Disquisizioni giuridiche vs. azioni concrete: quali strade per i pubblicisti?

È prescritto un esame di Stato per l’ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l’abilitazione all’esercizio professionale.

 

Il quinto comma dell’articolo 33 della Costituzione della Repubblica Italiana è chiaro ed è lì dal 1948: è il fondamento giuridico sul quale Franco Abruzzo, ex presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia, poggia la sua tesi sulla cancellazione dell’elenco pubblicisti a far data dal 13 agosto prossimo, ribadita nel post uscito ieri nel suo aggiornatissimo blog, in risposta alla nota del presidente Iacopino.

Dal punto di vista giuridico la sua analisi non fa una grinza: poiché il decreto di Ferragosto e il decreto Salva Italia ribadiscono, nel “cappello” iniziale che dà l’inquadramento costituzionale della norma, il richiamo al quinto comma dell’articolo 33 della Costituzione, ne consegue che i pubblicisti, non avendo superato alcun esame di Stato, non siano abilitati all’esercizio professionale. E poiché i decreti ribadiscono che l’adeguamento va fatto entro il 13 agosto pena la decadenza automatica delle norme in contrasto se non addirittura la cancellazione dell’Ordine, occorre affrettarsi nella definizione del futuro della categoria.

Sulla cancellazione, in particolare, il ministro della Giustizia, Paola Severino, ha chiarito ieri, in una intervista sul Corriere della Sera, che gli Ordini comunque non saranno aboliti.

Torno al ragionamento principale: se l’analisi di Franco Abruzzo è corretta, ciò significa che la stessa legge istitutiva dell’Ordine dei Giornalisti, la tanto vituperata (ormai a ragione) 69/63, è anticostituzionale, visto che le norme per l’iscrizione all’Ordine dei Giornalisti nell’elenco pubblicisti non prevedono alcun esame di Stato e diverse sentenze della Cassazione hanno ribadito che i pubblicisti sono giornalisti a pieno titolo tanto quanto i professionisti, con gli stessi diritti e i medesimi doveri.

Allora delle due l’una: o la norma è sempre stata anticostituzionale e solo oggi i novelli giuristi se ne rendono conto (perché?) o si può trovare, pur rimanendo nell’alveo del richiamo giuridico del decreto di Ferragosto, un modo per salvare una categoria di giornalisti che contribuisce in maniera determinante alla qualità e alla quantità dell’informazione in Italia.

In questo senso, credo, va letto l’intervento del presidente dell’Ordine dei Giornalisti, Enzo Iacopino, che porterà il problema innanzi al Consiglio nazionale il 18, 19 e 20 gennaio.

Preferisco di gran lunga il tentativo di individuare una strada per uscire dall’impasse, rischiando anche l’impopolarità o la mancanza di aderenza al dettato legislativo, piuttosto che un puro e semplice adeguamento alla norma. Le leggi vanno ovviamente interpretate, altrimenti rimarremmo nell’alveo del summum ius, summa iniuria.

Personalmente, prima di Natale ho tratteggiato alcune possibili strade e ribadisco che l’optimum sarebbe permettere, con una norma transitoria, ai pubblicisti che svolgono la professione in via esclusiva l’accesso al praticantato (da svolgersi seguiti da tutor professionisti così come accade già oggi per i freelance) e poi all’esame di Stato.

Ma non mi dispiace neppure l’ipotesi secondo la quale anche per l’accesso all’elenco pubblicisti occorra un esame di Stato, tutto da inventare. Tuttavia, non bisogno dimenticare che per questa soluzione occorre un intervento del Parlamento che modifichi la legge 69/63 (una modifica che potrebbe estendersi, auspicabilmente anche a molti altri aspetti della professione).

Chiudiamo oggi un anno importante per la nostra professione: finalmente il problema dei precari e degli autonomi è diventato centrale nel dibattito e la Carta di Firenze, che domani entrerà in vigore, è una prima risposta, alla quale va presto affiancata la legge sull’equo compenso. Inoltre, una nuova coscienza professionale si sta risvegliando e la nostra categoria ha ripreso a parlare, a tutti i livelli, di sé e delle proprie prospettive professionali.

Tanti cari auguri per un 2012 che ci porti una schiarita in tutti i problemi che dobbiamo affrontare!

5 commenti

  • Giusyb

    Molte questioni cruciali restano però aperte: quale sarà la sorte degli aspiranti pubblicisti che richiedono l’iscrizione entro il 13 agosto o che sono in attesa della convocazione per l’esame/colloquio d’ammissione all’albo?

    Come si intendere risolvere problemi strutturali e dimensionali: a) come possono i pubblicisti che aspirano a diventare professionisti accedere ad un praticantato e ad essere seguiti da un tutor se molte piccoli redazioni di testate locali non hanno nemmeno un redattore professionista ordinario come dipendente?
    b) Cosa accadrà ai pubblicisti che sono direttori di testata se, per varie ragioni o difficoltà, non potranno accedere all’esame d’abilitazione?

    Buon Anno anche a lei, caro Antonello.

    • Antonello Antonelli

      In effetti, molte sono le questioni aperte: per questo il Consiglio nazionale dell’Ordine dedicherà a questo problema la seduta del 18-20 gennaio. Quanto al problema sub a), il tutor che l’Ordine assegna all’aspirante praticante non deve essere necessariamente organico alla redazione in cui il pubblicista lavora, purché egli sia capace di seguire e valutare il lavoro svolto. Poi, secondo me, dovrà essere approvato un regime transitorio proprio per l’eccezionalità della situazione. Quanto al problema b) è davvero una bella domanda, non so come riusciranno a sbrogliare la questione!

  • Giusyb

    La disomogeneità delle regole d’accesso all’albo dei pubblicisti – differenti tra i vari ordini regionali – è un’altra delle questioni che porrebbe un dubbio circa la “correttezza” della legge sull’ordinamento della professione rispetto a quanto sancito dalla Costituzione.
    Tanti auguri anche ai commentatori e lettori di questo blog, coinvolti in situazione tanto ingarbugliata. Perdonate i refusi: spero d’essere stata comunque comprensibile.

  • ieri chiedevo su questo stesso blog (nella mia ignoranza giuridica c’avevo preso, credo)

    quindi, se ho ben capito, la situazione attuale è incostituzionale e rimarrebbe inalterata? mi riferisco al fatto che l’iscrizione all’albo dei pubblicisti (albo che è parte dell’ordine) non passa per un esame di stato

    se ho ben capito: l’articolo 33 della Costituzione prevede l’esame di stato per le professioni regolamentate; la legge 138 ribadisce la necessità dell’esame di stato nella prima parte del comma 5 dell’articolo 3; la legge che regola l’iscrizione all’albo dei pubblicisti non è in contrasto con le lettere da a) a g) del suddetto comma e quindi non verrà abrogata; ma ciò non toglie che sia (in parte o in toto) in contrasto con l’articolo 33 della Costituzione e che quindi i pubblicisti rischino comunque da un momento all’altro di essere spazzati via… o no?

    grazie

    • Antonello Antonelli

      Credo che la sua interpretazione sia esatta, ma il mio post vuole proporre di “andare oltre” la lettera della legge…

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