L’allarme per i pubblicisti non è rientrato: il 18, 19 e 20 gennaio se ne occuperà l’Ordine dei Giornalisti

In questi giorni si sono rincorse le ipotesi più disparate circa il destino dei giornalisti pubblicisti dopo la conferma, in senso restrittivo, delle norme previste dalla cosiddetta “manovra di Ferragosto” che impone agli Ordini professionali la cancellazione di norme in contrasto con le leggi europee sulle professioni. Per quel che riguarda i giornalisti, la “norma in contrasto” più eclatante è quella che riguarda l’iscrizione dei pubblicisti che non sostengono alcun esame di Stato per l’ingresso nell’Ordine. Qualche giorno fa in un post prenatalizio ho scritto già dei possibili scenari che si presentano di fronte al Governo e al Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti.

La notizia di questi minuti viene da un intervento della collega Antonella Cardone, membro del Consiglio nazionale, che ha confermato che l’Ordine si occuperà del caso nella seduta consiliare del 18, 19 e 20 gennaio. Nel suo vademecum inviato a tutti i colleghi per aiutare la massima diffusione pare che ci sia poca speranza per chi non diventerà pubblicista entro il 13 agosto (data ultima per la riforma degli Ordini) o per chi, da pubblicista, non svolge l’attività giornalistica in maniera esclusiva.

Questo è il testo della comunicazione di Antonella, che fornisce anche utili consigli per gli attuali pubblicisti:

 

Carissimi,
dal prossimo 13 agosto il giornalismo potrà essere praticato SOLO ED ESCLUSIVAMENTE  dai giornalisti professionisti iscritti all’Ordine. Chiunque scriverà in modo continuativo (ad esempio più di dieci articoli l’anno) potrà essere oggetto di denuncia penale per esercizio abusivo della professione.

Si tratta di una nuova norma  – che recepisce le direttive europee sulle professioni – redatta dal Governo Berlusconi e confermata dal Governo Monti. Il Parlamento l’ha approvata nei giorni scorsi.
La ratio sta nel voler liberalizzare l’accesso alle professioni, tenendo come unico criterio di accesso l’esame di Stato. Per noi giornalisti si trasforma in una restrizione, ma penso sia anche un’occasione per qualificare a meglio la categoria, che ricordo essere composta da 110 mila persone in tutta Italia di cui appena 50 mila versano i contributi all’Inpgi (vuol dire che 60 mila persone o NON fanno la professione o lavorano in nero). Il punto sta ora nel “salvare” quei 15-20 mila pubblicisti che solo per questioni di reddito e contratto non vengono iscritti professionisti, ma che svolgono regolarmente la professione. Per discutere di questo, dal 18 al 20 gennaio si riunirà il Consiglio nazionale dell’Ordine per redarre una proposta al Governo Monti, nella speranza che venga presa in considerazione. Altrimenti saranno varate con gli altri Ordini iniziative di mobilitazione e protesta, e altre potremo metterne in campo noi.
Intanto, il mio consiglio ai colleghi pubblicisti che effettivamente svolgono la professione è di richiedere agli Ordini regionale l’iscrizione all’albo dei praticanti, che dopo 18 mesi permette di sostenere l’esame di stato e diventare professionista. INSOMMA, DIVENTATE PROFESSIONISTI!
Le strade possibili sono attualmente 4.
1) Avere un contratto Fnsi-Fieg da praticante, quello da 1600 euro al mese, inpgi 1 etc etc o Fnsi-Aer Anti Corallo.
(magari molti di voi hanno contrattini che potrebbero rientrare nella categoria praticanti, ad esempio quello per le piccole pubblicazioni: consiglio di scrivere a freelance.emiliaromagna@google.com o di mettersi in contatto con l’Aser 051.239 991 – 261 750. Fax: 051.228 877 asermail@tin.it oppure con le assozioni sindacali e i coordinamenti del vostro territorio)

2) richiesta all’Ordine di praticantato d’ufficio, in cui l’Ordine si sostituisce all’editore che non ti ha fatto il contratto e decreta che te hai effettivamente fatto il praticantato perchè sei stato 18 mesi in redazione assieme ad altri giornalisti. E’ un’ipotesi che vale per gli abusivi veri e propri, quelli che lavorano in redazione a tutti gli effetti ma senza contratto.

