Pubblicisti, professionisti, accesso alla professione: le riforme si areneranno tra i litigi?

Troppo bello per essere vero quanto accaduto ieri pomeriggio: un progetto articolato, anche se non privo di punti da rivedere (che possono essere affrontati in un dibattito franco e aperto), presentato dal presidente dell’Ordine dei Giornalisti, Enzo Iacopino, che può rappresentare una buona base di partenza per la riforma (necessaria) dell’accesso alla professione, per evitare la “tagliola” del 13 agosto, che incombe senza sconti. Oggi si sperava nell’avvio del confronto e invece si è iniziato il fuoco di fila, probabilmente per bloccare ogni ipotesi di cambiamento, prima da parte dei pubblicisti (che tentano di frenare la riforma con la convinzione, secondo me errata, che il termine del 13 agosto non riguardi la professione giornalistica), poi addirittura è arrivata a complicare le cose la Fnsi, intromettendosi nel dibattito ordinistico e provocando una reazione di pari intensità. 

Insomma, cronache di una categoria rissosa da sempre, ma che credevo sinceramente che avrebbe avuto uno scatto di orgoglio dopo le sollecitazioni del Governo, dopo i termini ultimativi dei decreti di Ferragosto e “Salva Italia”, dopo le numerose prese di posizione di un presidente, Iacopino, che credo ce la stia mettendo tutta per riformare le basi della professione.

Del resto, già da ieri pomeriggio, dopo la relazione introduttiva del presidente, si sono evidenziate le due grosse “armate contrapposte”: quella composta principalmente dai professionisti, che avverte il rischio del fallimento dell’obiettivo assegnato al Consiglio nazionale, quello di approvare uno schema di riforma da discutere con il Ministero della Giustizia contro quella capitanata dai “pubblicisti storici” (e ce ne sono in Consiglio nazionale!) che tentano di cassare ogni tipo di cambiamento, facendosi scudo con pareri legali che affermerebbero (su quali basi proprio non lo so) che dai decreti del Governo non arriverebbe nessuna modifica dell’attuale quadro normativo.

A questa contrapposizione se n’è aggiunta poi un’altra, tutta giocata sul dualismo (sempre più evidente dopo la frattura sulla Carta di Firenze) tra Ordine e sindacato.

Ieri sera, la Fnsi ha emesso la seguente nota:

 

La Giunta Esecutiva della Federazione Nazionale della Stampa considera di estrema importanza l’opportunità che si giunga finalmente a una radicale riforma della legge istitutiva dell’Ordine dei giornalisti. Chiede al governo di introdurre senza barriere di censo la via di accesso alla professione attraverso un percorso privilegiato universitario di secondo livello e comunque di formazione obbligatoria, prevedendo gli opportuni sostegni che consentano a tutti, e non solo ai più abbienti, di abilitarsi alla professione attraverso un esame di Stato. Ricorda che il praticantato giornalistico, nella sua principale declinazione attuale, ha una garanzia regolata dal contratto nazionale di lavoro della categoria in tutti i suoi aspetti economici, normativi e formativi nel rispetto della legge. Criteri di altrettanta garanzia e tutela dovranno essere previsti dalla nuova normativa.

La Giunta ritiene che la separazione dell’attività disciplinare,  affidata ad appositi collegi, prevista dalla recente normativa, possa avere un impulso positivo sul controllo deontologico sulla professione, di vitale importanza a tutela del diritto dei cittadini ad essere informati correttamente. I principi deontologici non dovranno essere decisi da poteri esterni all’autonomia professionale.La riforma dell’Ordine dovrà certamente prevedere una adeguata disciplina transitoria tra l’attuale suddivisione in elenchi e i futuri criteri di iscrizione e permanenza nell’Albo, che non potranno prescindere dal rispetto dei principi dell’adeguata retribuzione e della correttezza delle posizioni contributive. Questa deve anche essere l’occasione per una reale revisione degli elenchi, così da escluderne coloro che non svolgono alcuna attività giornalistica retribuita”.

