“Anch’io riporto la notizia di Antonio: che fai meni pure me?”: solidarietà al collega Gregolin

Un articolo di cronaca, 22 euro lordi di compenso, 8 giorni di prognosi per le botte: è l’assurda storia capitata ad Antonio Gregolin, precario e collaboratore del Giornale di Vicenza da Montegaldella, paesino in provincia di Vicenza. Una vicenda che racconta le difficoltà di un mestiere che per sua definizione “rompe le scatole” e che spesso mette di fronte i giornalisti appassionati a situazione decisamente poco piacevoli. Per pochi euro e senza alcuna assistenza.

Ecco perché oggi è quanto mai importante che tutti i colleghi freelance siano vicini ad Antonio e lo facciamo amplificando la notizia che ha generato la reazione inconsulta di un suo compaesano che ha pensato bene di intimidirlo prendendolo a calci. 

Pubblico anche il lungo comunicato di solidarietà che il gruppo dei freelance veneti Re:Fusi ha emesso, chiedendo a tutti i colleghi di diffonderlo.

Chiedo anch’io a tutti voi di diffondere la storia di Antonio (che ha un bel blog, dal significativo titolo di “Storie Credibili”) sul web attraverso i social network e i vostri blog, mettendo come titolo “Anch’io riporto la notizia di Antonio: che fai meni pure me?”.

 

Montegaldella è un paesino in provincia di Vicenza, insignito del titolo di “Paese del ciao” a sottolineare la cortesia dei suoi abitanti. Tutti, meno uno. Quello che l’altra sera ha teso un vero e proprio agguato all’ignaro collega che passeggiava tranquillamente per le vie della cittadina. Seguito a distanza prima, colpito vilmente alle spalle con un bastone poi, quindi buttato a terra e preso a calci mentre veniva minacciato di morte.
La domanda è d’obbligo: perché? Perché aveva denunciato in un suo pezzo connivenze con la mafia? No, no. Interessi di grandi lobby? Macchè! Aveva intervistato il sindaco in merito al taglio indiscriminato di alberi secolari, tra cui un grande platano, uno degli ultimi esemplari di un’antica foresta planiziale, abbattuto da un privato (il cui nome nel pezzo non era nemmeno citato).
La denuncia pendente a carico dell’assalitore è per aggressione, con l’aggravante dei futili motivi e gesto premeditato.
Attestazioni di solidarietà sono arrivate dall’Ordine dei Giornalisti del Veneto, dall’Associazione di stampa vicentina e dallo stesso Giornale di Vicenza che, per voce del suo direttore, Ario Gervasutti, ha dichiarato che «sulla questione non mollerà». «Al di là dei danni fisici subiti, che passeranno, il fatto in sé è gravissimo perchè emblematico di una grande ignoranza. Quella di chi è convinto che il giornalista, solo perché di mestiere riporta un fatto, di quel fatto sia responsabile. È una mentalità di tipo “mafioso” che va contrastata», ha commentato telefonicamente ribadendo quanto scritto in un suo editoriale dei giorni scorsi. Il direttore ha quindi assicurato a Re:Fusi, a nome del quotidiano, che seguirà la vicenda non solo dal punto di vista giornalistico, ma se necessario anche sotto il profilo legale-giudiziario, affiancando il legale del collega con uno del gruppo editoriale.
«Spesso i giornalisti vengono minacciati, più di rado le prendono. Ma penso di essere l’unico pestato per “un albero” – commenta ancora scosso dall’aggressione Antonio, raggiunto al telefono da Re-Fusi – Sono preoccupato, ma non perché sono stato picchiato io. Temo sia un segno dei tempi; di una società in cui qualcosa nel rapporto umano si è rotto». È così Antonio, precario dell’informazione in un Veneto che cambia ma anche artista e regista. La paura per la sua incolumità cede il passo alla preoccupazione per una comunità a rischio deriva. Una comunità che, da oltre un decennio, ha raccontato centinaia e centinaia di volte, con intelligenza, entusiasmo, curiosità. «Subito ho pensato di non scrivere più. “Ma chi me lo fa fare?”, mi sono chiesto. Ma è più forte di me. Continuerò a scrivere. Forse più di prima».
Senza scordarsi di ringraziare per le molte dimostrazioni di solidarietà giunte dai colleghi (a partire dal Cdr del Giornale di Vicenza), dagli organismi di categoria e dai suoi concittadini, nella lunga telefonata ci ha chiesto di «riprendere questa brutta storia che riguarda un precario» (la parola freelance, c’ha detto, non gli piace, il termine inglese sembra edulcorare questa realtà…). «Siamo troppo spesso dimenticati noi precari, lasciati soli, eppure specie dalle province “siamo” il giornale. Ci mettiamo l’anima, la penna, i soldi e, adesso, anche le botte. Io, precario di provincia, le ho prese per “colpa” di un albero secolare e per un pezzo che a spanne mi verrà pagato qualcosa più di 22 euro lordi, spese escluse, su cui pagherò tasse e oneri previdenziali, che non so se mai serviranno a sostentare la mia vecchiaia». Aggiungiamo che, pagato a cottimo, essere costretto a letto equivale a non raccogliere notizie, non scrivere e perciò diminuire (ulteriormente) il proprio reddito.
Nel suo blog storiecredibili.it Antonio Gregolin posta scritti e articoli che non finiscono sul giornale. Chissà se pubblicherà anche la sua. Probabilmente no. Questa, come storia, è davvero incredibile.

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