Gli arantricini celebrano l’Unità d’Italia per l’Accademia Italiana della Cucina di Chieti

Eccoli i veri protagonisti della serata di ieri per la cena di inizio anno accademico della delegazione di Chieti dell’Accademia Italiana della Cucina, dedicata alla celebrazione formale dei 150 anni dell’Unità d’Italia: sono gli arantricini, presentati nel corso dell’aperitivo iniziale servito nel cortile del Palazzo dei Baroni di Torrevecchia Teatina. Un’idea originalissima, “partorita” dalla fervida fantasia della simposiarca di ieri sera, Graziella Soldato, e realizzata in maniera magistrale dalla brigata di cucina, guidata dal sempre mitico Nicola Genobile, che è sì un’autorità indiscussa in fatto di porchetta (tra l’altro ieri servita su piccoli pezzetti di pane a mo’ di bocconcini), ma quando si mette dietro ai fornelli non fa rimpiangere i grandi chef regionali.

L’idea sottesa agli “arantricini” è quella che ha guidato un po’ la scelta di tutto il menu: mettere a tavola i gusti dell’intera Penisola, dimostrando come l’unità d’Italia si è fatta anche in cucina. Ecco quindi, all’aperitivo, i tre formaggi rappresentativi delle tre aree geografiche (nord, centro e sud), parmigiano reggiano, pecorino e caciocavallo, presentati in una gustosa pastella dorata, ecco a tavola la “parmigiana” che, a dispetto del nome e dell’ormai tradizione consolidata, è un piatto di origine siciliana… ma soprattutto ecco gli arantricini.

Il suono del neologismo, creato anch’esso dagli accademici teatini, potrebbe già far

La tavolata d'onore ricavata nell'ex cappella del Palazzo dei Baroni

capire di quale contaminazione è figlia questa prelibatezza assaggiata in assoluta anteprima ieri sera (e devo confessare che nei 30 minuti di aperitivo ne ho mangiati cinque…): si tratta di un arancino di riso, quello siciliano tipico, solo un po’ più contenuto nelle dimensioni per adattarlo ad uso aperitivo, nel cui impasto, invece di essere prevista la tipica carne c’è la ventricina dell’Alto Vastese, prodotto più che tipico, identificativo direi, della nostra terra.

Un mix di sapori davvero perfetto, dove il gusto deciso e un po’ piccante della ventricina non prevale sulla dolcezza del riso e della panatura tipiche dell’arancino. Il mio timore è che fosse un esperimento che poteva rimanere confinato nello stretto alveo della cena di ieri sera, ma Nicola Genobile, che ha notato il successo della creazione, mi ha assicurato che medita seriamente di lanciare questo prodotto. Magari un giorno arriverà a competere con le olive all’ascolana o le crocchette, che sono antipasti ed aperitivi che hanno superato abbondantemente i confini regionali e si sono proposti come irrinunciabile anteprima di ogni pasto in ogni latitudine del nostro Paese. Già, è vero: l’unità d’Italia è fatta ormai. Anche e soprattutto a tavola.

P.S. – Non può rimanere senza citazione lo spettacolare “Filetto alla Nerone” realizzato da Nicola Genobile: un piatto romano che ha travalicato anch’esso i confini della Città Eterna, anche se è poco proposto nei menu dei ristoranti medi, per la perizia che ci vuole nel realizzarlo. Il risultato è stato comunque eccellente…

 

Il dessert finale: Dolce coccarda. Ottimo pan di spagna ripieno sormontato da panna tricolore e cordoncini realizzati in marzapane anch'esso tricolore

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