 

Una posizione che ha irritato non poco il presidente Iacopino che ha risposto con pari ruvidezza stamattina in apertura di Consiglio nazionale:

 

“Non è il sindacato che deve indicare come si riforma l’Ordine”: così il presidente dell’Odg in apertura di Consiglio: “La proposta Fnsi, un volgare tentativo di intimidire il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti. Il documento della Giunta esecutiva Fnsi, diffuso per agenzia mentre noi eravamo riuniti qui per parlare proprio della riforma, è una delle volgarità maggiori alle quali io abbia mai assistito tra organismi di categoria. E una vendetta trasversale nei confronti del Consiglio Nazionale Odg che non accolto tre surreali emendamenti proposti alla carta di Firenze strumentalmente approvati, uno dei quali imponeva ai consigli Regionali come procedere. Una carta, quella di Firenze che pure è stata costruita in totale sintonia con la Federazione; gli emendamenti erano tanto surreali che gli stessi delegati della Fnsi a costruire la carta di Firenze ne hanno preso le distanze. In quest’ultimo anno ho fatto di tutto per tenere uniti gli organismi di categoria, ma ritengo sia chiaro che non siamo pilotabili. Non parteciperò a nessuna delle manifestazioni promosse dalla Fnsi fino a quando la giunta non farà un pubblico documento di scuse per questa volgarità”.

 

Non è certo il clima adatto per fare le riforme, ma la categoria potrà permettersi di non dire una parola che sia una sul futuro dell’accesso alla professione e lasciare che un decreto decida per tutti?

 


13 commenti

  • Va bene, forse la Fnsi non avrebbe dovuto intromettersi, però questo “reale revisione degli elenchi, così da escluderne coloro che non svolgono alcuna attività giornalistica retribuita” mi pare sacrosanto. siamo onesti, fino ad oggi gli OdG hanno iscritto agli elenchi proprio tutti, senza un reale controllo del reddito, solo per motivi economici, poi quando i precari e i free lance hanno chiesto aiuto e sostegno si sono barricati dietro “ah noi non possiamo farci nulla”.

    • Antonello Antonelli

      Su questo punto sono d’accordo! Non a caso, qualche settimana fa, in uno dei post che avevo inserito su questo blog, invocavo la revisione degli elenchi, che tra l’altro è obbligatoria per legge. Noi in Abruzzo la stiamo facendo, a partire dai morosi. Ritengo che una delle conseguenze di una riforma come quella che si disegna dovrebbe essere proprio una revisione generale degli elenchi.

  • Giovanni

    Ciao Antonello, anzitutto intendo ringraziarti per il contributo che stai offrendo alla categoria. Il tuo blog è un centro d’informazione di primaria importanza, unica condivisibile sede di aggiornamento sull’annosa vicenda relativa ai pubblicisti. Vengo alla mia domanda, alla quale, spero seguiterà risposta. Sono studente in giurisprudenza e tra un paio d’anni, se le cose vanno come devono andare, conseguirò la laurea. Non sono ancora certo di voler fare il giornalista nella mia vita, poichè, così come tanti giovani, sono un po’ confuso su quello che potrà essere il mio futuro. Comunque sia ho lavorato per due anni all’interno di una redazione giornalistica e a breve (ho già presentato domanda), dovrei prendere il tesserino da pubblicista. Se dovessero abolire l’ordine, la mole di lavoro (considerevole considerato il rallentamento degli studi) andrebbe perduta senza giusta causa? Entro il mese prossimo sarò iscritto – se tutto va come deve andare – all’elenco dei pubblicisti, e non disdegno l’ipotesi di aprire una testata on line (è nei progetti). Come devo fare per mantenere il titolo e vedere quindi onorati i miei sforzi? Infine, ti chiedo, qual è la tua opinione finale sulla vicenda? Chi riuscirà ad iscriversi prima del 13 agosto potrà conservare il titolo ed esercitare la professione? Grazie in anticipo.

    • Antonello Antonelli

      Gentile Giovanni, sebbene per i casi personali preferirei usare la posta privata (tramite il modulo di contatto che si trova nella pagina “contatti”, il suo caso è esemplare e la mia risposta può essere d’aiuto a chi entro il 13 agosto matura i requisiti per iscriversi all’elenco pubblicisti.
      Il consiglio è iscrivetevi senza problemi! Acquisendo il titolo, a meno che non si verifichi l’improbabile caso di un mancato accordo entro quella data tra Ordine e Ministero della Giustizia, si rimarrà comunque nell’Ordine, al massimo si dovrà frequentare il corso di 300 ore di cui si parla nei progetti di riforma (ancora tutti da approvare). La tutela dei colleghi già iscritti è comunque il primo obiettivo del Consiglio nazionale dell’OdG. E comunque, se poi volessi davvero fare il giornalista, avresti la possibilità, con le norme transitorie, di diventare professionista in maniera mediamente più facile rispetto a quelli che l’hanno avuta fino ad oggi!