3) Praticantato freelance. Vale solo per chi è già pubblicista e svolge attività giornalistica continuativa da almeno 3 anni con una o più testate. E’ previsto un limite di reddito da raggiungere che è pari al trattamento minimo del praticante. Molti Ordini chiedono un reddito pari allo stipendio pieno di un praticante (15-16 mila euro l’anno) ma una interpretazione letterale dovrebbe prevedere solo il minimo, escludendo indennità di contingenza, ferie e tredicesime che i collaboratori freelance non prendono: si arriva dunque a 7500 euro l’anno.

4) Scuola di giornalismo. Attualmente in tutta Italia 14 scuole di giornalismo attivano a pagamento corsi biennali per laureati, che valgono come praticantato.

Poi:  Il Consiglio nazionale dell’Ordine, prima che arrivasse questa novità dal Governo, avevo redatto la proposta per una quinta strada (il ricongiungimento) che potrebbe ora tornare in auge ed essere votata e diventare – forse – praticabile.
5) pubblicisti con LAUREA, che svolgano 300 ore di corso di formazione e che abbiano un equo compenso (stabilito dalla futura legge sull’equo compenso che forse a breve verrà approvata).

 

Devo dire che l’impostazione data dal Consiglio nazionale è quella che avevo suggerito io nel mio post prenatalizio, quindi mi sento di sottoscrivere la nota di Antonella. Tuttavia, dai commenti che mi sono giunti sia sul sito sia su Facebook, Twitter e Linked In, la prospettiva taglia di netto le aspirazioni di migliaia di ragazzi che intendevano entrare nella professione attraverso la strada, oggettivamente più facile, del pubblicismo. Capisco il dramma di alcuni, ma un taglio prima o poi occorreva farlo. Come abbiamo detto a Firenze più di una volta, non esiste un diritto alla professione giornalistica: ci si prova e, se ci si riesce, si fa il giornalista. Con questa cesura che il Governo ha imposto ci sarà la possibilità, a mio parere, di riqualificare la categoria, di eliminare tanti pubblicisti improvvisati e tanti altri, pure bravi, ma che non svolgono questo mestiere in maniera esclusiva (tagliando fette di mercato, a volte consistenti, a volte no), di rimettere ordine nell’evasione Inpgi, davvero abnorme (oltre il 50% dei giornalisti Inpgi 2non versano neppure un euro o perché non più impiegati come tali o perché – peggio ancora – lavorano in nero).

Questa cesura, alla quale il Consiglio nazionale dell’Ordine dovrà dare una immediata risposta, non deve però sviare l’attenzione su una riforma complessiva della professione, attraverso la revisione della legge istitutiva (69/1963), ormai più che obsoleta.

Speriamo che questi mesi siano proficui e, dall’esperienza che ho maturato finora, in queste questioni vale sempre il detto trapattoniano “non dire gatto se non l’hai nel sacco”: finquando non ci saranno provvedimenti approvati in via definitiva, nulla si potrà dire. Fino al 14 agosto ne vedremo delle belle, sono certo!

31 commenti

  • paola amore

    io ho una domanda: cosa rispondete a una giornalista pubblicista (io) che da almeno un anno e mezzo manda curriculum ininterrottamente, e l’unica risposta è: ti facciamo lavorare in redazione ma a gratis e senza contratto??sono prima le redazioni giornalistiche che fanno gli imbrogli, ci fanno fare stage, apprendistati, e ci fanno prendere anche i tesserini fingendo di pagarci quando tutti sanno che non è cosi. come si fa con questa situazione ad ottenere un contratto di praticantato?? come??

