I precari visti dai “piani alti”: storia di temini, di cinque euro a pezzo e deontologia come “lusso”

È da questa mattina che fa discutere un resoconto Ansa di un dibattito quasi lunare (“una noia mortale”, lo ha efficacemente immaginato il collega Stefano Tesi) svoltosi a Roma sul “Rapporto tra libertà di informazione e tutela della dignità delle persone” dell’Autorità garante della protezione dei dati personali e in cui c’è stato un colorito botta e risposta sul tema del precariato giornalistico tra il presidente dell’Ordine dei Giornalisti, Enzo Iacopino, il segretario della Fnsi, Roberto Natale, e il nuovo presidente della Fieg, Giulio Anselmi (che tra l’altro era/è un collega).

Ecco la sintesi proposta dall’Ansa:

 

GIORNALISTI: FIEG-FNSI-ODG.SCONTRO SU DEONTOLOGIAE PRECARI. NATALE: LUSSOPER GARANTITI. ANSELMI:RESPONSABILITÀ È DEL SINGOLO

di Michele Cassano-ANSA

Roma, 14 febbraio 2012. Il tema era il rapporto tra libertà di informazione e tutela della dignità delle persone, ma è stato soprattutto il lavoro dei giornalisti precari ad animare il dibattito organizzato in occasione della pubblicazione del volume ‘Privacy e giornalismò dell’Autorità garante per la protezione dei dati personali, curato da Mauro Paissan. «La deontologia finisce con l’essere un lusso per i garantiti e il precariato rischia di abbattere i livelli della responsabilità deontologica – ha attaccato il presidente della Fnsi Roberto Natale – Non capisco poi in che senso il giornalismo abbia bisogno di liberalizzazioni. Il governo Monti deve risolvere i problemi concreti, non quelli immaginari. Serve la legge per l’equo compenso». «Le responsabilità maggiori – ha sostenuto il presidente dell’Ordine dei Giornalisti, Enzo Iacopino – sono a carico di chi ha i gradi sulle spalline, che regola l’informazione a spese di chi guadagna due euro a pezzo e viene chiamato a cercare gli aspetti più pruriginosi di una notizia. Ricevo valanghe di mail di precari che raccontano di capi che dicono: ‘se non trovi una notizia, un particolare in più, il pezzo non te lo pubblico». «È frequente nelle redazioni sentir dire ‘io non sono pagato per pensare – ha replicato il presidente della Fieg e dell’ANSA, Giulio Anselmi -. Le responsabilità dei direttori sono oggettive e assolute, ma cavarsela dicendo che è responsabile solo chi ha il grado, oppure giustificare un comportamento con il fatto che si è pagati poco è facile e ipocrita. È una delle posizioni che il sindacato ha sostenuto non facendo il bene della categoria. È vero che ci sono problemi di equità, ci sono nella nostra società nel suo complesso e nell’informazione. Io, però, non ho mai visto graduati (anche se ho lavorato sempre in realtà importanti) imporre cose immorali. Benedetto, poi, il capocronista che chiede notizie, perchè questo mondo è pieno di giornalisti che pensano che un articolo sia come un temino». «C’era una collega dell’ANSA – ha insistito Iacopino – che zompettava accanto a Prodi e veniva pagata 5 euro a lancio e se Prodi non parlava ci rimetteva pure le spese di benzina. Molte volte chi è ad alto livello questo non lo sa, perchè c’è una schiera di sottoufficiali compiacenti. Sono certo che se lo sapesse, domani la collega non sarebbe pagata più così poco». «Io ho sempre saputo quanto guadagnano i colleghi nelle aziende in cui ho lavorato – ha risposto Anselmi – So anche quanto vengono pagati in realtà dove, a differenza dell’ANSA, non c’è neanche un futuro. Poi, bisogna fare i conti con le compatibilità economiche e con aspetti più generali, come quello dei giovani mandati nelle scuole di giornalismo senza avere concrete possibilità di inserimento». «Esistono troppe forme di autentico caporalato – ha replicato Natale – Al di là delle polemiche, facciamo un patto Fieg-Fnsi per tagliare fuori questi pirati». Più in generale sul tema della privacy è intervenuto il presidente dell’Autorità Garante, Francesco Pizzetti. «Il Garante – ha spiegato – è chiamato a far rispettare il codice dei giornalisti. Di qui anche la delicatezza del nostro ruolo, perchè i nostri poteri sono interdittivi e possono apparire vicini alla censura. Dobbiamo decidere ogni volta se tutelare l’interesse generale all’informazione o quello particolare al rispetto della privacy». Anselmi ha invece affermato che «la ricerca di un punto di equilibrio è difficile ed è rimessa in buona parte alla responsabilità del singolo. Fare un giornalismo civile è un bene perchè convince la società a difendere l’informazione quando ci sono attentati alla liberta». (ANSA).

 

Insomma, ai “piani alti” degli editori questo è il livello della considerazione che si ha per i precari. Tuttavia, come ha fatto osservare Stefano Tesi, nel post segnalato prima (da leggere tutto d’un fiato, facendosi anche prendere alla sprovvista dal salutare cazzotto in pancia della crudezza della realtà descrittavi), questo è anche possibile perché ci sono coloro che si prestano al “gioco al ribasso” degli editori. Un classico cane che si morde la coda ed attorno al quale il giornalismo si sta avvitando pericolosamente da anni, prima inconsapevolmente ed oggi sempre più con la certezza che “le cose vanno così”.

Lo “Spirito di Firenze” ci aveva dato slancio e coraggio, ma esso, come già dicevo mesi fa in un altro mio post, non può librarsi da solo, ma ha bisogno di essere sostenuto dall’iniziativa senza paura di quanti segnaleranno le violazioni deontologiche sanzionate dalla “Carta” che abbiamo approvato il 7 ed 8 ottobre. Precari lo si è perché le condizioni del mercato sono quelle che sono, ma ciò non sarebbe possibile senza una sorta di acquiescenza silenziosa, inerte ed anche omertosa di chi poi piagnucola per il proprio stato.

Allora, mutuando il “grido di battaglia” del film “C’è chi dice no”, che ho visto qualche giorno fa, “Noi siamo migliaia e loro quattro stronzi”, sarebbe bene iniziare a capire che la massa critica ce l’abbiamo noi e che dovremmo usarla, a partire dai singoli. Perché solo una rivoluzione interiore, la voglia che le cose cambino davvero a partire da sé stessi e dalla propria condizione, può determinare un mutamento generale.

Tanto, ai “piani alti” ci tratteranno comunque così…

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