  • Sono un giornalista, da qualche anno pensionato, che ha iniziato il percorso professionale dopo qualche anno di “stazionamento” nell’elenco dei Pubblicisti. Penso che i “pubblicisti” che lavorano e che cercano una via per assestare la propria posizione professionale, abbiano una buona possibilità dalla riforma dell’Ordine. I giornalisti debbono essere di un solo tipo, nì professionisti, né pubblicisti: solo giornalisti di pari dignità e rispetto, ma anche di pari retribuzione. Chi è pubblicista solo per sfoggiare il tesserino e vantare privilegi deve adeguarsi.

    • Antonello Antonelli

      Sono d’accordo con te, Salvatore: i pubblicisti hanno una grande occasione da questa riforma (anche se non è ancora delineata per bene). Ma la grande occasione ce l’ha la categoria intera, che finalmente giungerebbe ad una professionalizzazione e ad un percorso di formazione continua quanto mai necessario!

  • Laura

    Caro Salvatore, io sono pubblicista e non “per sfoggiare il tesserino e vantare privilegi” (non è una visione snobistica e piena di pregiudizi di chi sceglie di essere pubblicista?! poi quale sarebbe il privilegio di essere pubblicista?! che non sta in una redazione tutto il giorno e che si deve trovare le notizie da solo e trovare la chiave giusta per proporle a un redattore?!).
    Sono pubblicista perché non credo che mi renda giornalista un esame, che costa la bellezza di 400 euro, che esige che vada a Roma (ulteriori spese), che esige che usi un computer con CD (è già un progresso, prima, nell’era dei PC portatili, volevano la macchina da scrivere, nell’era dei tablets e dei notebook esigono un computer con CD… un giorno o l’altro pure l’Ordine starà al passo con i tempi e permetterà a un giornalista di fare l’esame usando anche, ohh, sacrilegio! internet, senza saper usare il quale oggi nessun giornalista può dirsi tale). Lavoro come giornalista free lance da 15 anni e penso di essere giornalista perché ci sono direttori che mi chiamano per scrivere e che approvano le proposte che mando loro e perché ci sono lettori che mi leggono. Quindi sono a priori contro l’esame (ho amici in Spagna e in Germania che non hanno mai dovuto fare un esame, chissà perché io sì, non siamo tutti in Europa?!).
    Ma detto ciò. Io sono diventata giornalista pubblicista nel 1997, con le regole che c’erano allora, la mia iscrizione all’Ordine è perfettamente legittima. E non esiste in nessun Paese normale che chi ha già dei diritti si veda privato di quello che ha raggiunto perché cambiano le regole. Siccome cambiano le regole io devo perdere il mio lavoro?! e che fine fanno i miei 15 anni di contributi regolarmente pagati?! e siamo sicuri che dopo 15 anni di lavoro debba fare un esame?! ma l’Ordine esiste solo per complicare la vita ai suoi iscritti o ogni tanto è pure capace di semplificargliela?! mi dicano che devo presentare la mia dichiarazione dei redditi e i miei versamenti alla Gestione Separata degli ultimi 5 anni, per dire un periodo di tempo, e ok, ci sto. Ma di fare esami dopo 15 anni di lavoro, proprio no. Non esiste in nessun Paese che una regola sia retroattiva. Io il mio esame l’ho fatto nel 1997, quando mi sono iscritta all’Ordine con le regole che c’erano allora, e lo faccio tutte le volte che invio proposte alle testate con cui collaboro e i direttori mi dicono ok.
    Se nuove regole devono essere, siano per i nuovi iscritti, non per chi è già iscritto e ha diritti ACQUISITI.

    • Antonello Antonelli

      Cara Laura, da quanto emerge dalle proposte in campo, i pubblicisti già iscritti possono stare tranquilli. Anzi, dovrebbero temere un mancato accordo perché se non ci sarà alcuna modifica o atto legislativo, l’interpretazione letterale del decreto di Ferragosto, ribadito da quello “Salva Italia”, farebbe sparire i pubblicisti in un sol colpo, ma non per una regola retroattiva ma per una mancanza di adesione (da anni) dell’Italia ad una direttiva europea che prevede (da anni) che chi si iscrive ad un Ordine deve superare un esame di Stato.