    • Antonello Antonelli

      Infatti a questo servono sia la Carta di Firenze, che entrerà in vigore tra quattro giorni, e la legge sull’equo compenso, in discussione alla Camera. Sono tutte azioni in divenire… stiamo vivendo una lunga ed incerta transizione…

  • Ilaria

    Ho 27 anni e lavoro come giornalista da quando ne ho 20. Sono pubblicista perchè dopo la laurea non ho pagato una scuola di giornalismo e non ho trovato un editore che mi pagasse il praticantato. Ho collaborato e collaboro con diverse testate, ne dirigo una e curo l’ufficio stampa di un’Amministrazione comunale. Nella vita faccio solo questo. Il mio contratto da “statale”, però, prevede diverse mansioni (segreteria, relazioni con il pubblico…) tra le quali figura quella di addetto stampa. La mia domanda è questa: è abbastanza per convincere l’Ordine che sono davvero una giornalista? E poi: se dovessi accedere all’elenco dei professionisti potrei continuare a lavorare come segretaria, addetta alle relazioni con il pubblico, ma anche, addetto stampa, oppure il mio contratto dovrebbe essere modificato vista l’esclusività della professione?

    • Antonello Antonelli

      Gentile Ilaria, la tua situazione è la stessa che avevo io quando sono riuscito ad iscrivermi come praticante tra i freelance: sicura che con tutte le collaborazioni che hai non riesci a raggiungere i requisiti per l’iscrizione nel registro dei praticanti? Ti fai pagare i contributi all’Inpgi anche dal tuo Comune (come ho preteso di fare io nei tanti Comuni in cui ho lavorato)? Magari scrivimi una mail (usando il form del contatti) così vediamo se c’è possibilità di applicarti le norme interpretative previste dal Cnog all’articolo 34 della legge istitutiva in materia di praticantato.

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  • flora cappelluti

    …e.abolire l’Ordine dei Giornalisti – una delle tante anomalie italiane – no?

  • Paolo

    le prime 3 proposte della sig.ra Antonella Cardone sono boiate! evidente che non ha mai vissuto situazioni di precariato ne tantomeno di disoccupazione ed impotenza professionale. Se uno è pubblicistà è lavora assiduamente in redazione con contratto fsni o similare è a cavallo ai giorni nostri. chiede praticantato ufficio e finisce li. Ma quanti lo sono? probabilmente più facile trovare una mosca bianca.
    punto 4- scuola di giornalismo. facile per chi ha una laurea, due anni da sprecare e 10-15000 euro da investire…senza la certezza di collocamento ovviamente.
    5- sono favole…che non avverranno mai. l’ordine è una casta e il livello dello stipendio di un giornalista professionista, oltre che i benefits, dimostrano che tale dovra rimanere.
    ps: le scuole devono esser abolite. il praticantato si fa sul campo in azienda come per gli altri ordini professionali.

  • Per adeguarsi al resto d’Europa, bisognerebbe innanzitutto eliminare l’esame di stato, inesistente in qualsiasi altro Paese, compresa la Germania, ed espressione più squallida di un sistema elitario e cadaverico… Non c’è da stupirsi che in Italia non si produca più niente d’interessante dal punto di vista giornalistico, quando anche gli addetti del mestiere, invece che confrontarsi con la realtà contingente di un nuovo modo di fare comunicazione e informazione, auspicano una rielaborazione della definizione categoria che cancelli la concorrenza. Pessimo post di chi ha paura di perdere la propria poltrona… Io invito tutti i professionisti onesti a ritornare a essere pubblicisti…

    • Antonello Antonelli

      Mi permetto brevemente di rispondere a questo commento, legittimo ed anche giustamente provocatorio, precisando che il sottoscritto è un giornalista precario da 18 anni filati e quindi non posso avere paura di perdere una poltrona che ha già una scadenza fissata: il mio passaggio dai pubblicisti ai professionisti non ha comportato alcuna modifica significativa nel mio lavoro. Tuttavia potrò essere critico nei confronti (cito casi viventi che ho nella mia zona) di un pensionato, di un bancario e di un dipendente pubblico che, con uno stipendio sicuro in tasca, nelle ore libere da pubblicisti svendono il lavoro che io ho scelto come esclusivo? Se un pensionato, un bancario o un dipendente pubblico nelle ore libere potesse fare l’avvocato o il medico a tempo perso ed a tariffe agevolate, che ne direbbero avvocati e medici?

