Venerdì 4 giornata europea contro il precariato giornalistico: i dati parlano chiari!

Si chiama, significativamente, “Stand up for journalism” ed è alla quarta edizione: è la giornata europea dedicata al giornalismo, che quest’anno è dedicata ai precari dell’informazione. Anche in Europa il problema è sentito, non siamo soli.

Ma ciò che realmente preoccupa sono i risultati di un indagine annuale a cura di “Libertà di Stampa – Diritto all’Informazione” (Lsdi) che, incrociando i dati a disposizione dell’Ordine dei Giornalisti, della Federazione Nazionale della Stampa Italiana e dell’Inpgi, ha mostrato una realtà, quella dei giornalisti italiani, particolarmente frammentata.

Se da una parte, infatti, continuano ad aumentare gli iscritti all’Ordine e cresce il lavoro autonomo, le retribuzioni sono in calo costante così come il lavoro subordinato e il turnover nelle redazioni.
Il dato strano è quello relativo ai giornalisti (quasi 50 mila!) senza posizione previdenziale Inpgi (lavorano? E se sì, dove versano i contributi? Sono in nero? Sono ormai presi da altre attività?).

Il dato scontato è che solo il 26% dei giornalisti iscritti all’Inpgi ha un reddito annuo lordo superiore ai 10.000 euro all’anno e tra il restante 74% quasi due terzi (25 mila colleghi) denuncia redditi inferiori al 5.000 euro lordi.

I “ricchi” (si fa per dire) sono sempre i contrattualizzati: di essi il 67% dichiara più di 25 mila euro annui, mentre dei freelance, collaboratori e precari che raggiungono quella cifra ce ne sono solo uno su dieci.

La ricerca (che si può leggere sul sito Lsdi, dove ci sono anche interessanti e-book scaricabili, pieni di dati e riflessioni interessanti) verrà presentata il 4 novembre nella sede della Fnsi a Roma.

“Off topic”, segnalo due articoli interessanti apparsi su due blog abruzzesi: il primo è un intervento sul sito di Cinqueuronetti della collega Cristina Mosca, che è anche editrice, sul sottile confine che passa tra sfruttamento e gavetta; il secondo è presente nel sito di Libera Stampa Abruzzo sull’assurda storia di un dirigente sindacale che dopo aver votato lo stato di agitazione all’interno del Cdr, con blocco del timone, ha poi permesso l’uscita di uno speciale editoriale.

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