  • Salvatore Spoto

    Cara Laura, indubbiamente hai ragione. Tu lavori, nessuno ti potrà mai togliere il diritto di essere una giornalista. Gli antichi giuristi romani, tuttavia, affermavano: “dura lex sed semper lex”, la legge è legge. Un articolo della Costituzione italiana prevede che l’accesso ad una professione è possibile previo superamento di esame di stato. Per dirla in termine giuridico: l’elenco dei pubblicisti non da diritto ad esercitare una professione. Giustamente salti in aria dall’ira. Certo, sarebbe stato più giusto se il problema fosse stato sollevato nel 1963, quando è stato varato l’Ordine, ma a quanto pare, è stato sollevato solo adesso dall’Europa.
    Ti capisco, ma la legge è legge. Due sono le soluzioni: o si finisce di considerare il giornalismo una professione (e ci sarà un problema per i professionisti) o si “sana” la questione dei pubblicisti che hanno la loro santa e giustificata recriminazione. L’Ordine sta provando appunto a salvare i colleghi pubblicisti, studiano il modo migliore per il loro inserimento. A mio avviso sono da tutelare le colleghe ed i colleghi che lavorano e pagano i tributi per la professione. E’ sacrosanto pensare a loro. Ma quelli che portano in tasca il tesserino, lo esibiscono secondo comodo e non versano un solo euro?

    • Salvatore Spoto

      Scusa qualche refuso…mi è “scappato” il post per aver pigiato anzitempo il tasto sbagliato….Sono sinceramente vicino a te ed a chi è nella tua condizione. Ciao!

  • Laura

    Ciao Salvatore, è molto facile; a marzo 2011 l’OdG della mia regione mi ha scritto, chiedendomi di produrre le prove che potevo ancora essere iscritta all’elenco pubblicisti. Ho inviato il materiale richiestomi, ho dimostrato che avevo il diritto di essere iscritta all’elenco Pubblicisti e l’Ordine mi ha confermato l’iscrizione. Basta fare controlli di questo tipo, che, da quanto ne so, appartengono ai doveri dell’Ordine, per verificare chi ha diritto a rimanere iscritto e chi dev’essere cancellato; non ho capito perché prendersela con un’intera categoria, con una certa superiorità, e non esigere dall’Ordine che faccia il proprio dovere: il controllo dell’idoneità a rimanere iscritti nei due elenchi.
    Venendo alla legge. La Costituzione stabilisce che devono dare un esame di Stato gli iscritti agli Ordini professionali, ma, per quanto ne so io, magari mi sbaglio, ma così mi hanno sempre detto, i giornalisti non danno un esame di Stato, danno un esame di idoneità professionale, quindi o io sono disinformata, o pure i professionisti dovrebbero dare un altro tipo d’esame. La legge che istituisce l’Ordine stabilisce anche che i pubblicisti NON devono dare l’esame, dunque o era incostituzionale allora o non lo è adesso. E mi sembra che nessuno abbia detto finora che noi pubblicisti siamo incostituzionali, anzi, pare ci siano sentenze a nostro favore anche nel recente passato. E in ogni caso, nessuna riforma può essere retroattiva. Come ho già detto, se riformano il Liceo classico devo ridare la maturità?! Se riformano l’esame per diventare professionisti, i giornalisti professionisti devono ridarlo?! La risposta mi sembra così ovvia che non si capisce perché per i pubblicisti dovrebbe essere diverso. Sono diventata pubblicista nel 1997, con le norme che erano in corso nel 1997, pertanto la mia iscrizione è più che legittima e nessuno può obbligarmi a dare un esame per continuare a rimanere nell’elenco Pubblicisti (che da quanto ho capito non verrà abolito).
    Antonello, grazie per avermi chiarito quella che dovrebbe essere la mia posizione! Grazie anche per l’attenzione e lo spazio!

    • Salvatore Spoto

      Cara collega, innanzitutto una precisazione per tua informazione: gli esami per diventare giornalisti professionisti sono esami di Stato. Due componenti della commissione, uno dei quali è il presidente, non solo giornalisti bensì alti magistrati che rappresentano lo Stato e sono anche capaci di bocciare agli orali nelle materie giuridiche. Lo sappiamo per esperienza.
      Se tu hai superato la verifica dell’Ordine, cosa temi? Non devi avere paura. Può darsi che tutto resti com’è (ne dubito, perchè l’occasione è buona per rimpinzare di soldi l’Inpgi) ma se dovessi affrontare l’esame, ti faranno fare un servizio. Ci sono gli orali, basta studiare. Devi stare tranquilla.

      • caro Salvatore,
        non è proprio così semplice come la fai tu. L’esame è parecchio tosto – non sto qua a sindacare se sia giusto o meno, ma la realtà è questa – e mi dicono che sia quasi obbligatorio un corso preparatorio a pagamento organizzato dagli ordini nelle varie regioni. mettici sopra anche la spesa per andare a Roma, tasse e ammennicoli vari. credo sia un passaggio giusto e corretto per i pubblicisti che in effetti sono professionisti de facto, ma facile no, questo no.

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