      • Caro Antonello,

        ma scusa: se un pensionato, o un bancario, o chicchessia, nel suo tempo libero hanno voglia e tempo di scrivere che problema c’è? Il problema sarebbe piuttosto se, dopo 18 anni di professione, un giornalista non riuscisse a scrivere niente di meglio di un bancario o un pensionato nel suo tempo libero.

        Anzi: se il pensionato di cui sopra è in grado di scrivere e di essere apprezzato dal mercato (ovvero i lettori), non sta svendendo una professione, ma rendendo un utile servizio alla collettività.

        Un caro saluto
        Lorenzo

  • Sergio

    Sono pubblicista da pochi mesi anche se ho lavorato per 30 anni, in nero e con contratto, in esclusiva e non (per sopravvivere), in giornali e televisioni nazionali e locali, agenzie stampa, come freelance e in uffici stampa. Purtroppo, tra periodi trascorsi in altre attività ed il tanto nero non è possibile ricostruire la continuità del mio percorso professionale. L’anomalia., tutta italiana, non è tanto nella persistenza di un albo dei pubblicisti, quanto nell’esistenza di un ordine professionale cui si accede con un esame di stato sbarrato, di fatto, dagli editori. Diventi giornalista se “figlio o amico di” (negate, se potete, il nepotismo della casta), se simpatico ed allineato, o se paghi un percorso di studi “adeguato” e costoso. Conoscere il mestiere, le regole, anche etiche, del gioco, avere competenza ed esperienza della macchina redazionale, obiettivamente, non serve. Dov’è la libertà d’informazione, il diritto e dovere all’art. 21?
    Eppure il Paese ha bisogno di tante voci per crescere, soprattuto in quest’epoca buia in cui bisogna usare ogni forza per vedere ed offrire spuneti ed elementi utili a costruire un futuro.
    In quasi tutto il mondo, dove pubblico, non mi chiedono la tessera, ma professionalità e rispetto delle regole della professione, anche più stringenti delle misere “carte” italiane, ignorate ormai da tanti professionisti dell’informazione che fanno, in realtà, comunicazione, da brava ultima ruota dell’ingranaggio del potere.
    In Italia così non potrò più pubblicare, non che sia una grande perdita per gli italiani, come consolazione mi resta il mondo, ma che tristezza.
    Fatela ‘sta battaglia, ma per abolire l’ordine, l’unico modo per far emergere il gionalismo vero, di cui abbiamo, e che abbiamo dimenticato per difendere vacue concessioni e privilegi che hanno fatto di noi il niente mischiato al nulla.

  • ros

    Farsi assumere come praticanti? Iscriversi alle scuole di giornalismo? Che costano un botto di soldi. Consigli da barzelletta. A volte mi chiedo in quale mondo vivano certi colleghi. Quello reale non di certo.

  • Buongiorno, la mia situazione è un po’ diversa e vorrei capire a questo punto dove collocarmi… ho inventato una nuova professione, la Wedding Reporter (c’è anche la registrazione del marchio), una giornalista che va ai matrimoni, in veste di invitata, e li trasforma in romanzi che poi vengono pubblicati in libreria. Sono stata per almeno 10 anni giornalista professionista in un giornale locale e lo scorso anno ho avuto questa intuizione di cui hanno parlato molti giornali. Al momento ho pubblicato 4 libri e adesso arriva il 5. Vorrei sapere come vengo collocata visto che il mio compenso viene pattuito con gli sposi o con i fotografi con cui ho un regolare contratto… grazie e buona giornata.

