempre pieni di speranza.

5 commenti

  • enzo iacopino

    Prima di tutto grazie per il contributo che dai all'”operazione verità”. Non sono sorpreso dall’atteggiamento del giornalista Giulio Anselmi, ben diverso da quello dell’avvocato Carlo Malinconico che lo ha preceduto alla presidenza della Fieg. Anselmi è la stessa persona che ha confessato di essere ben a conoscenza del fatto che la collega dell’Ansa che seguiva Prodi, presidente del Consiglio, a Bologna, veniva pagata con 5 euro lordi a take. Spese comprese. Gli correva dietro con mezzi propri tutto il giorno e se Prodi decideva, legittimamente, di non dire un bel nulla, a sera la collega tornava a casa senza un euro, anzi con in meno quelli che aveva speso. E’ la logica del “bilancio”, mi rispose Anselmi, davanti al garante della privacy. La vita e la dignità dei colleghi viene dopo (a proposito, Anselmi sostiene che la mia richiesta che i colleghi vengano pagati con la stessa retribuzione oraria che lui dà alla sua colf – una indicazione di parametro per l’equo compenso – è demagogica).

  • Bravo Presidente! Certe cose bisogna dirle. Ricordo bene quello che accadeva al Messaggero, al tempo del direttore Anselmi. La redazione brulicava di collaboratori, ovviamente pagati quattro soldi. Mi facevano pena. Un giorno mi capitò di discutere con un capo servizio perchè quella situazione non mi andava, pur non avendo cariche sindacali (Il Cdr era praticamente assente). Notai, presto, che stavo scivolando sulla china del mobbing. Mi rivolsi, sulle scale (non aveva tempo di ricevermi), al direttore facendogli presente quel che accadeva. Lui si girò appena e rispose che dovevo essere io a mantenere i rapporti. Insomma quel che gli raccontavo non era affar suo.

    • GiusyB

      Mah, io credo che fin quando il monopolio dell’accesso alla professione sarà in mano alle testate giornalistiche (soprattutto le grandi e le medie) oppure a quei costosissimi master riconosciuti dall’ordine (delle vere fabbriche di giornalisti disoccupati), la piaga dello sfruttamento o, peggio, dell’abusivismo, con le sue false promesse, non sarà mai curata, nemmeno dopo che la legge sull’equo compenso sarà approvata. Oggi, tanto i giornalisti di “vecchia generazione” quanto i free lance e professionisti d’avanguardia (la “generazione di mezzo”) che sanno muoversi con agilità tra i vecchi ed i nuovi media, cercano i “giornalistifici” laddove non ci sono:nel web o nelle testate dalle dimensioni economiche modeste. Ma lo fanno dimenticando che, per accedere davvero alla professione giornalistica, l’unico canale che, oggi, è davvero aperto, sia rappresentato proprio dalle testate come il Messaggero, disposte a pagare 4 euro qualcuno che non ha altra scelta che tentare di diventare giornalista in questo modo. L’approvazione dell’equo compenso porrà un freno agli abusi degli editori, certamente, ma, sul piano del diritto d’accesso alla professione (secondo un criterio democraticamente ed economicamente sostenibile per tutti gli aspiranti giornalisti) nulla è stato fatto. Perciò credo che, se non si comincerà a parlare di regolamentazione dell’accesso alla professione e dei diritti di aspiranti giornalisti e di pubblicisti che lo sono soltanto per ripiego (perché non hanno frequentato un master oppure non hanno ricevuto il “miracolo” del contratto da praticante, che avrebbe concesso loro “la grazia” di accedere ad un esame…), ogni discorso ed ogni effetto futuro dell’equo compenso saranno nulli, in un sistema editoriale che si regge su una “struttura assistenziale” (perché è sovvenzionato dallo stato) e che – una volta licenziati i collaboratori che non potrà equamente compensare e non riuscirà a garantire un adeguato turn over – collasserà inevitabilmente su sé stesso.

      • Un articolo pagato quattro euro dal Messaggero? Mi pare strano. Ho lavorato per tanti anni in Cronaca di Roma, ma i collaboratori venivano riconosciuti compensi molto più sostanziosi, Anche a Repubblica so che è la stessa cosa. Diverso, almeno come mi risulta, è nelle provincie. Mi risulta, perchè me lo ha detto qualcuno, che gli articoli dei collaboratori sono pagati in base alla diffusione della pagina. Per me non è giusto. Anche io ho provato cosa significa vedersi pagato qualche spicciolo quando, moltissimi anni fa,prima di essere assunto, ero corrispondente dell’Ansa. Le storture sono davvero tante, bisogna adoperarsi per rimuoverle.

  • Francesco Blasi

    Ci risiamo. Come in ogni presunto passaggio epocale per la professione, la categoria svela la sua debolezza e la politica il suo ruolo subalterno agli editori.
    L’errore sta, come sempre avvenuto nei presunti passaggi epocali, nel voler risanare l’albero marcio partendo da un ramo. Chiedere l'”equo compenso”, penso di averlo detto altrove, significa elemosinare col cappello a mo’ di gavetta.
    Visto che ci siamo, magari chiediamo l'”iniquo compenso” che competerebbe, stando a questa assurda scelta dei termini, a chi lavora con contratto a tempo indeterminato.
    Gli editori vanno portati al nòcciolo dell’argomento: chi scrive i giornali e non è ancora assunto va assunto in quanto di fatto già lavoratore subordinato. Punto.
    Dopo aver dato un’occhiata alla cassaforte e fatti i debiti conticini della massaia, gli editori deciderebbero chi assumere e chi no. Rinunciando, ovviamente, a pagine che oggi escono al costo della carta e generano pure introiti, visto che il corrispettivo agli autori è talmente esiguo da non pesare nemmeno sul bilancio.
    Per gli altri, si aprirebbero spazi enormi in quell’informazione locale che molti giornali doverbbero abbandonare per onerosità sopravvenuta.
    Ci sarebbero molti contenti e molti delusi, ma almeno il mercato del lavoro giornalistico farebbe un passo in avanti verso l’aderenza alla realtà. A patto di abbandonare il barcollante gradualismo di sempre che tradisce una innata debolezza.
    Altrove queste parole suonerebbero semplicemente giuste. Qui ho l’impressione che suscitino impressioni di vago estremismo. Ma la realtà è questa, e se non ce lo diciamo e riconosciamo con franchezza facciamo un pessimo servizio a noi stessi.

Rispondi a Salvatore Spoto Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *