Equo compenso: il decreto sull’editoria scivola sul tappeto rosso, per il ddl fermo al Senato “occorre vederne le implicazioni”

Da poco si è conclusa alla Camera dei Deputati la discussione generale sulla conversione in legge del decreto sull’editoria, al quale il Governo, un paio di settimane fa, ha legato anche le sorti del disegno di legge sull’equo compenso giornalistico, fermo in Senato alla Commissione Lavoro per non si sa bene quali approfondimenti (termine parlamentare che intende indorare la pillola dell’insabbiamento): ebbene, come si può leggere dal resoconto stenografico già pubblicato sul sito di Montecitorio, ora non basta neppure più l’approvazione del provvedimento sui finanziamenti all’editoria per sbloccare l’equo compenso.

Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’Editoria, il collega (eh, sì, perché ha la tessera professionale in tasca anche lui!) Paolo Peluffo, ha chiuso la sua replica al termine della discussione generale così:

 

Per quanto riguarda gli appelli che sono venuti da tanti parlamentari sulla questione dell’equo compenso, ricordo, come già detto in Commissione, che una volta chiusa la conversione in legge del decreto-legge sull’editoria, sarà mio impegno aprire un tavolo, intanto, con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, per il semplice motivo che, essendo stata fatta una riforma del mercato del lavoro, dobbiamo vedere esattamente le implicazioni che questa ha sul disegno di legge che la VII Commissione aveva approvato all’unanimità, con la convinzione mia personale, come responsabile dell’editoria, che essa pone una questione di fondamentale importanza e di evidente giustizia.

 

Un capolavoro di prosa degno dei migliori congressi democristiani (e se lo dico io che sono un “democristiano non pentito”…), il tutto per dire che ci dobbiamo mettere l’anima in pace: la strada sarà ancora lunga, fatta ancora di tavoli, confronti, bracci di ferro… Intanto, la legislatura si va esaurendo e mancano poco più di sei mesi “reali” di lavori parlamentari per riuscire a portare in porto una legge che alla Camera dei Deputati fu varata all’unanimità, con tutti i pareri favorevoli, compreso quello dell’allora sottosegretario all’Editoria Carlo Malinconico, appena transitato dalla presidenza della Fieg a palazzo Chigi.

Quali gli interventi dei parlamentari che avevano annunciato il loro “no” a tutti i provvedimenti del Governo senza il via libera all’equo compenso? Ecco un’antologia delle loro dichiarazioni di oggi, tratte dallo stenografico della Camera:

 

GIULIETTI (…) ho già detto che voterò «sì» (…) C’è un nuovo mondo che è emerso e non può essere dimenticato. Diamo finalmente compimento, sottosegretario, alla riforma dell’ordine e all’equo compenso; vorrei sapere che fine hanno fatto e qual è il suo pensiero in merito: l’equo compenso riguarda gli ultimi, i precari della professione giornalistica; non ci può essere nessun intervento surrettizio per dimenticare ciò, e lo hanno detto l’onorevole Carra e l’onorevole Moffa con grande chiarezza.
Le risposte servono in questi giorni. Accetterà il Governo questa sfida positiva? Sarà in grado di dare la risposta nel segno della pulizia, della bonifica, ma anche della modernizzazione e della equità, come ci ha detto il Presidente della Repubblica Napolitano? (…)

 

CARRA (…) Manca la voce dei collaboratori. Io mi chiedo: ma i giornali chi li scrive? Qualcuno li scrive di solito. Nessuno dei collaboratori? Li abbiamo, li avete esclusi ed io so perché, penso di sapere perché, perché dietro ai collaboratori c’erano altre voci infingarde e truffaldine. Ho capito, ma insomma pensiamoci, perché è curioso un giornale che vive senza collaboratori e senza poter dare nulla ad un collaboratore. (…) Poi c’è un problema accessorio ed è quello di cui ha parlato poco fa anche l’onorevole Giulietti: l’equo compenso. In un decreto-legge come questo sarebbe stato necessario e indispensabile che ci fosse un riferimento a chi poi scrive sui giornali. Non parlo più dei collaboratori, ma del precariato giornalistico, di quello che viene sottopagato e sfruttato da molti editori. Per questo c’è stata una proposta di legge che è stata approvata qui alla Camera in sede legislativa in Commissione cultura. Questa proposta di legge sull’equo compenso, così come quella sull’ordine dei giornalisti, si è poi arenata in Senato. Giacciono lì al Senato, ma non vorrei che, al posto dell’equo compenso per i giornalisti, ci venisse offerto un bavaglio per i giornalisti, perché così potrebbe finire. Ciò mi spaventa molto. (…) Potremmo aggiungere che, se questo provvedimento servirà a tenere in vita quello che resta in questo settore in crisi profonda, anche questa eccezionale eugenetica applicata all’editoria mi trova eccezionalmente d’accordo. Però vorrei che questa fosse veramente eccezione. (…)

 

I distinguo ci sono, ma nessun accenno al “no” annunciato.

L’onorevole Cannella non ha parlato e l’onorevole Moffa, invece, non c’era neppure, risultava in missione.

Commenti? Inutili, parlano le parole. Inizio davvero a perdere la speranza. Vorrei, come ha scritto su Facebook qualche minuto fa il presidente dell’Ordine dei Giornalisti, Enzo Iacopino, “credere ancora alle favole”. Quel che possiamo aspettarci è un miracolo, sintetizzato nella battuta fulminante di Iacopino: “Peluffo, stupiscici, ricordati che sei un giornalista”.

Chissà…

Un commento

  • Ma scusa, hai presente Alberto Sordi in “Tutti a casa”: “E’ successa una cosa incredibile: i tedeschi si sono alleati con gli americani e ci sparano addosso”! Ecco, i politici hanno adottato sul caso la stessa solerzia dell’Fnsi nell’affrontare la questione. Che diamine, bisognerà pure parlare la stessa lingua per capirsi, no? Proprietà transitiva: se io politico mi capisco con la fieg tramite la lingua e la temistica dei migliori interlocutori di quest’ultima, cioè l’Fnsi, nel 2060 a una soluzione ci arrivo…

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