L’accordo c’è: testo unico in Commissione per la legge dell’equo compenso

Più volte evocata a Firenze, finalmente la Commissione Cultura della Camera dei Deputati ha adottato il testo definitivo del disegno di legge sul cosiddetto “equo compenso” del lavoro giornalistico: l’impegno preso sul palco della due-giorni fiorentina dal relatore, on. Enzo Carra, è stato rispettato ed ora l’articolato è stato trasmesso alle Commissioni parlamentari competenti che dovranno emettere il prescritto parere per poi decidere, sperabilmente, la “sede deliberante”, così da accorciare i tempi di approvazione.

Il testo unificato si presenta davvero interessante e coglie molte delle indicazioni che a Firenze i freelance avevano sottolineato come indispensabili.

Mi permetto di proporre una lettura articolo per articolo del testo, così da poter formulare più facilmente le mie osservazioni:

Art. 1.(Finalità, definizioni e ambito applicativo).

1. In attuazione dell’articolo 36, primo comma, della Costituzione, la presente legge è finalizzata a promuovere l’equità retributiva dei giornalisti iscritti all’albo di cui all’articolo 27 della legge 3 febbraio 1963, n. 69, e successive modificazioni, titolari di un rapporto di lavoro non subordinato nei quotidiani, nei periodici, anche telematici, nelle agenzie di stampa e nelle emittenti radiotelevisive.
2. Ai fini della presente legge, per equità retributiva si intende la corresponsione di un trattamento economico proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, in coerenza con i corrispondenti trattamenti previsti dalla contrattazione collettiva nazionale di categoria in favore dei giornalisti e pubblicisti titolari di un rapporto di lavoro subordinato.

L’articolo 1 riprende quasi letteralmente quella che era la premessa della “Carta di Firenze”, comprensiva del riferimento costituzionale, e fissa due principi irrinunciabili: l’applicabilità delle norme a tutti i “giornalismi”, ossia a tutte le forme di lavoro giornalistico e la proporzionalità del trattamento economico dei giornalisti con la quantità e la qualità del lavoro svolto, proponendo un parallelo con i contratti dei “garantiti”.

Art. 2.(Commissione per la valutazione dell’equità retributiva del lavoro giornalistico).

1. È istituita presso il Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri, la Commissione per la valutazione dell’equità retributiva del lavoro giornalistico, di seguito denominata «Commissione». La Commissione è composta da quattro membri, di cui:

a) uno designato dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con funzioni di presidente;

b) uno designato dal Ministro dello sviluppo economico;

c) uno designato dal Consiglio nazionale dell’ordine dei giornalisti;

d) uno designato dalla Federazione Nazionale della Stampa Italiana (FNSI).

2. Entro tre mesi dal suo insediamento la Commissione definisce i requisiti minimi di equità retributiva dei giornalisti iscritti all’albo titolari di rapporto di lavoro non subordinato nei quotidiani, nei periodici, anche telematici, nelle agenzie di stampa e nelle emittenti radiotelevisive, in coerenza con i corrispondenti trattamenti previsti dalla contrattazione collettiva nazionale di categoria in favore dei giornalisti titolari di un rapporto di lavoro subordinato. I requisiti minimi sono stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.

3. La Commissione, valutate le politiche retributive dei quotidiani, dei periodici, anche telematici, delle agenzie di stampa e delle emittenti radiotelevisive, redige un elenco dei datori di lavoro giornalistico che garantiscono il rispetto dei requisiti minimi stabiliti ai sensi del comma 2, dandone adeguata pubblicità sui maggiori mezzi di comunicazione e sul sito internet del Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri. La Commissione garantisce il costante aggiornamento dell’elenco di cui al presente comma.

4. Alle eventuali spese derivanti dall’attuazione del presente articolo si fa fronte mediante gli ordinari stanziamenti di bilancio. Ai componenti della Commissione non è dovuto alcun compenso.

La commissione istituita per legge sarà certamente il motore della sua applicazione: per questo spero vivamente che l’Ordine e la FNSI vogliano designare in essa due precari. Il testo normativo non chiede espressamente questa cosa, ma credo che non possa essere altrimenti.

Inoltre, l’elenco di cui al comma 3 risponde alla necessità assoluta di conoscere gli editori che non maltrattano i collaboratori – freelance – precari, pagandoli con stipendi da fame, quindi con un solo colpo d’occhio si potrà immediatamente comprendere dove c’è rispetto della persona e dove c’è calpestamento della dignità professionale.

Ma la chiave di volta della proposta di legge sta nell’articolo 3:

 

Art. 3.(Accesso ai contributi all’editoria).

1. A decorrere dal 1o gennaio 2012 l’iscrizione nell’elenco di cui all’articolo 2, comma 3, è requisito necessario per l’accesso a qualsiasi contributo pubblico in favore dell’editoria.


Queste sono le due righe e mezzo più importanti di tutte, mille volte invocate a Firenze: occorre colpire gli editori nel portafogli, al fine di convincerli a non calpestare la dignità del lavoro giornalistico. Quindi niente più contributi pubblici ai giornali che sfruttano.
Se approvata, questa norma potrebbe rivoluzionare davvero la storia dei precari, dei freelance e dei collaboratori nelle testate giornalistiche italiane.
L’articolo 4 è un corollario necessario:

Art. 4.(Clausola di invarianza finanziaria).

1. Dall’attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Insomma, il testo unificato presentato alle Commissioni parlamentari è un articolato molto positivo, che pone punti fermi dai quali sarà difficile derogare in futuro: è una “trincea” conquistata con fatica ma con determinazione, dalla quale nessuno è autorizzato a farci retrocedere.
Neppure se – e questa è una spada di Damocle che pende sui lavori parlamentari – il disegno di legge dovesse decadere in caso di scioglimento anticipato delle Camere. Si dovrebbe ripartire da zero, ok, ma non si potrà più fare una trattativa “al ribasso”.
Personalmente mi auguro un rapido passaggio in sede deliberante alla Camera così da accelerare l’iter della legge, che sarà sicuramente osteggiata dalla potente lobby degli editori, ma che se riuscirà a passare le “secche” della complicata situazione politica italiana, potrà davvero cambiare le vite di molti.
Compresa la mia.

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