  • Scusate… sono stata per almeno 10 anni giornalista pubblicista in un giornale locale. Non professionista. Perdonate l’errore…

  • Pasquale

    Lo scrissi già una volta in un post su FB. Bisognerebbe dare la possibilità, ovviamente a chi lo volesse, di poter accedere all’esame da professionista, a prescindere da quanto ricavi in un anno. Basta che sia iscritto all’INPGI 2 e che svolga l’attività in modo esclusivo. Punto! I ricavi sono molto spesso risicati (pagano pochissimo, qualcuno dovrebbe vigilare sui compensi dati per ogni pezzo, prevedere i minimi garantiti da un tariffario, da riformulare ed aggiornare) e poi, come detto da Paola nel primo post, c’è molto “sommerso”. Ottenere un contratto giornalistico è una chimera. Non mi sembra giusto che chi fa questo mestiere duramente e con pochissimi soldi, a volte neanche garantiti, non possa continuare a scrivere da giornalista. Dunque, accesso all’esame per chi svolga l’attività in maniera esclusiva ed è iscritto all’INPGI2. Ovviamente per chi volesse accedervi.

  • Salvatore

    Caro Dott. Antonelli,
    ho iniziato la pratica per il conseguimento del tesserino di giornalista pubblicista da circa tre mesi.
    Curo una rubrica nella quale intervisto settimanalmente i parlamentari di Lecce, Taranto e Brindisi su alcune loro proposte di Legge ovvero sui più importanti temi che caratterizzano il dibattito politico.
    Come potrei risolvere la situazione senza abbandonare il mio sogno ( escludendo a priori le scuole di giornalismo perché troppo costose)?

    Grazie
    Salvatore

  • Caro Antonello,
    ho appena scritto ciò che penso di questa storia sul mio profilo Facebook. Se ti va, dagli un’occhiata e commenta!
    Un abbraccio e a presto!

  • janos

    Secondo me stringere le maglie serve soltanto a difendere dei privilegi già acquisiti. Perché non si fa come in Europa dove non ci sono esami di Stato e le persone sono retribuite in base alla qualità del lavoro? Purtroppo le lobby in questo Paese sono fortissime….chi dovrebbe controllare i controllori della qualità dei giornalisti italiani?
    Se uno è bravo non dovrebbe avere paura di una LIBERA competizione.
    Abolire l’Albo dei Pubblicisti e fare questo patetico esame non eliminerebbe il problema del lavoro in nero poiché la gente continuerebbe a fare questo mestiere con altri contratti o sempre in nero.
    Mi sembra che si vogliano difendere dei “canali privilegiati” ai quali ovviamente NESSUNO ha mai avuto accesso (figuriamoci).
    Come potranno diventare giornalisti coloro che non possono permettersi di pagare, scuole e corsi vari? Se nel frattempo devono lavorare per mantenere una famiglia e fanno la gavetta part time in qualche redazione per avere in futuro un lavoro migliore…che male c’è in questo?
    Ah com’è facile essere “grandi scrittori” e “ottimi giornalisti” senza una vera competizione….

  • Ivan

    Se si elimina qualcosa, in nome di queste fantomatiche liberalizzazioni, allora è meglio eliminare in toto tutto l’Ordine, spesso assente e silente nei confronti delle problematiche di questa categoria. Questa decisione di eliminare l’elenco dei Pubblicisti mi sembra la solita soluzione all’italiana che colpisce, come sempre, la classe più debole.
    Ho letto ipotesi e soluzioni possibili e praticabili ma davvero pensate di tutelare tutti? è vero spesso chi collabora con i giornali è costretto a fare anche altro, ma se ti danno 300 euro al mese come puoi fare a sopravvivere?Sono d’accordo per i dipendenti pubblici, quelli vanno tagliati ed allontanati, ma per gli altri casi come si fa?Siamo sicuri che tagliando i Pubblicisti tutti quanti incominceranno a guadagnare il giusto?oppure si continueranno a privilegiare i privilegiati?
    E tutti i soldi versati, come faccio io, all’Inpgi o per il rinnovo tessera chi me li restituirà in caso di esclusione? vie legali?Mi sembra assurdo per chi non può permettersi avvocati.
    Per la cronaca la mia situazione è questa: Pubblicista da 3 anni, collaborazione esclusiva con un testata regionale e laurea, con tempi rispettati, fra 2/3 anni..ipotesi di praticantato neanche a pagarlo…sono fuori da tutto?
    p.s. Il giornalismo si fa per strada (soprattutto se fate Nera)…non al caldo delle redazioni con una comoda poltrona per schienale…

