In ascolto della rete… il problema dell’amianto

Sono ancora persuaso che un bravo giornalista è colui che, come si diceva con una consunta ma sempre efficace immagine da redazione, “si consuma le suole delle scarpe” andando a cercare le notizie e poi, dopo averle verificate, le pubblica.

Un metodo ancora validissimo, che oggi è facilitato da un nuovo tipo di “consumo di suola”… Se infatti prima anche io giravo la/le città per sentirne gli umori, captarne le esigenze e poi fare un lavoro di verifica per poter portare a galla problemi ed opportunità, oggi il giornalista deve anche avere la capacità di girare per un altro tipo di strade, quelle virtuali dei social network, dove si apre una sterminata agorà di cittadini pronti a segnalare e dibattere problemi. 

Ho iniziato da tempo a “battere” anche queste strade virtuali per poter comprendere alcune tendenze ed avere qualche spunto e devo dire che non ne sono rimasto deluso, anzi, la mia attività si è arricchita di nuove conoscenze e di nuove occasioni di poter indagare la realtà che mi circonda.

Una di queste mi è capitata negli ultimi giorni, quando ho potuto fare una mini-inchiesta su un problema molto sentito in tutte le città, proprio stimolato da alcune discussioni in rete.

Questo è il pezzo che ne è scaturito, pubblicato l’altroieri su “Il Tempo”:

 

Antonello Antonelli

C’è un’intera zona industriale ancora piena di pannelli di amianto, molti dei quali si stanno pericolosamente sbriciolando, ci sono numerosi privati cittadini che in tutto il territorio comunale, in barba agli obblighi di verifica e di rimozione, mantengono strutture realizzate con quel pericoloso materiale, universalmente riconosciuto come cancerogeno e per questo «bandito» sin dal 1992. Parallelamente ci sono bandi annuali con i quali la Regione concede fondi ed incentivi per la rimozione di amianto, c’è un dettagliato memorandum realizzato dal VII Settore (Ecologia e Ambiente) comunale che spiega con chiarezza su internet come procedere, ma in Comune nel 2010 è giunta una sola domanda di acceso ai contributi regionali, che vengono rinnovati di anno in anno in forza di una legge regionale del 2009. Un paradosso, tanto più che l’anno scorso la somma a disposizione era ingente, mentre quest’anno, in cui si attende ancora l’emanazione del bando relativo, si prevede una decurtazione delle disponibilità. Il pericolo amianto riguarda in città, secondo i dati del primo censimento regionale effettuato nel 2007 (ed un secondo è in fase di completamento) ben 112 siti, la maggior parte dei quali insistono proprio nella zona industriale dello Scalo; ma nell’elenco compaiono anche scuole (la materna di via Pescara, la media di Madonna degli Angeli, l’istituto industriale, la palestra del «Galiani»), impianti sportivi (i bocciodromi di Piana Vincolato e Colle dell’Ara), l’edificio delle Poste in via Pescara, il comando provinciale della Guardia di Finanza, la mensa universitaria nel campus di Madonna delle Piane. È demandato alle Asl il compito di vigilare sullo stato dei pannelli di amianto, in collaborazione con l’Arta, ma è obbligo dei privati e degli enti provvedere alla rimozione, tanto più che la Regione ha più volte legiferato in materia e riferimenti non mancano. Il senso civico, forse sì.

 

 

Come è normale nel caso delle “inchieste”, non è certo l’unica “puntata” della mia indagine. Ho già altri riscontri e nelle prossime settimane avrò altri dati (ed anche almeno una smentita, già annunciatami, peraltro non del problema in sé, ma di alcune iniziative che sono in corso di realizzazione per dare sollievo a questo problema).

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