  • Filippo

    Il problema è l’ordine dei giornalisti, e l’esame di Stato, anomalie tutte italiane. Per i giovani il problema è la “CASTA” dei vecchi che blocca anche nel giornalismo le nuove leve. Ma perchè nessuno lo dice a chiare lettere?

  • lorenzo

    altra questione da risolvere sarà quella dei pubblicisti negli uffici stampa. come li inquadriamo?

    da anni pubblicisti, veramsamento contributi inpgi, di fatto un lavoro giornalistico, anche se “da fonti” ma senza un contratto da giornalista effettivo.

    che fine faranno? su milano nelle agenzie di comunicazione ce ne sono un bel numero. d’altra parte gli iscritti all’ordine sono tatissimi, i posti nel sistema dell’editoria sono …pochissimi

    quindi che succederà?

  • vorrei porre una domanda da cittadino lettore: ma a che serve l’ordine dei giornalisti?

    mi pare logico abolirlo, conosco persone che scrivono benissimo in varie pubblicazioni e non sono nè giornalisti, nè pubblicisti

    oltre a tutto, con l’avvento dei nuovi media, tutto sta cambiando molto in fretta

    se vi sono delle persone sfruttate, questo è un altro problema, non è certo la presenza dell’ordine la soluzione, anzi pare proprio il contrario, ci sono giornalisti di serie a e giornalisti di serie b

  • marta

    i 24 mesi per diventare pubblicista mi scadono il 30 gennaio, sono da due anni giornalista a tempo pieno collaborando con 4 testate, che cosa mi aspetta? faccio in tempo?
    non ho fatto una scuola di giornalismo perchè non potevo pagarmela e il praticantato nessuno lo concedeva…

  • peppe

    vorrei ricordare anche chi,come me, ha l’incarico di responsabile dell’ufficio stampa di pubbliche amministrazioni,per il quale non è specificata l’iscrizione all’elenco dei professionisti(l.150/200 e dpr 422/2001); anche perchè dovremmo avere un contratto specifico,del quale si sono perse le tracce, nonostante le inutili battaglie vinte dal sindacato giornalisti con CGIL.CISL,UIL e ARAN. quindi qualora si abolisse l’elenco dei pubblicisti(al quale apprtengo) sarei cornuto e mazziato: teoricamente non potrei ricoprire l’incarico e con un contratto inadeguato al ruolo ricoperto.

  • Andrea Meregalli

    Non posso credere in un colpo di spugna tout court. Siamo tanti – ottanta mila – e, tra questi, c’è il dopolavorista ma, parimenti, c’è chi scrive quantitativamente, in esclusiva, quasi sempre a tariffe che rasentano il ridicolo – NON PER SCELTA – e con passione. In poche parole: molti quotidiani sono ‘fatti’ da pubblicisti. Inoltre, una revisione e/o rivisitazione dell’ordine professionale è cosa buona e giusta ma, non dimentichiamoci, viviamo anni di profondi cambiamenti in termini di comunicazione e, a mio avviso, dovrebbe essere questa la chiave del ragionamento; new media, social media, citizen journalism, giornali online, riviste online, multimedialità in genere: per decenni l’apertura dell’ordine è coincisa con staticità di informazione e quando, finalmente, l’informazione viaggia a pieno regime l’ordine si occlude? Lavoro prettamente in rete, sono pubblicista, e non posso non notare le difficoltà della ‘vecchia guardia’ quando c’è da scattare una fotografia digitale, girare e montare un video, caricare una galleria fotografica, eppure è questa, inequivocabilmente, la direzione presente e futura. E ancora, la distinzione pubblicista/professionista è anacronistica e tutta italiana, l’ordine è addirittura lo stesso, un no sense grande come una casa. E poi, vogliamo parlare delle scuole di giornalismo? Meglio di no: ennesima scorciatoia dorata italian style.
    Ho letto di tre scenari possibili: elenco a esaurimento, nuove norme transitorie con ‘scrematura’ dei pubblicisti inattivi (parecchi stando all’ultimo Tabloid) ed esame di stato da ‘inventare’ anche per i pubblicisti: l’unica che ha senso è snellire e omologare alla realtà le condizioni d’ammissione al registro praticanti e/o all’esame di stato per i pubblicisti attivi e che con questo mestiere ci campano. La prima equivarrebbe a screditare il pubblicista che a tutti gli effetti farebbe parte di un ordine già pensionato e la terza – così illustrata – non ha proprio alcun significato se non quello di conformarsi in fretta e col minimo sforzo alle direttive europee, mantenendo però ogni singola criticità odierna.

  • Antonello Antonelli

    Grazie a tutti per i commenti… oggi è una giornata molto incasinata, l’ultima prima delle ferie. Da domani cercherò di rispondere a tutti, anche alle numerose richieste di amicizia su Facebook!

  • Margherita Timeus

    Ciao. Innanzitutto grazie per il lavoro che fai per monitorare questo ridicolo casotto normativo.
    Una domanda: ma chi è pubblicista (da meno di tre anni, almeno ufficialmente), collabora con testate ma con compensi così ridicoli che nemmeno si avvicinano ai 7500 all’anno che la signora suggerisce per il free press (vogliamo parlare dei 3 euro a cartella del Gazzettino?), ma utilizza il tesserino come supporto di un’iniziativa imprenditoriale (del tipo editoria free press che si sostiene con la pubblicità e basta, e che naturalmente per uscire ha bisogno di un direttore responsabile), come cavolo ne esce? Cosa si fa, si chiude la baracca perché non c’è alcun modo di accedere al praticantato, e men che meno all’esame di Stato?
    E poi vengono a dire “non aspettatevi la pappa pronta, rimboccatevi le mani e fate impresa”. Ma che vadano al diavolo…

  • Nicola

    Io sono pubblicista dal 1999. Sono un fotografo. Lavoro esclusivamente nel settore fotogiornalistico. Potrei chiedere l’accesso all’esame rientrando nel punto 3. Mi spiegate perchè dovrei sostenere un esame da giornalista? Non sarebbe meglio creare un categoria ordine o come lo si voglia chiamare dedicato noi.

  • Pingback: Sull’abolizione dell’ordine dei pubblicisti - OpenWorld

  • A questo punto che venisse soppresso direttamente l’ordine in toto dei giornalisti, visto che l’art. 21 prevede la libertà di stampa e di espressione, nonché la stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. Del resto l’Italia e qualche altro stato, tipo la Grecia mi sembra, nei confronti del mondo sono ridicoli ad avere l’ordine dei giornalisti, visto che nelle società avanzate non esiste proprio!

  • Sabrina

    Da dieci anni sono pubblicista e da due anni lavoro come libera professionista con partita iva e verso i contributi all’Inpgi. Lavoro con le pubbliche amministrazioni non in una testata giornalistica, ma faccio esclusivamente attività redazionale! Mi sono ritagliata una mia fetta di professionalità qualificata…a prescindere dal pezzo di carta da professionista preso da tanti facendo le parole crociate in redazione…ma che grazie a un contratto hanno potuto dare l’esame. Cosa faccio adesso? Finchè dovevo versare soldi all’INPGI andava tutto bene ora chi me li restituisce? Il titolo mi serve per lavorare…ma se mi fate dare un esame lo faccio. Dovrebbe essere data la possibilità a tutti i pubblicisti che pagano i contributi…tutti gli altri che ce l’hanno come reliquia fuori…

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